Domenica 30 dicembre 2007 - (Vangelo, Matteo 2, 13-23)
30/12/2007
Scarica

L’esperienza della famiglia: profondità e difficoltà

Dopo la partenza dei sapienti, Giuseppe fece un sogno: l’angelo di Dio gli apparve e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto. Erode sta cercando il bambino per ucciderlo. Tu devi rimanere là, fino a quando io non ti avvertirò.” Giuseppe si alzò, di notte prese con sé il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto.

E vi rimase fino a quando non morì il re Erode. Così si realizzò quello che il Signore aveva detto per mezzo del profeta Osea: Ho chiamato mio figlio dall’Egitto. Il re Erode si accorse che i sapienti dell’oriente lo avevano ingannato e allora si infuriò. Ricordando quel che si era fatto dire da loro, calcolò il tempo; e quindi fece uccidere tutti i bambini di Betlemme e dei dintorni, dai due anni in giù. Allora si realizzò quel che Dio aveva detto per mezzo del profeta Geremia: Una voce si è sentita nella regione di Rama, pianti e lunghi lamenti. Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché essi non ci sono più.

Dopo la morte di Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe, in Egitto. L’angelo gli disse: “Alzati, prendi il bambino e sua madre e torna con loro nella terra d’Israele: perché ormai sono morti quelli che cercavano di far morire il bambino”. Giuseppe si alzò, prese con sé il bambino e sua madre e ritornò nella terra d’Israele.

Ma venuto a sapere che al posto di Erode era diventato re della Giudea suo figlio Archelao, ebbe paura di fermarsi in quella regione. Informato da un sogno, partì allora verso la Galilea e andò ad abitare in un villaggio che si chiamava Nazaret. Così si realizzò quel che Dio aveva detto per mezzo dei profeti: “Egli sarà chiamato Nazareno”.

 

 Nella tradizione delle comunità cristiane la domenica successiva alla memoria del Natale si è chiamati a riflettere e a pregare riguardo all’esperienza fondamentale della famiglia, prendendo spunto ed esempio dall’attenzione a quella di Nazaret. Le situazioni storiche riguardo alla famiglia sono alquanto diverse per società, cultura, etica, fede religiosa. Nella stessa nostra società le accelerate e profonde trasformazioni, avvenute e in atto, hanno provocato cambiamenti riscontrabili nella nostra stessa esistenza perché sviluppatisi in un tempo breve. La famiglia patriarcale o comunque identificabile in ruoli, norme, comportamenti ben riconoscibili, non c’è più; la famiglia nucleare non è solo un’indicazione sociologica, ma condensa in modo pregnante dimensioni positive, problematiche, tribolate. Spesso si riflette e si discute sulla famiglia: per sottolineare l’importanza di relazioni di amore e di reciprocità positive, che in modo così profondo contribuiscono all’esperienza dell’accoglienza amorevole della nostra persona, del calore interiore, della fiducia in sé e nella vita; altre volte, attualmente con frequenza accresciuta, si riflette sulle difficoltà delle famiglie, sulle relazioni iniziate con disponibilità e impegno e poi interrotte con sofferenza; di nuove che si decidono; altre volte, anche ultimamente, dei disagi e delle sofferenze più o meno nascoste o percepite che si concretizzano in situazioni drammatiche di violenza sulle donne e sui minori soprattutto, e in quelle tragiche delle uccisioni fra le mura di casa. Ancora si discute spesso sulla famiglia per affermarne l’autenticità negando altre modalità di convivenza, comunque di relazioni di amore, sempre da considerare, rispettare e incoraggiare quando c’è l’amore, il bene delle persone e il loro reciproco sostegno. Consideriamo quali disponibilità, attitudini, dimensioni, esperienze può suggerirci la famiglia di Nazaret. Maria è una giovane donna del popolo di Nazaret, uno sconosciuto e insignificante villaggio della Palestina, nella considerazione dei poteri. Si affida al Mistero di Dio interrogandosi, non comprendendo, affidandosi, ponendosi al servizio della vita, degli altri, dell’umanità; una generazione e una gravidanza trepidanti, come quella di ogni donna in attesa, con l’ulteriorità della dimensione per lei del Mistero avvolgente. Partorisce il bambino in una grotta della campagna di Betlemme dove trovano riparo gli animali, perché per lei e per Giuseppe non c’è stata alcuna accoglienza. Giuseppe sceglie di starle accanto dopo tormento, pianto, dibattito interiore, preghiera, affidamento; non la manda via per quella gravidanza inattesa; decide di accompagnarla per amore a lei e al bambino. All’esperienza di quella nascita particolare, segue quella difficile e dolorosa della profuganza, per sfuggire dal potere oppressivo e sanguinario di Erode che rappresenta i poteri disumani di ogni tempo, fino al nostro attuale. Questo ci racconta il Vangelo di questa domenica (Matteo 2, 13-23) con la tragedia dell’uccisione di tanti bambini e con il pianto disperato e inconsolabile delle madri. Situazioni simili si ripresentano nella storia di sempre; le profuganze e le migrazioni segnano dolorosamente i rapporti, allontanano le persone; i poteri e le situazioni di ingiustizia, di violenza e di guerra strappano l’amore che chiede e alimenta unione. Il figlio Gesù è speciale in modo diverso e misterioso: è segno di speranza, di contraddizione, di salvezza fin da piccolo nella percezione delle persone illuminate come il vecchio Simeone; propone la sua diversità di adolescente nel sostare autonomamente con i maestri della legge negli atri del tempio di Gerusalemme; dopo lunghi anni di vita in casa a Nazaret di cui i Vangeli non raccontano e che si possono intuire dedicati al lavoro, alla preghiera, a relazioni significative, inizia la sua missione pubblica, profeta potente in parole e opere, rivelazione dell’amore di Dio nella storia. Viene ucciso dai poteri di questo mondo e Vivente oltre la morte ci accompagna per sempre nella nostra vita. Sua madre Maria partecipa sempre con profondità alla vicenda del figlio Gesù, da quando si stupisce e conserva nel cuore, a quando si preoccupa per le ostilità, a quando si conforta per la partecipazione popolare, a quando partecipa alla sua morte atroce, a quando aspetta di incontrarlo di nuovo vivo, come quando lo ha generato. Che cosa ci insegna dunque la famiglia di Nazaret? L’amore profondo e la disponibilità fra le persone; le decisioni sofferte, meditate nella logica del servizio reciproco; la uguale dignità della vita di ciascuno; il coinvolgimento nelle situazioni della storia, anche in quella di marginalità, di profuganza, con l’affidamento al Signore nella riflessione e nella preghiera; la forza dell’interiorità, delle memorie, dell’esemplarità; lo sguardo di speranza verso il futuro. Queste qualità, caratteristiche, disponibilità possono essere vissute nelle situazioni familiari più diverse, quelle più positive, quelle più tribolate.

Calendario
<< < maggio 2024 > >>
dom lun mar mer gio ven sab
      1 2 3 4
5 6 7 8 9 10 11
12 13 14 15 16 17 18
19 20 21 22 23 24 25
26 27 28 29 30 31  
 
Promozione Culturale
Ultime Notizie
Eventi futuri
Agenda anno in corso
Storico Eventi
Convegni
Premio Honor et Dignitas
 
I nostri percorsi
Riflessioni di Don Pierluigi Di Piazza
Immigrazione
Pace
Presentazione libri
Rete di diritti di cittadinanza
Video
 
Associazione - Centro di Accoglienza "E. Balducci" ODV ETS
Piazza della Chiesa, 1 - 33050 Zugliano (Udine)
email: segreteria@centrobalducci.org