DOMENICA 13 GENNAIO 2008 - Vangelo di MATTEO 3,13-17
13/01/2008
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Dove sta Dio? In mezzo alla gente

In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: "Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?". Ma Gesù gli disse: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Allora Giovanni acconsentì. Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".

 

Nelle nostre vicende umane abbiamo vissuto e viviamo l’esperienza del coinvolgimento, della presa in carico di situazioni da cui ci sentiamo interpellati, che prendiamo a cuore, di cui ci assumiamo la cura. E questo, certo con profondità e modalità diverse, nella nostra famiglia, con le persone amiche, nella nostra comunità, nella professione, nella società, nella politica. L’estraniarsi da questo coinvolgimento esprime indifferenza, disinteresse, disumanità. Solo la compassione, la prossimità, la partecipazione ci rende umani e così favorisce il nostro contributo all’umanizzazione della storia. La mancata partecipazione impoverisce e anche annulla le relazioni profonde in famiglia; rende le scuole povere di umanità e di processo formativo globalmente inteso; riduce le professioni a sola funzione; gli operai ad esecutori a rischio; certi ospedali ad aziende non solo nel nome ma nell’organizzazione, negli atteggiamenti, nella prassi; colloca l’agire politico in una nicchia separata e privilegiata; l’esperienza della fede in religione dell’istituzione e dei riti, staccati dalla spiritualità incarnata nella vita e nella storia. Il Vangelo di questa domenica (Matteo 3,13-17) ci racconta del battesimo di Gesù nel fiume Giordano. I riti di purificazione nelle diverse culture ed espressioni religiose ritornano come un archetipo: parteciparvi significa coinvolgersi in una dimensione autentica e permanente: l’esigenza di ricominciare con un nuovo slancio, con rinnovate energie esprime l’aspirazione e la volontà di cambiare, di trasformarsi, alla ricerca della verità e dell’autenticità: per associazione di vissuti non potrò mai dimenticare la partecipazione ai riti di purificazione guidati dai medici tradizionali (sciamani) sulle Ande della Colombia con il lavacro con l’acqua in cui mescolano diverse erbe della montagna; né la celebrazione del battesimo di una giovane nel giorno del suo 21° compleanno. Che senso può assumere il battesimo di Gesù considerando che è pienamente e in tutto simile a noi fuorché nel male? Ma Gesù risponde: “Lascia fare per ora. Perché è bene che noi facciamo così la volontà di Dio, fino in fondo”. E allora Giovanni accetta. Gesù di Nazaret all’inizio della sua vita pubblica si mescola fra la gente del suo popolo, si mette in fila, uno fra i tanti: un’esperienza che favorisce in lui la presa di coscienza del suo compito, della sua missione; stando in messo comincia a vibrare interiormente e a vivere quella compassione che continuamente caratterizzerà la sua vita pubblica; si incarica dell’annuncio in parole e gesti del Regno di Dio. Non appartiene a nessuna categoria di sacerdoti, né a loro mai si riferirà se non nel caso del sacerdote in servizio al tempio che passa dall’altra parte alla vista di un ferito abbandonato sul ciglio della strada. Gesù non è un maestro della legge istruito in una delle scuole di formazione; il titolo di maestro con cui viene chiamato deriva dall’autorevolezza con cui comunica alla gente, a differenza da quella dei maestri della legge diplomati come tali che ripropongono con esattezza la dottrina, ma che sono lontani dai drammi e dalle speranze delle persone. Gesù è un uomo laico; l’autorevolezza gli viene dall’alto, emerge dal suo profondo. La folla in mezzo a cui si trova sulle rive del fiume Giordano è composta dalle persone che in parte ha incontrato e conosciuto a Nazaret e nei paesi vicini e che gli faranno incontro, che lo attornieranno nella sua vita pubblica, che alla fine lo abbandoneranno: persone che desiderano cambiare, che cercano una speranza: anche deboli, malate, trascurate; bambini con i genitori o i conoscenti; povera gente considerata ignorante; persone moralmente inadempienti, irreligiose; pubblicani; persone consapevoli della situazione di ingiustizia e di violenza e orientate a scelte diverse. Dove sta Dio? Non in alto, non ai lati; non in atteggiamento di controllo, pronto alla punizione; non asettico, indifferente. Gesù fin dal momento del suo battesimo nel fiume Giordano all’inizio della sua vita pubblica dichiara con il suo gesto che Dio sta in mezzo e che, pur disponibile a tutti, non è neutrale, prende parte, si schiera con i deboli, i poveri, gli oppressi, gli affaticati. Lo stare in messo prendendo parte, prendendo a cuore, incaricandosi delle situazioni, fa capire i meccanismi delle ingiustizie e delle violenze e individuarne i responsabili: sono questi che alla fine decreteranno l’uccisione di Gesù. Le parole che lui rivolge a Giovanni reticente: “E’ bene che noi facciamo la volontà di Dio fino in fondo”, tradotte possono significare con pregnanza particolare: vivere e operare secondo giustizia e amore. Spesso i due termini non vengono accostati perché sembrano, se non proprio antitetici, distanti: invece un’umanità umana può essere costruita solo con giustizia e con amore. Su questo l’Uomo di Nazaret, senza segni né distintivi di riconoscimento, si apre al cielo, scende lo Spirito della luce, della forza, del dinamismo di Dio; si ode una voce: “Questo è il Figlio mio, che io amo. Io l’ho mandato”. Le sue parole e i suoi gesti ce lo riveleranno. E così è la nostra umanità tale e quale, priva di segnali e distintivi particolari a rivelare nelle nostre scelte di vita la fedeltà a Dio e all’umanità stando in mezzo, partecipando, prendendo a cuore, incarnandosi.

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