DOMENICA 18 MAGGIO 2008 Vangelo di Giovanni 3, 16-18
18/05/2008
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DOMENICA 18 MAGGIO 2008

 DIO: PADRE, FILGLIO, SPIRITO SANTO

Vangelo Giovanni 3, 16-18


 Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio perchè chi crede in lui non muoia ma abbia vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perchè il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede nel Figlio non è condannato. Chi non crede, invece, è già stato condannato, perchè non ha creduto nell’unico Figlio di Dio.
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Siamo chiamati a riflettere nelle celebrazioni di questa domenica su Dio stesso: Padre, Figlio, Spirito Santo, sulla pluralità e sulle relazioni dinamiche di Dio. La questione che si ripresenta in tutta la sua evidenza riguarda certamente la fede, l’aderirvi e l’esserne coinvolti o il negarla e il distanziarsene; ma prima ancora e soprattutto di quale Dio si tratti, di quale sia quel Dio in cui crediamo o confidiamo e che neghiamo perchè non riusciamo a porre fiducia in lui. Così il giornalista, pensatore e scrittore Raniero La Valle nell’ultimo suo recente libro ” Se questo è un Dio”: « Quando il Vescovo Romero diceva ai soldati: “In nome di Dio vi supplico, vi scongiuro, vi ordino: cessate la repressione”; quando in nome di Dio i kamikaze abbattono le Torri Gemelle l’11 settembre; quando in nome di Dio Bush lancia la guerra infinita e lo scontro di civiltà; quando in nome di Dio è proibito al fuori-casta indiano perfino avvicinarsi a un brahmano per non contaminarlo; quando in nome di Dio si afferma che solo nel matrimonio si può restare individui, essere una coppia e mettere al mondo dei figli; quando in nome di Dio il sacro finisce là dove comincia il corpo della donna, o quando in nome di Dio si fa la scelta preferenziale dei poveri, è sempre lo stesso Dio di cui si parla, o non ci si deve chieder molte volte in effetti “se questo è un Dio?” É qui la vera questione nascosta nel dibattito sempre più acceso su ateismo e religione, laicità e clericalismo, libertà e dogmatismo. Ma ancora di più la domanda appare oggi necessaria, perchè essa consegue ad un’altra domanda, che ha squarciato il Novecento dopo Auschwitz: “Se questo è un uomo”. Non solo allora, ma molte volte coloro che l’uomo hanno sfigurato e distrutto così da non farlo apparire più un uomo, lo hanno fatto appellandosi a Dio; e anche ora, nell’irrompere delle reciproche violenze, si pone la questione se sia un Dio quello nel nome del quale si compiono tali cose. La percezione è infatti che se si sbaglia su Dio, l’uomo è perduto.» Di quale Dio dunque parliamo? E’ sempre doveroso e importante vivere la consapevolezza che quando parliamo di Dio siamo sempre noi esseri umani che lo facciamo dentro ad un contesto sociale, culturale e religioso particolare e diverso dagli altri: per questo si può con compiacimento evidenziare la presenza di una teologia (cioè di un discorso su Dio) europea, di un’altra indigena, di un’altra ancora nera o indiana o di un altra ancora: la stessa fede, lo stesso Dio, ma con riferimenti simbolici, con espressioni verbali, musicali, gestuali molto diverse fra loro, sempre in riferimento al Dio della liberazione e della vita, alla sua incarnazione nella storia nel Figlio Gesù, alla sua presenza dinamica, vivace, pluralista nelle diverse espressioni suggerite dallo Spirito. Tutte le diversità simboliche ed espressive si riferiscono al Dio della storia, al Dio dei poveri, degli oppressi, dei colpiti; al Dio che ascolta i loro gemiti e si rende partecipe, solidale con loro, sostenendo il cammino della liberazione e della vita. Non quindi a un Dio lontano, immobile, garante di quell’ordine che garantisce ingiustizie e violenze; non un Dio giudice implacabile dell’umanità, ma un Dio che pretende giustizia, pace e fraternità, comunicate da lui per primo. E ancora tutte le diversità si riferiscono con coinvolgimento e commozione profondi al Figlio, a Gesù di Nazaret, pienamente uomo fra noi, profondamente umano e coinvolto nell’umanità; con le sue parole e i suoi gesti ci ha comunicato la sensibilità, l’orientamento e l’agire di Dio; ha accolto, sollecitato al bene, guarito, perdonato, incoraggiato. Quale Dio dunque? Quello rivelato da quel Gesù che per amore incondizionato è andato incontro alla morte violenta, vittima fra le vittime; che per fedeltà è vivente oltre la morte, ci accompagna, ci stimola, ci incoraggia. E ancora tutte le diversità si riferiscono, anzi sono animate e sollecitate dallo Spirito Santo che scuote, suscita, anima, suggerisce, conforta, vivacizza il grigiore dell’uniformità e della piattezza. E’ il Figlio che ci rivela il Padre che accoglie in modo incondizionato, con l’affetto e la tenerezza di un papà a cui ci si rivolge con confidenza e affidamento. E’ il Figlio che ci rivela la presenza dello Spirito della vita, di Colui che ci stimola e ci sostiene nella ricerca della verità, che ci riscalda e ci conforta. Nella nostra vita, nelle esperienze delle nostre comunità, in tante diffuse sulla terra, si può intuire la presenza di Dio Padre, Figlio e Spirito in quelle dimensioni misteriose e nello steso tempo esistenziali che favoriscono umanità, giustizia, pace, dignità per tutti; ulteriorità e trascendenza sempre in rapporto alla terra, alla storia umana. Non poche situazioni di ingiustizia, di violenza, di disprezzo della dignità umana di tanti, a causa degli altri uomini, di catastrofi “naturali” pongono la questione su Dio, sulla sua assenza, sul suo silenzio perchè l’immagine di un Padre amorevole sparisce, come pure di un figlio solidale, di uno Spirito che anima la vita... Solo un Dio addolorato, vittima fra le vittime, e per questo presente e partecipe pienamente all’umanità può essere accostabile e credibile, anche dentro l’oscurità più fitta... Mai comunque Dio può essere usato per l’ingiustizia, la violenza, la guerra, l’esclusione e il razzismo. Quello non è Dio, è solo una proiezione degli uomini per garantire la nostra disumanità.
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