DOMENICA 15 GIUGNO 2008 Vangelo di Matteo 9, 36-10
15/06/2008
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DOMENICA 15 GIUGNO 2008

IL VANGELO DELLA LIBERAZIONE E DELLA VITA

 Vangelo Matteo 9, 36 – 10, 8

Vedendo la folla, Gesù ebbe compassione di quella gente, perché erano stanchi e scoraggiati, come pecore che non hanno un pastore. Allora disse ai discepoli: «La messe da raccogliere è molta, ma i contadini sono pochi. Pregate dunque il padrone del campo perché mandi contadini a raccogliere la sua messe». Gesù chiamò i suoi dodici discepoli e diede loro il potere di scacciare gli spiriti maligni, di guarire tutte le malattie e tutte le sofferenze. I nomi dei dodici apostoli sono questi: innanzitutto Simone, detto Pietro, e suo fratello Andrea; Giacomo e Giovanni, figli di Zebedéo; Filippo e Bartolomeo; Tommaso eMatteo, l’agente delle tasse; Giacomo figlio di Alfeo e Taddeo. Simone lo zelota e Giuda l’Iscariota, che poi fu traditore di Gesù. Gesù mandò questi dodici in missione dopo aver dato queste istruzioni: «Non andate fra gente straniera e non entrate nella città della Samaria. Andate invece fra la gente smarrita del popolo d’Israele. Lungo il cammino, annunziate che il regno di Dio è vicino. Guarite i malati, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, scacciate i demòni. Come avete ricevuto gratuitamente, così date gratuitamente.


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Di fronte alle grandi questioni della storia umana, alle difficoltà e all’inadeguatezza, alle indecisioni e ai distinguo nell’affrontarle, può subentrare un senso di scoramento e di impotenza: basterebbe pensare al vertice mondiale della Fao nelle scorse settimane; così di fronte al perdurare delle guerre, delle quali ad un certo momento, sui mezzi di informazione non si parla più o comunque in modo meno evidente, basti pensare all’Irak e all’Afghanistan. E così si può restare scoraggiati di fronte all’indurirsi dei cuori delle persone nei pregiudizi e nel rifiuto nei confronti dell’altro diverso: è avvenuto poco tempo fa in un reparto di maternità a Pisa, con stupore da parte dei medici e infermieri, che un gruppo di donne, da poco mamme, hanno chiesto con insistenza che un’altra mamma come loro, con il suo bambino fosse trasferita in un'altra stanza: perché nomade non volevano stesse vicino a loro. E così nella Chiesa: si può essere tristi ascoltando le parole della Conferenza Episcopale Italiana e dello stesso papa che parlano di un nuovo clima più positivo in Italia senza denunciare con forza la mentalità d’intolleranza e di razzismo che si sta diffondendo. Nelle vicende personali possono esserci passaggi di fatica e di scoraggiamento a motivo di sconferme, di malattie, di sofferenze di diverso genere. Il Vangelo di questa domenica (Matteo 9,36 – 10, 8) inizia proprio constatando una situazione simile:”Vedendo la folla Gesù ne ebbe compassione, perché erano stanche e scoraggiate, come pecore che non hanno un pastore”; così siamo sollecitati a vivere insieme la compassione, cioè la partecipazione coinvolta alla situazione per superare quell’indifferenza che produce separazione e solitudine nelle difficoltà, invece che attenzione, ascolto, partecipazione per portarle insieme nella consolazione e nel sostegno reciproci. Gesù dentro a questa situazione avverte la necessità di intervenire anzi che siano tante le persone disponibili a farlo:”La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone del campo perché mandi operai a raccogliere la sua messe”. Nella storia c’è l’esigenza di persone che intervengano, che agiscano con una sensibilità e un fine illuminati, guidati, verificati dal progetto del bene comune, dalla salvezza, cioè del benessere spirituale, materiale, culturale, globale delle persone e delle comunità. Per quanto Gesù scelga dodici apostoli (il numero simbolico delle dodici tribù d’Israele), dei quali il Vangelo riporta i nomi: si tratta di persone “qualsiasi”, non di maestri della legge, non di scribi, non di sacerdoti; quattro pescatori del lago di Tiberiade, due simpatizzanti del gruppo degli Zeloti che con le armi volevano cacciare la potenza occupante dell’impero romano, un pubblicano, esattore delle tasse e altri. Di solito erano i discepoli a scegliere il maestro, anche secondo le sfumature o insistenze dottrinali che lo caratterizzavano. Gesù invece sceglie questo gruppo, al quale, fin dall’inizio, come testimonia il Vangelo di Luca, partecipa con continuità un gruppo di donne. Non si tratta di trasmettere da parte del maestro e quindi di recepire e imparare da parte dei discepoli una nuova dottrina per poi riproporla alla gente, ma invece di essere coinvolti in un nuovo modo di sentire, di vivere, di relazionarsi con Dio, con gli altri, con le cose, con il denaro: una autentica rivoluzione interiore da portare nei rapporti, da immettere nella storia, contribuendo alla liberazione da tutte quelle situazioni e condizioni meno umane, poco umane, disumane. Gesù manda i discepoli in missione: qual è il loro compito? Quello di annunciare che Dio è presente, vicino; non è il Dio della religione del tempio, è il Dio della compassione, della liberazione e della vita. Colui che infonde forza, coraggio, speranza. Proprio per questo l’annuncio di questa buona notizia di per sé deve essere accompagnato, testimoniato, attuato nelle concrete situazioni delle persone con gesti di attenzione, vicinanza, premura, cura: nei confronti di chi è ammalato nel corpo e nella psiche, di chi è emarginato ed escluso, di chi è senza speranza. E quali devono essere le qualità, le caratteristiche dei discepoli? La povertà, la semplicità, la coerenza, non l’apparato, l’efficienza dei mezzi, ma la profonda convinzione e il coinvolgimento interiore. Si comunica e si testimonia infatti il nostro essere coinvolti da Gesù di Nazaret e dal suo Vangelo. Nei giorni scorsi il Cardinale Martini in un corso di esercizi spirituali ha parlato in modo molto franco dei “vizi capitali” presenti nella Chiesa: “Bramosie segrete; fare le cose come se si fosse perfettamente osservanti, ma senza interiorità; le calunnie; vanagloria, vanto; rivestimenti con ornamenti inutili; carrierismo, invidie, volontà di arrivare un gradino sopra gli altri; inconscia e conscia censura delle parole: certe cose non si dicono apertamente perché si sa che bloccano la carriera, così si impedisce la verità; dobbiamo chiedere a Dio il dono della libertà. Siamo chiamati ad essere trasparenti, a dire la verità. Ci vuole grande grazia. Ma chi ne esce è libero.”
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