DOMENICA 1 FEBBRAIO 2009 Vangelo di Marco 1, 21-28
01/02/2009
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DOMENICA 1 FEBBRAIO 2009

GESU’ DI NAZARET: AUTOREVOLEZZA DELLE PAROLE E DEI GESTI

Vangelo Marco 1, 21-28


 Giunsero alla città di Cafarnao e quando fu sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise ad insegnare. La gente che ascoltava era meravigliata del suo insegnamento: Gesù era diverso dai maestri della legge, perché insegnava come uno che ha piena autorità. In quella sinagoga c’era anche un uomo tormentato da uno spirito maligno. Improvvisamente si mise a gridare: «Che vuoi da noi, Gesù di Nazaret? Sei forse venuto a rovinarci? Io so chi sei: tu sei il santo mandato da Dio». Ma Gesù gli ordinò severamente: «Taci ed esci da quest’uomo!». Allora lo spirito maligno scosse con violenza quell’uomo, poi, urlando, uscì da lui. Tutti i presenti rimasero sbalorditi e si chiedevano l’un l’altro: «Che succede? Questo è un insegnamento nuovo, dato con autorità. Costui comanda persino agli spiriti maligni ed essi gli ubbidiscono!». Ben presto la voce si diffuse in tutta la regione della Galilea e tutti sentirono parlare di Gesù.

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 Tutti noi abbiamo vissuto e viviamo l’esperienza dell’insegnamento; ricordiamo fra i maestri, insegnanti, docenti universitari tante persone, ma soprattutto alcune, quelle che ci hanno insegnato con preparazione e capacità professionali e insieme con le qualità umane con cui hanno caratterizzato la loro presenza: serietà e serenità, giustizia e comprensione, senso del dovere, coerenza nei comportamenti, disponibilità; in una parola li abbiamo sentiti autorevoli, qualità questa culturale, etica, umana che non deriva dal ruolo ricoperto, ma dall’essere della persona. Anche in campo familiare, in quello sociale e politico possiamo riconoscere l’autorevolezza dei maestri; anche nella Chiesa vescovi e preti non sono autorevoli di per sé, per il ruolo che ricoprono, per la sedia su cui siedono,ma soprattutto, ben di più per le qualità morali, per la fede profonda, per la coerenza nella testimonianza del messaggio che annunciano, per la loro umanità. Nel Vangelo di questa domenica (Marco 1,21-28) si racconta che Gesù, nel giorno di sabato, insegna nella sinagoga di Cafarnao. “La gente che ascoltava era meravigliata del suo insegnamento: Gesù era diverso dai maestri della legge, perché insegnava come uno che ha piena autorità” .I maestri conoscevano molto bene la legge e ne trasmettevano l’insegnamento in modo perfetto, ma freddo, staccato dai drammi e dalle speranze, dalle attese delle persone, soprattutto a motivo della loro incoerenza; Gesù stesso lo evidenzia quando raccomanda di “ascoltare il loro insegnamento, ma di non guardare il loro comportamento perché dicono, ma non agiscono di conseguenza”. Gesù non è un maestro della legge per diploma e per incarico, non è sacerdote: è totalmente, profondamente semplicemente uomo e da questa sua profondità umana emerge e si rivela la sua diversità divina che non significa separazione, supremazia, bensì totale immersione nell’umano che diventa comunicazione della presenza divina. L’autorità di Gesù non deriva dal suo essere Dio a sé stante, ma dal suo essere insieme uomo e Dio; da questa profondità emerge la sua autorevolezza, la sua profondità, la sua disponibilità e capacità di suscitare, favorire, guidare i rapporti nuovi con le persone. Le sue parole sono parte delle relazioni e queste stesse comportano ed esprimono la varietà e le differenze delle condizioni umane, presenti anche nella sinagoga allora, per noi oggi nella chiesa. Ci può essere anche “ un uomo tormentato dallo spirito maligno che improvvisamente si mette a gridare: “ Che vuoi da noi Gesù di Nazaret? Sei forse venuto a rovinarci? Io so chi sei: tu sei il Santo mandato da Dio” . Quindi un uomo in sofferenza interiore, in tribolazione psichica come tante persone,come, almeno parzialmente può accadere a ciascuna e ciascuno di noi. Si tratta di quel potere oscuro che sembra impadronirsi della persona che non riesce da sola a gestire queste presenze interiori queste voci disturbanti che pretendono di costringere a sentire, a parlare, ad agire in modo diverso da quello che la persona vorrebbe, che di conseguenza si sente come impedita, assediata, alle volte proprio perduta. Gli altri attorno avvertono la persona tendenzialmente con disagio, con fastidio; anche la respingono, la evitano, la recludono; di conseguenza la persona si sente ancor più negativa. Si stabilisce così un circuito di prigionia interiore, sempre in balia delle stesse paure e angosce, con l’impedimento a vivere dimensioni che la persona sente importanti nel suo essere profondo. La paura interiorizzata diventa sofferenza e distruzione psichica. La persona si sente trascinata, sbattuta qua e là: andare dietro a chi e dove? Continuare in balia delle paure condizionanti o dar fiducia a qualcuno che conduca per uscire dallo schiacciamento e dall’oscurità? Ci vuole qualcuno che sappia prendere per mano: Gesù è attento, va incontro, non abbandona alla prigionia delle paure e delle angosce; chi gli sta di fronte è quell’uomo abitato da presenze diverse che non riesce a condurre ad unità, che gli creano lacerazione e sofferenza grandi. La voce che interloquisce con Gesù è di quell’uomo, ma anche delle presenze che lo fanno soffrire e che vorrebbero contrastare Colui che comunica forza ed energia positiva, pulita; che trasmette calma, rasserenamento, pacatezza, che incoraggia e sostiene per un percorso umano in cui si ritrovi pace dentro di sé e nei rapporti con gli altri. Lo stupore dei presenti è grande di fronte a quell’Uomo di Nazaret che annuncia la liberazione e poi la attua concretamente . Lo stupore nostro è grande quando persone degenti dell’ex-ospedale psichiatrico, liberate alle relazioni riescono a vivere in modo sorprendente rispetto al prima dell’istituzione totale, quando ogni persona tribolata riesce a trovare maggiore serenità.

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