DOMENICA 2 AGOSTO 2009 Vangelo di Giovanni 6, 24-35
02/08/2009
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COMPAGNI DI VIAGGIO PERCHE’ SI CONDIVIDE LO STESSO PANE


Vangelo Giovanni 6, 24 – 35


Visto che Gesù e i suoi discepoli non c’erano più, la gente prese quelle barche e andò a Cafarnao per cercarlo. Attraversato il lago, trovarono Gesù e gli dissero: “Maestro, quando sei venuto qui?”. Gesù rispose:”Voi mi cercate, ma non per i segni miracolosi! Ve lo dico io: voi mi cercate solo perché avete mangiato il pane e vi siete levati la fame. Non datevi da fare per il cibo che si consuma e si guasta, ma per il cibo che dura e ci conduce alla vita eterna. Ve lo darà il Figlio dell’uomo. Dio ha messo in lui il suo segno di approvazione”.  La gente domandò a Gesù: “Quali sono le opere che Dio vuole da noi? Siamo pronti a farle!”. Gesù rispose: “Un’opera sola Dio vuole da voi, questa: che crediate in colui che Dio ha mandato”. Gli risposero: “Che cosa fai di straordinario perché crediamo in te? I nostri antenati mangiarono la manna nel deserto come dice la Bibbia: Ha dato loro da mangiare un pane venuto dal cielo. Tu che opere fai?”. Gesù disse loro: “io vi assicuro che non è Mosè che vi ha dato il pane venuto dal cielo. È il Padre mio che vi dà il vero pane venuto dal cielo. Il pane di Dio è quello che viene dal cielo e dà la vita al mondo”. La gente disse: “Signore, dacci sempre questo pane!”. Gesù disse: “Io sono il pane che dà la vita. Chi si avvicina a me con fede, non avrà più fame; chi mette la sua fiducia in me, non avrà più sete.


A livello personale, familiare, di gruppo, di società, di comunità si può essere tentati ad usufruire di nuovo strumentalmente di una situazione positiva vissuta, anche perché il suo tratto qualificante è la gratuità che purtroppo si utilizza. Sul piano materiale o sociale, o culturale, o politico, o religioso si può ricevere, piuttosto assistere che partecipare, consumare, applaudire senza che poi si modifichi “qualcosa” dentro di noi, senza che si contribuisca a rendere più umane le relazioni e la qualità nella vita sociale, culturale, politica e religiosa. Invece di essere coinvolti, di apprendere, di riproporre con passione, convinzione, dedizione si accorre di nuovo solo per ricevere, per consumare, per applaudire: perché così conviene, anche perché non costa nessun impegno e nessuna fatica. Se il riferimento è al cibo, ai vestiti, ai consumi in genere la riflessione dovrebbe riguardare l’ideologia e la pratica del consumismo, la cui critica è doverosamente e pienamente legittima anche in tempi di crisi, anzi ancor di più, dato che riguarda la giustizia, l’equità, i diritti umani fondamentali per tutte le persone che abitano il Pianeta. Se si pensa alla situazione mondiale, il dramma della fame, della sete, della mancanza di cure, di carenza di istruzione, di lavoro è, dovrebbe essere, per tutti angosciante: il primo dramma è proprio questo dell’uccisione quotidiana di migliaia di persone per la mancanza del cibo e dell’acqua, essenziali per la vita. L’interesse dei grandi poteri economici, delle multinazionali, delle lobby non è di nutrire le persone, di eliminare progressivamente la povertà e la fame, ma di garantire sempre più profitti. Il 20% della popolazione consuma l’80% delle risorse e soddisfa tanti bisogni secondari, indotti, inutili; e quando tutto diventa merce sono inglobate anche le persone e le relazioni; quando vengono alimentate costantemente le illusioni edonistiche che fanno leva su un egocentrismo fondamentalista per cui costi quello che costi si deve avere, consumare, esaltare il presente, si diffonde insoddisfazione, infelicità, anche angoscia; non benessere globale, non serenità. Se la crisi non penalizzasse coloro che vivono già in situazioni di povertà, coloro che fanno fatica a vivere anche in questa società, potrebbe diventare una salutare provocazione alla giustizia e all’equità. Pare di constatare invece che chi si è arricchito continua ad essere  consumista; e i poveri, precari, operai licenziati, constatano l’accentuarsi drammatico della fatica di vivere che già sperimentavano. A me pare di collocare in questi spunti, in questi frammenti di riflessione il Vangelo di questa domenica (Giovanni 6, 24-35): ci propone, esprime i dialoghi dell’incontro di Gesù con tanta gente dopo il segno della condivisione dei pani e dei pesci: “Voi mi cercate - dice Gesù – ma non per i segni miracolosi. Ve lo dico io: voi mi cercate perché avete mangiato il pane e vi siete levati la fame”.  Quindi vorrebbero di nuovo ricercare la condivisione gratuita, non invece riproporla loro nelle loro case, nei loro villaggi proprio perché istruiti da quella straordinaria esperienza vissuta. Nel dialogo Gesù si propone come “il pane che dà la vita. Chi si avvicina a me con fede non avrà più fame; chi mette la fiducia in me non avrà più sete”. Nessuna fuga spiritualista, anzi un riferimento a Gesù di Nazaret e al suo Vangelo che coinvolgono nell’impegno perché nessuno abbia più fame e più sete sulla faccia della terra. Non il consumismo di pochi quindi, ma un consumo per tutti, adeguato alla umanità delle persone; giusto ed equo; solidale e responsabile; un consumo fra compagni di viaggio: non a caso il termine “compagno” etimologicamente indica colui, coloro con i quali condividiamo il pane, ma non solo, insieme una visione e una pratica della vita in cui solidarietà, amicizia, amore disinteressato, cultura, arte, musica, accoglienza e convivenza fra le diversità, spiritualità, contemplazione, relazione con tutti gli esseri viventi contribuiscano a sfamare e dissetare le esigenze profonde dell’anima, insieme a quelle del corpo.

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