DOMENICA 01 NOVEMBRE 2009 Vangelo di Matteo 5, 1-13
01/11/2009
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COINVOLTI DAL VANGELO DELLE BEATITUDINI PER RENDERE UMANO QUESTO MONDO

Vangelo Matteo 5, 1-13

Vedendo che c’era tanta gente Gesù salì verso il monte. Si sedette, i suoi discepoli si avvicinarono a lui ed egli cominciò ad istruirli con queste parole: “Beati quelli che sono poveri di fronte a Dio, perché Dio offre loro il suo regno. Beati quelli che sono nella tristezza, perché Dio li consolerà. Beati quelli che non sono violenti, perché Dio darà loro la terra promessa. Beati quelli che desiderano ardentemente ciò che Dio vuole, perché Dio esaudirà i loro desideri. Beati quelli che hanno compassione degli altri, perché dio avrà compassione di loro. Beati quelli che sono puri di cuore, perché vedranno Dio.  Beati quelli che diffondono la pace, perché dio li accoglierà come suoi figli. Beati quelli che sono perseguitati, per aver fatto la volontà di Dio, perché Dio darà loro il suo regno. Beati siete voi quando vi insultano  e vi perseguitano, quando dicono falsità e calunnie contro di voi per il fatto che siete miei discepoli. Siate lieti e contenti, perché dio vi ha preparato una grande ricompensa: infatti, prima di voi, anche i profeti furono perseguitati. Siete voi il sale del mondo. Ma se il sale perde il suo sapore, come si potrà ridarglielo? Ormai non serve più a nulla; non resta che buttarlo via e la gente lo calpesta”.

Ciascuna e ciascuno di noi siamo la nostra storia è un intreccio di storie  incontrate che ci hanno consegnato illuminazioni e oscurità, consolazioni e tribolazioni, amore, amicizia, intensità e disincanti, serenità e preoccupazioni, nascita, vita, malattia, sofferenza e morte; dedizione, fedeltà coerenza ed incoerenze; sincerità e falsità, fede autentica e religione conformista e altre dimensioni ancora. Con chi non è più fisicamente fra noi la relazione continua a cominciare proprio dal lascito interiore, profondamente esistenziale delle relazioni. L’orizzonte della fede c i sostiene nel continuare a vivere questi rapporti nel Mistero di Dio che tutto e tutti accoglie: chi ci ha preceduto, noi, tutti gli esseri viventi, l’intero creato. Ciascuna e ciascuno di noi, ciascuna famiglia, ogni comunità vive la memoria delle persone care con intensità e modalità proprie; nello stesso tempo può unirci una memoria comunitaria, proprio a partire dalla condizione umana che tutti ci accomuna nella vita e nella morte; può coinvolgerci la meditazione sul rapporto fra il vivere e il morire, sulla responsabilità riguardo alla vita per favorire un itinerario il più umano possibile per tutte le persone, per prevenire, per quanto sta in noi, le morti causate: dalla fame e dalla sete, dalla guerra e dagli incidenti sul lavoro per indicare alcune situazioni drammatiche. Meditare sul morire, sulla morte dovrebbe alimentare l’amore alla vita, la sapienza del cuore e del saper attribuire importanza alle dimensioni essenziali, a quelle che restano, che permangono, che lasciano un segno di umanità positiva e profonda; amore, amicizia, dedizione, giustizia, pace, misericordia, verità, sincerità, fedeltà e coerenza, fede e speranza. Il Vangelo delle Beatitudini che oggi meditiamo (Matteo 5, 1 -12) ci coinvolge nella sensibilità, nella prospettiva, nelle dimensioni che ci rendono veramente umani. Si tratta,  per così dire, della pregnanza del Vangelo di Gesù, di un testo che può essere condiviso e  sottoscritto da tutte le donne e gli uomini di buona volontà, anche se non si riferiscono in modo esplicito alla fede. Sono considerate beate, fortunate perché hanno scoperto il senso profondo della vita le persone umili che così hanno coscienza dei limiti e delle possibilità positive; che non sono pretenziose, supponenti, arroganti, che guardano gli altri con benevolenza, attenzione e premura, con amicizia e collaborazione. Le persone che riescono a riprendere coraggio, forza interiore e speranza nelle situazioni di difficoltà, tribolazione, dolore: con un percorso interiore di silenzio,, di lacrime, di affidamento al Signore, di confidenza in qualche persona amica presente in modo discreto e gratuito, di riscoperta di energie interiori sopite. Sono considerate ancora fortunate, positive, le persone che scelgono quotidianamente la non violenza attiva e si impegnano per la costruzione della pace. Queste donne e questi uomini sono considerati da Dio sue figlie e suoi figli. La pace come equilibrio interiore, come qualità delle relazioni liberate dall’inimicizia; la pace come denuncia della costruzione e del commercio delle armi, dell’irrazionalità della presenza e della costruzione delle basi militari, di ogni guerra che solo uccide, ferisce, distrugge e mai nulla risolve. La pace come dimensione spirituale, culturale, politica. Beate, fortunate sono considerate le persone che desiderano ardentemente quello che Dio vuole, cioè un’umanità giusta, fraterna, riconciliata, in pace. E ancora le persone che vivono la compassione, cioè l’accoglienza , l’ascolto, il prendersi a cuore, il prendersi cura, l’accompagnare. E ancora quelle che si liberano dalla ipocrisia e dalla doppiezza, che cercano la verità e la comunicano con trasparenza. Chi vive in modo profondo e permanente queste dimensioni incontrano durezze, contrapposizioni, isolamento, persecuzione: la fedeltà e la coerenza sono il segno più eloquente della profondità delle convinzioni e del radicamento delle scelte. In questa coerenza trova motivazione la perseveranza nelle prove fino ad andare incontro alla morte, non senza timore e tremore, come conferma la dedizione completa. Il martirio esprime in modo eloquente l’iniquità e la brutalità dei poteri oppressi a servizio dell’ingiustizia, del dominio e della non violenza e la luminosità e la forza dell’amore che portano a dare la vita perché la luce e la vita possano alimentarsi e diffondersi.

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