DOMENICA 25 APRILE 2010 Vangelo di Giovanni 10, 27-30
25/04/2010
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ESSERE PASTORI AUTENTICI: CONDIVISIONE FINO AL DONO DELLA VITA
Vangelo Giovanni 10, 27 – 30

Le mie pecore ascoltano la mia voce: io le conosco, ed esse mi seguono. E io gli do la vita eterna: esse non andranno mai in rovina. Nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti. Per questo nessuno può strapparle dalle sue mani. Io e il Padre siamo una cosa sola.

Nel cimitero di Santa Fiora suo paese natale, riposa p. Ernesto Balducci, morto 18 anni fa, il 25 aprile 1992. Sulla sua tomba costruita con materiali di quella terra, si possono leggere alcune sue espressioni; questa la più pregnante: “Gli uomini del futuro o saranno uomini di pace o non saranno”,  nella duplice accezione: non saranno perché si distruggeranno o non saranno degni di essere considerati umani se non si impegneranno per la pace. La tomba è collocata proprio accanto a quella dei suoi coetanei, alcuni compagni di banco, uccisi dai nazisti; è una sorta di ricomposizione umana e storica, perché da parte sua era stata avvertita una rottura così espressa: “Ripenso a quella classe perché molti dei miei compagni seduti là in quei banchi, dieci anni dopo, furono fucilati dai tedeschi. Minatori delle miniere di Zavorrano, dove erano emigrati per trovare il modo di sopravvivere, avevano organizzato, durante la ritirata dei tedeschi, una difesa delle miniere. L’elenco di coloro che si erano impegnati in quella difesa fu consegnata ai tedeschi. Il 14 giugno 1944 83 minatori, fra cui 25 miei compagni, per lo più miei coetanei, furono condotti a Castelnuovo Val di Cecina e fucilati. Ricordo ancora quando tornarono le bare al paese agghiacciato: un urlo si levò dalla folla. Io ero stretto fra la gente. Non ero uno spettatore. Ero un traditore.  Me ne ero andato per una strada dove uno passa per rivoluzionario solo perché scrive un articolo coraggioso che potrebbe perfino impedirgli la carriera. Quando più alto si fa in me il fastidio morale per questo mondo, mi capita di tornare a quegli anni lontani, in quella piccola scuola invasa dalla tramontana, dove l’ideologia della prepotenza cercava di corromperli. Non c’è riuscita. Ma mentre Eraldo, Mauro, Luigi e gli altri hanno pagato con la vita la fedeltà al vero, io, noi sopravvissuti, che andiamo facendo? Celebriamo la Resistenza che fu un immenso, glorioso sogno di pace e nel frattempo lasciamo  che i “nazisti” dell’anno duemila, vadano, disseminando su tutto il Pianeta gli ordigni della morte. Questo sì che è un tradimento”. Padre Balducci spese la sua vita di uomo e di prete per avvicinare la distanza da lui avvertita dai suoi compagni martiri della Resistenza e per non tradirne la memoria impegnandosi con una fede profonda per la giustizia, la pace, l’accoglienza. Ci ha preceduti sulla strada dell’incontro con il Mistero di Dio intuito, creduto e sempre “absconditus”, da ricercare, da reincontrare; con il Gesù autentico dei Vangeli riconoscibile nell’affamato, nel forestiero, nel carcerato, nell’ammalato; con l’esperienza di una Chiesa profetica. È morto il 25 aprile: si può leggere a posteriori la coincidenza cronologica come un segno, come un richiamo a tutti a vivere la memoria dei martiri della Resistenza nell’oggi della storia, come fedeltà alla giustizia, alla uguaglianza, alla pari dignità, alla libertà, alla responsabilità per il bene comune, alla vera solidarietà; alla pace che comincia dal ripudio della guerra come dichiara la Costituzione frutto dell’esperienza della liberazione dal fascismo e dal nazismo. In essa si può dire che entra la luce del Vangelo della non violenza e della liberazione dall’inimicizia. Oggi 25 aprile nel Centro Balducci, proprio in suo nome, consegnamo nella seconda edizione un riconoscimento internazionale: lo scorso anno a Maryam, una donna dell’Associazione Rawa dell’Afghanistan; quest’anno a padre Andrés Tamayo prete originario del Salvador che da 26 anni in Honduras  lotta con il Movimento ambientalista per difendere i boschi e tutto l’ambiente; per questo è stato più volte bersaglio di attentati; ha poi partecipato alla resistenza non violenta dopo il colpo di stato in Honduras, per questo è stato espulso dal paese e abbandonato dalla Chiesa.
Il Vangelo di questa domenica (Giovanni 10, 27 -30) riprende l’immagine del pastore buono che condivide la condizione delle pecore, disposto a dare la vita per loro: “Le mie pecore ascoltano la mia voce: io le conosco, ed esse mi seguono. E io gli do la vita eterna: esse non andranno mai in rovina. Nessuno le strapperà dalla mia mano”. Si tratta di una disponibilità che ha trovato concretezza esemplare nei condannati a morte della Resistenza italiana e di ogni resistenza a situazioni di oppressione e disumanità; in uomini e preti come Ernesto Balduci; come padre Andrés Tamayo. Persone importanti certamente per le loro scelte, sempre coinvolte con le storie di persone e di comunità; loro come altre, come tante donne e uomini del Pianeta, memoria, esemplarità, speranza per noi.

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