DOMENICA 06 FEBBRAIO 2011 Vangelo di Matteo 5, 13-16
06/02/2011
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LA LUCE E IL SAPORE DELLA VITA
Vangelo Matteo 5,13-16


“Siete voi il sale del mondo. Ma se il sale perde il suo sapore, come si potrà ridarglielo? Ormai non serve più a nulla; non resta che buttarlo via, e la gente lo calpesta. Siete voi la luce del mondo. Una città costruita sopra una montagna non può rimanere nascosta. Non si accende una lampada per metterla sotto un succhio, ma piuttosto per metterla in alto, perché faccia luce a tutti quelli che sono in casa. Così deve risplendere la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano il bene che voi fate e ringrazino il Padre vostro che è in cielo”.


Le esperienze più dirette e concrete possono favorire la comprensione di dimensioni più profonde e importanti.
Ciascuna e ciascuno di noi si è subito accorto quando nella pasta, nella minestra, nella verdura mancava il sale ed ha provveduto a recuperare il sapore. Su altri piani e in altri ambiti d’impegno professionale, di relazioni, di gruppo, di comunità abbiamo avvertito passività, stanchezze, banalità, conformismo, superficialità, grigiore, mancanza di senso, di profondità, di sapore umano; e il disagio, almeno in alcune situazioni, è diventato non solo desiderio ma impegno a trovare, a immettere il sapore dell’umanità, quel sale che rende saporite le situazioni della vita e della storia, dell’esperienza della Chiesa.
Ciascuno e ciascuna di noi ha l’esperienza dell’oscurità, del buio, alle volte del disagio e della paura che da essi sono indotti.
L’esperienza concreta, fisica s’intreccia con le esperienze esistenziali, culturali, ecclesiali di oscurità: malattie, sofferenze e morte di persone care e amiche; sconferme e delusioni, avvilimento e anche angoscia, marginalità e indifferenza; momenti oscuri appunto, che dalle dimensioni personali diventano strutturali considerando impoverimento, fame, guerre, oppressioni, violazione dei diritti umani, della dignità di comunità e popoli. Pensiamo a tante situazioni del Pianeta, a quello che si è drammaticamente evidenziato in Algeria, Tunisia, Marocco, Egitto, paesi vicini all’Italia sulle cui condizioni in questi anni nulla si era detto né da parte del nostro Paese, né dell’Unione europea. E riflettiamo sulla situazione culturale, etica, politica e religiosa del nostro Paese, dichiaratamente cristiano cattolico e con evidenza attraversato dall’oscurità della corruzione e dell’adesione ad essa di tante persone.
Si avverte l’esigenza di quella luce che rischiara il cammino ed insieme comunica anche il calore dell’incoraggiamento, della rassicurazione.
In questo contesto, si può collocare il brano del vangelo di oggi (Matteo 5,13-16) nel quale Gesù esprime ai suoi discepoli, ma di fatto a tutta l’umanità, disposta ad ascoltarlo, l’esigenza di essere sale e luce nella storia. Se il sale perde il sapore, non serve più a nulla e va buttato via. La luce di una candela, di una fiaccola, di una torcia non si accende per poi coprirla, proprio perché deve illuminare il cammino: “Così deve risplendere la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano il bene che voi fate e ringrazino il Padre vostro che è in cielo”.
Questa sollecitazione di Gesù ad essere sale e luce è riportata dal Vangelo subito dopo le Beatitudini; e comporta quindi viverle, attuarle, testimoniarle.
Essere oggi sale e luce, cioè dare sapore alla vita e alla storia ed esserlo insieme, reciprocamente, significa vivere con umiltà nel mondo dell’arroganza e del potere assolutizzato, idolatrato, difeso sempre e comunque; significa scegliere la non violenza attiva e l’impegno a costruire la pace in un mondo nel quale la guerra è giustificata come necessaria e perfino i morti per questo sono strumentalizzati e il dolore sincero non diventa proposito di scegliere altre strade; significa scegliere la giustizia, l’equità e la condivisione in un mondo che assolutizza il denaro con cui si può comprare tutto: persone, anzi corpi di donne, di uomini e anche parlamentari, e tante “cose superflue” che non servono. E ancora significa l’accoglienza dell’altro diverso, di chi fa più fatica a vivere, degli immigrati. E ancora la premura e la cura per tutti gli esseri viventi. Sentiamo l’esigenza del sale e della luce dell’amore profondo, dell’amicizia vera, della fede incarnata, della speranza alimentata. La Chiesa, in quanto tale, non può che essere sale e luce profetica, del sì e del no chiari, non diplomatica, utilizzabile per difendere posizioni diverse, anche opposte.

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