EDUCARCI ALLA PACE

Riflessione nel cammino di pace

31 Dicembre 2011-1 Gennaio 2012

Care amiche e cari amici, il saluto più amichevole e cordiale daparte mia e del Centro Balducci: ospiti, volontari, sostenitori.

Il cammino di pace di questa notte è il 33° in continuità aiprecedenti 32; collegati alle 44 giornate della pace nel primo giornodell’anno, 45° quello di domani a indicare, da quel 1 gennaio 1968 aquello che inizierà, l’importanza decisiva della pace ogni giornodell’anno. Non rappresenta infatti una delle questioni ma è quelladecisiva, dirimente tutte le altre. Infatti, quale cultura meritaquesto nome se non favorisce la giustizia e la pace?

Non è poi nemmeno pensabile un’etica che non assume nel suo nucleoportante l’anelito, le indicazioni, i vincoli per la giustizia e lapace. E la politica che non assume come prioritaria la questione dellapace può essere ancora considerata una politica degna? In realtà,l’attuale politica, ai diversi livelli, ha cancellato dalla sua agendala questione della pace. E quale fede religiosa si può riconoscere comeautentica se non annuncia e non sollecita a praticare con continuità lagiustizia, la non violenza attiva, l’accoglienza e la pace?

La questione della pace interpella ciascuna e ciascuno di noi: è la dimensione dell’anima e di relazioni significative; riguarda lagiustizia; non è solo assenza di guerra, ma durante questa assenza noncostruisce e vende armi, non prepara la guerra: “Se vuoi la pace,prepara la pace”. La pace non può rimanere solo un postulato etico, madiventare decisione istituzionale, politica, legislativa.L’interrogativo di fondo è come mai l’essere umano passa facilmentedalla non violenza alla violenza; come mai si rende protagonista diviolenze, di uccisioni, di ferimenti, di distruzioni che fino a pocotempo prima aveva giudicato come inammissibili, perchè disumane.

Perchè l’essere umano così facilmente abdica all’autonomia della suacoscienza e diventa obbediente di strutture e di ordini violenti,omicidi, disumani? E’ per questo che l’educazione alla pace diventafondamentale, doverosa, imprescindibile e chiede continuità eperseveranza. Più che educare i giovani alla giustizia e alla pace,educarci insieme, diventando testimoni e, come dice il messaggio delpapa, vivendo per primi il cammino che si propone. Certo sono di per séinterpellati, insieme a tutti gli altri, coloro che hanno compiti neiprogetti educativi: genitori, insegnanti, operatori dei mezzi diinformazione, persone impegnate nelle istituzioni e nella politica,nelle comunità delle diverse fedi religiose.

Ad essi si rivolge il messaggio del papa, con il richiamoall’esigenza imprescindibile di testimoni. Educarci alla pace è usciredall’ignoranza, dalla non conoscenza; dal fatalismo, dal conformismo,dalla rassegnazione, dalle frasi fatte, dai luoghi comuni: “E’ sempreandata così, i poveri ci sono sempre stati; le guerre anche e poi allevolte servono, portano la pace, la libertà, la democrazia ...”. Eancora: i diversi sono diversi, è inutile approfondire tanto: gliimmigrati sono troppi e poi cosa pretendono? Comunque prima noi, inostri, le nostre radici –aggiungendo magari per rafforzare lachiusura- cristiane, la nostra cultura cattolica. Neanche parlare poidegli omosessuali, dei carcerati, dei sofferenti nel corpo e nellapsiche. Cosa possiamo farci “noi”?

Questo conformismo qualunquista è contrario alla pace.  Senzaverità, giustizia, obiezione di coscienza a tutte le ingiustizie e ledisumanità, non ci potrà mai essere pace. Lo dice la lettera del papa: “Per essere veramente operatori di pace,dobbiamo educarci alla compassione, alla solidarietà, allacollaborazione, alla fraternità. Essere attivi all’interno dellecomunità e vigili nel destare lecoscienze sulle questioni nazionali e internazionali e sull’importanzadi ricercare adeguate modalità di ridistribuzione dellericchezze, di promozione della crescita, di cooperazione allo sviluppoe di risoluzione dei conflitti”.

Educarci alla pace quindi educandoci allaverità.

Non ci potrà essere pace fino a quando dominerà l’ingiustiziastrutturale del Pianeta che uccide ogni anno il numero spaventoso fra30 e 40 milioni di persone, un bambino ogni 5 secondi. La situazionepiù terribile della storia umana. Fino a quando la crisi economica efinanziaria, ma ancor prima culturale, etica, spirituale rende la vitadifficile a milioni di persone.

Non ci potrà essere pace fino a quando si continueranno a costruiree a vendere armi, anzi a ritenere la guerre necessarie tanto dacambiarne il nome: guerre umanitarie, portatrici di libertà democrazia, come se cambiandone il nome si cambiasse la natura sempreomicida e distruttiva: le guerre solo uccidono, feriscono, distruggonoe mai nulla risolvono. Erano state ripudiate dalla nostra Costituzione,dall’Enciclica Pacem in Terrisdel 1963 di papa Giovanni XXIII, considerate una follia. Ora si sonoripristinate e tanti le accettano e le giustificano, fino a considerareeffetti collaterale le vittime civili, donne e bambini, conosciute,perché la gran parte delle vittime civili non si nominano neppure, eforse compaiono come un numero nella somma generale.

Come mai nelle nostre chiese, dove preghiamo per la pace, non ci sisdegniamo (chiamiamo la realtà per nome) che si spendano ogni minuto 50mila euro per mantenere la struttura militare? Che 1 miliardo e 400milioni di euro siano destinati a costruire la portaerei Cavour, mentrecon quell’investimento si potrebbero edificare 4 mila nuovi asili. Comemai non si nominano –sì, proprio nelle nostre chiese, chissà forse perpaura di essere criticati di una accentuazione socio politica- icacciabombardieri F-35, ciascuno di quali costa 100 milioni di dollari(130 milioni di euro) quanto 465 mila trattamenti anti AIDS per ibambini? Come mai non si nomina la base USAF di Aviano che custodisceanche ordigni atomici, quelle armi che il Concilio Vaticano II nel n°80della Gaudium et Spes hadefinito “delitti contro Dio e contro l’umanità”. Come possiamocontinuare a dire “Beati gli operatori di pace” ?

Non ci potrà essere pace fino a quando si continueranno adalimentare diffidenze, ostilità, avversione nei confronti degli altridiversi: disabili, omosessuali, carcerati, nomadi, immigrati. Fino aquando non ci si opporrà con la fermezza della non violenza attiva,alle volgarità e grossolanità delle parole; all’ostilità che negaperfino il riconoscimento di cittadinanza italiana ai bambini nati inItalia da persone immigrate; alle leggi regionali sul welfare discriminatorie.

Non ci potrà essere pace se tutte le fedi religiose nonriprenderanno ispirazioni profetiche, coraggio nell’annuncio, nelladenuncia, nella proposta di esperienze significative. Se nelle nostrechiese si parlerà molto della pace come dono di Dio e poco, o quasinulla, della responsabilità storica a costruire la pace. Se non sinomineranno i profeti e i martiri della pace per prudenze e tatticheincomprensibili, anche vergognose.

Il patrimonio a cui attingere è straordinario a seguito di Gesù diNazaret, ucciso per motivo della giustizia e della pace, viventecompagno di viaggio nella loro costruzione nella storia: Francescod’Assisi, Gandhi, Martin Luther King, don Mazzolari, papa GiovanniXXIII con il Concilio e la Pacem inTerris, Aldo Capitini, Danilo Dolci, Giorgio La Pira, donMilani, padre Turoldo, padre Balducci, don Tonino Bello, don Diana, donPuglisi, mons. Romero, rappresentante di tutte le donne, gli uomini, lecomunità, profeti e martiri della giustizia; fra questi: Falcone eBorsellino, Ghinnici, Livatino, Dalla Chiesa, tutti i magistrati e ledonne e gli uomini delle scorte , vittime delle mafie per averlecombattute con forza, coraggio, perseveranza.

E’, come già accennato, un patrimonio straordinario a cui poco,troppo poco si attinge. In quante delle nostre comunità parrocchialinelle celebrazioni dell’Eucarestia, degli incontri di catechismo e diformazione si fanno questi nomi, si vive la memoria dei loroinsegnamenti? E forse capita di sentirli nominare in un consigliocomunale, provinciale, regionale, in Parlamento?

Abbiamo camminato questa sera e camminiamo ancora per l’ultimotratto per riprendere e rilanciare l’impegno per la giustizia,l’uguaglianza, la sobrietà, la condivisione. Per la non violenzaattiva, riaffermando il ripudio delle armi; della violenza delle guerreche solo uccidono, feriscono, distruggono e nulla risolvono. Perriaffermare l’accoglienza dell’altro, del diverso, per l’attenzionealla storia di ogni persona, per la convivenza pacifica fra ledifferenze, per una società multietnica, multiculturale,plurireligiosa. Per una nostra presenza nell’ambiente vitale direlazione con tutti gli esseri viventi, con l’intero eco-sistema, nondi dominio e di usurpazione, di distruzione. Per una visionedell’essere umano, donna e uomo, globale e completa che uniscecorporeità, profondità dell’anima, potenzialità e dimensioni diverse,cultura, etica, spiritualità.

Camminiamo su questa montagna uniti alle comunità e ai popoli delPianeta che resistono, denunciano, propongono, vivono esperienze digiustizia e di pace. Questa marcia la vedo unita anche alla Via CrucisPordenone-Base USAF di Aviano che rivivremo il prossimo anno alla 5adomenica di Quaresima il 25 marzo 2012 come facciamo dal 1997 alla 16aedizione prossima.

Questa sintonia e questa unione alimenta la speranza: non  unasperanza privatizzata, non illusoria, non comprata per l’occasione, unasperanza vera che assume i drammi e i dubbi guardando l’alba cheritornerà; una speranza che si nutre nella reciprocità, nei segnipositivi, nell’affidamento al Signore.

Alziamo gli occhi verso i monti:da dove ci verrà l’aiuto? L’aiuto viene dal Signore... che ha fattocielo e terra” (Salmo 121, 1). L’aiuto per assumere pienamentele nostre responsabilità; disubbidienti al sistema di ingiustizia,violenza, guerra, esclusione, razzismo; perché ubbidienti allagiustizia e alla pace, perchè ciascuna e ciascuno, come insegna donMilani, è responsabile di tutti.

Pierluigi Di Piazza


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