GIOVEDI’ SANTO

La riflessione di Pierluigi Di Piazza

9 aprile 2020
GIOVEDI’SANTO
La riflessione di Pierluigi Di Piazza
9 aprile 2020

Sono i giorni della settimana santa: giovedì, venerdì e sabato prima diPasqua. La santità non è separazione sacrale, bensì profonditàdell’esistenza, dei suoi significati ultimi tradotti nella credibilitàdella vita. In qualche modo riguarda tutte le donne e tutti gli uomini,al di là delle abituali definizioni di credenti e non credenti cosìspesso specularmente datate, da rivisitare certo con rispetto allasensibilità e ai percorsi di ogni persona.
La terribile situazione in atto verifica pensieri, convinzioni,atteggiamenti. L’impossibilità di celebrare nelle chieseparadossalmente può favorire una estensione della sensibilitàspirituale, anche laicamente intesa, una percezione del messaggiorivoluzionario di Gesù di Nazaret liberato, per così dire, da modalitàche spesso lo tengono prigioniero e separato.
Ricordo il dialogo con Margherita Hack, il suo definirsi atea e insiemeil suo riconoscersi nella massima aurea: “Non fare agli altri quelloche non vorresti che gli altri facciano a te” e ancora nel “Ama ilprossimo tuo come te stesso”; e ancora nel riconoscere Gesù come grandemaestro dell’umanità. Un’atea con riferimenti evangelici anche nellescelte di vita.
I contenuti del giovedì santo come quelli dei prossimi giorni possonodiventare un messaggio per chi frequenta le celebrazioni nelle chieseoggi impossibili e per chi non le frequenta. Ho avvertito sempre“pesante” l’affermazione che Gesù di Nazaret in quella cena unica estraordinaria per significato ha “istituito” l’Eucarestia: sa troppo diistituzione e poco di vita, di coinvolgimento, di amore e di dolore, diprogetto di una nuova umanità. In realtà è un momento drammatico eluminoso.
Attorno a Gesù si è ormai stretto il cerchio: le autorità religiose almassimo grado e quelle politiche hanno deciso la sua uccisione; la suapresenza e il suo insegnamento sono per loro ormai inaccettabili,sovversivi rispetto al sistema. Lui ne è pienamente consapevole. Lacelebrazione di quella cena speciale si svolge in una stanza presa inprestito, preparata “alla buona”, come è stato possibile. Nessunaattenzione e concessione all’esteriorità proprio perché i vissutiinteriori sono al livello più profondo: consapevolezza, timore,tremore, senso della fedeltà, dedizione e coerenza.
I Vangeli raccontano che attorno al tavolo sono i dodici discepoli. Frapoco Giuda collaborerà per la sua cattura, pare non per denaro,probabilmente per capire maggiormente nel confronto con l’autorità ilprogetto del Maestro di Nazaret: spirituale, sociale, politico,teocratico? Poi, accorgendosi del precipitare della situazione, perdisperazione andrà ad impiccarsi. Un altro, Pietro interpellatoripetutamente, per tre volte dirà di non conoscere quell’uomo oraprocessato. L’indicazione solo della presenza dei dodici non ciimpedisce di immaginare quella di altre persone, donne comprese.
Il pane e il vino condivisi e le sue parole sono la sua Persona, la suavita donata per tutti. Su invito e indicazione suoi, ogni volta che sicompie questa memoria si rivive la sua presenza e il suo insegnamentoper la nostra vita e per la storia dell’umanità. E’ dunque una memoriaprovocatoria, commovente, coinvolgente, impegnativa: chiede coerenza ecredibilità. Il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer, impiccato aFlossenbürg il 9 aprile 1945, proprio 75 anni fa perché oppositore alnazismo ci ha detto che “Gesù è Colui che è vissuto totalmente per glialtri”.
Il Vangelo di Giovanni, a differenza degli altri tre, non racconta lacena ma il gesto di Gesù che ne esprime il significato profondo. Luilava i piedi ai discepoli e poi li asciuga e così ci insegna che lafede autentica si concretizza in quel gesto di servizio, che questa èl’autentica grandezza umana, come ci ha ricordato domenica scorsa papaFrancesco. Il vescovo profeta e poeta don Tonino Bello ci ha ricordatoche l’unico paramento liturgico rintracciabile nei Vangeli èquell’asciugamano o quel grembiule di Gesù per cui diventa il voltocredibile di chi si riferisce a Lui, l’unica caratteristica di unaChiesa credibile, ospedale da campo. E’ comunque una proposta rivolta atutta l’umanità.
Il tempo drammatico in cui viviamo ci consegna ogni giorno tanti segnidi attuazione dell’insegnamento di Gesù. Non è determinante attuarlicon riferimento esplicito al suo nome o senza farvi riferimento.Determinanti sono invece il contenuto e la concreta prossimità, lo è laprofonda umanità perché Gesù è venuto per insegnarci a diventareautenticamente umani. Noi, il prossimo e il Dio di Gesù: qui trovasenso il rapporto fra terra e cielo.

Pierluigi

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