I migranti, risorsa da premiare

Il nodo cittadinanza

da Il Sole 24 Ore di Domenica 28 Giugno 2015
Imigranti, risorsa da premiare
Il nodo cittadinanza
da Il Sole 24 Ore di Domenica 28 Giugno 2015
di Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto

    Si parla molto di migranti in questi mesi, dallecronache che ne raccontano il flusso continuo verso l’Italia el’Europa, alle riflessioni sul fenomeno in atto, che spaziano dai rozzipregiudizi di alcuni, pronti a considerare reato ogni arrivo diclandestino, al ventaglio di proposte per l’accoglienza el’integrazione a medio e lungo termine, talvolta purtroppo soloteoriche, fino alla rincorsa a soluzioni tampone, che spesso restano leuniche a tempo indeterminato. Diventa perciò importante rifletteresulle dinamiche che il processo migratorio implica, da quella dellaprovenienza dei migranti, e dunque delle cause che spingono interemasse umane ad abbandonare la propria terra, i propri affetti e leproprie per quanto povere certezze per andare verso un futuro in buonaparte ignoto, a quella della destinazione, che aiuti a capire qualisono le mete perseguite da chi accetta il rischio dell’immigrazioneclandestina, a quella delle possibilità d’inserimento e d’integrazioneeffettiva nei luoghi di arrivo.
    I migranti verso l’Italia provengono oggi per laquasi totalità dall’Africa e dal Medio Oriente. Le ragioni che motivanola decisione - tutt’altro che facile - di emigrare, da una parte sonolegate ai processi di disgregazione di ampi gruppi sociali e di interiStati, come nel caso della Somalia, dell’Iraq, della Libia e delloYemen, dall’altra sono spesso dovute a situazioni di guerra, ispirata amotivazioni etniche e religiose, o a crisi economiche pesanti edurature, come ad esempio in Nigeria, nel Mali, in Eritrea ed inEtiopia. La gravità dei fattori che entrano in gioco nello spingereuomini e donne di ogni età a rischiare tutto, pur di fuggire da similicontesti, rende difficile applicare in concreto la distinzione cuispesso si ricorre fra “rifugiato” e migrante “per ragioni economiche”.Appellarsi a questa differenza come a un criterio decisivo in ordinealle possibili espulsioni e ai rimpatri, rischia di esporre chi dovràdecidere a gravi ingiustizie e a discriminazioni insostenibili dalpunto di vista morale. Un intervento preventivo nei Paesi diprovenienza appare certamente più corretto, anche se per essere onestoed efficace implicherebbe componenti politiche ed economiche di vastaportata e dai costi certamente elevati. Soprattutto, di una simileazione, che valica confini e responsabilità nazionali, dovrebbero farsicarico entità sovranazionali, quali le Nazioni Unite e la stessaEuropa, la cui divisione e latitanza in materia appare sempre più grave.
    Circa poi la destinazione reale dei flussi migratorinon è difficile riconoscere che per tantissimi essa non è il Paese diprima accoglienza: molti dei migranti, in particolare quelliprovenienti dal Medio Oriente, hanno parenti già inseriti in diversesocietà del Nord Europa o dell’America, tanto del Nord, quanto del Sud.È verosimile, dunque, che essi guardino all’Italia soltanto come a unPaese di transito, senza intenzione di stabilirvisi. La dimostrazionepratica di quest’asserto sta nel fatto che tanti di quelli che arrivanopiù o meno fortunosamente nel nostro Paese rifiutano di adempiere attiburocratici che li legherebbero allo Stato coinvolto nella primaaccoglienza. Anche qui c’è nella legislazione europea un insieme dicarenze che andrebbero colmate e di disposizioni che andrebberomodificate. L’impressione che l’Europa unita sta dando al mondo èquella di una sconcertante (e per vari aspetti perfino vergognosa)disunità, per cui ciascuno dei Paesi membro appare più preoccupato di“difendersi” dai migranti che di affrontare il fenomeno migrazioni inmaniera organica e capace di tutelare e promuovere la dignità dellepersone in gioco.
    C’è, infine, da considerare l’effettiva possibilitàdi accoglienza e d’integrazione degli immigrati: una sempliceconsiderazione economica, fatta anche da numerosi imprenditori, è chesenza l’apporto del lavoro che gli immigrati svolgono, non una singolaazienda, ma l’azienda Italia nel suo insieme avrebbe conosciuto enormidifficoltà e rischierebbe autentici crolli di produttività. Per dirlain altre parole, l’immigrato non è un peso o un pericolo, come vienedefinito da alcune delle più rozze fra le voci che gridano sulla scenapolitica, è spesso al contrario un’autentica risorsa, che andrebbeaccolta con rispetto per la dignità delle persone e valorizzata per lecapacità di contribuire alla crescita di tutti.
    La cecità di fronte al fenomeno migratorio tocca avolte vertici che, se non fossero drammatici, rasenterebbero ilridicolo: per limitarsi a un solo esempio, che è di estrema gravità, sipotrebbe citare il caso del rifiuto della registrazione delladichiarazione di nascita in Italia dei figli di migranti privi dipermesso di soggiorno! Su questo fatto c’è stato a lungo un assordantesilenzio (con poche eccezioni, come ad esempio la raccomandazioneproposta nel congresso del 2014 dalla Società Italiana di Medicinadelle Migrazioni). Eppure, da diversi anni, nei rapporti firmati anchedalla Caritas Nazionale, il gruppo Convention on the Rights of theChild (CRC) segnala questo problema e ne raccomanda una soluzione alivello istituzionale. È vero che al presente la registrazione delladichiarazione di nascita è possibile a norma di una circolare delMinistero dell’Interno (n. 19 del 7 Agosto 2009), di cui  lostesso gruppo a favore dei diritti dei bambini segnala peròl’inadeguata diffusione. In Parlamento esistono proposte di legge che,se approvate, potrebbero risolvere la questione e che, però, puraffidate alle commissioni competenti, non vengono messe a calendario.Si può tollerare che l’esistenza giuridica di nuovi nati sia affidata auna circolare che, così come è stata emessa, potrebbe venir cancellatasenza neppur informarne il Parlamento e che, comunque, crea dubbi negliuffici anagrafe? La domanda di chi si batte per una soluzione piena edignitosa del problema diventa: perché impedire per legge a duegenitori (o almeno a chi di loro riconosca quel bambino) di dire“questo è mio figlio”, che ha diritti uguali a ogni altro nato inquesto Paese che si dice democratico? Anche su punti come questo lasfida delle migrazioni ci interpella tutti sulla pienezza e autenticitàdel nostro essere e volerci umani e sulle esigenze morali che nessunacoscienza retta dovrebbe ignorare.

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