L’idea era nata tempo fa e giovedì èstata ufficializzata. Porta la firma del Club Unesco di Udine e dellasua presidente, Renata Capria D’Aronco. Candidare al premio Nobel per la pace (ex aequo) don Pier Luigi DiPiazza e a Daniele Sipione. La proposta è stata commentata così da donDi Piazza. “Mi sento di rendere pubblici alcuni vissuti e alcuneconsiderazioni rispetto alla proposta della candidatura al premio Nobelper la pace da parte del Club Unesco di Udine che unisce la mia personaa quella del dott. Daniele Sipione, esempio di concreta solidarietà neiconfronti di migliaia di persone colpite dalla lebbra. Prima di tutto ringrazio per la stima e la fiducia nei confronti dellamia persona: li avverto come un incoraggiamento per affrontare le sfidee le fatiche di ogni giorno. Sapevo di questa intenzione, ma nel miointimo non l’avevo mai considerata realisticamente, fino al momentodella sua ufficializzazione che mi ha creato profondo imbarazzo per lasua sproporzione. Cerco di rapportare ogni giorno l’impegno dellerelazioni con le persone a quello pubblico, a motivo dell’ispirazioneevangelica, delle convinzioni e dello slancio etico a non poter fare ameno di esserci, di coinvolgermi, di denunciare ingiustizie, violenze,guerre, egoismi, materialismo, razzismo; di alimentare idealità eprospettive, di contribuire a rendere più umano questo mondo,condividendo le storie di chi fa più fatica; concretamente condividendodenaro, casa, strutture; soprattutto storie umane, chiedendo coerenzaprima di tutto a me stesso. Questo ha comportato e comporta immersionein incontri affollati e momenti di solitudine più di qualche voltaanche a motivo delle prese di posizione pubbliche nella società e anchenella Chiesa. Sinceramente non ho mai cercato, né accarezzato riconoscimenti etitoli; quelli ricevuti per iniziativa di altri non hanno modificatoper nulla la mia vita, né mai ad essi faccio riferimento. Sono quelloche sono come uomo e come prete con i miei limiti, le possibilità dibene e le azioni positive. Sinceramente mi sento di continuare aspendermi in nome del Vangelo e della dignità umana che avvertocoincidenti; mi impegno come se tanto dipendesse da me e nello stessotempo con la consapevolezza di non essere di certo indispensabile, chequello che vivo e opero è per una fedeltà interiore, esprime il sensostesso della vita, non è certo finalizzato a ricevere riconoscimenti.
L’esperienza del Centro Balducci èstata ed è possibile per la dedizione e l’impegno volontario di tantepersone. Sento del tutto sproporzionata quindi la proposta per ilNobel: possibili persone che mi vengono subito in mente sono, adesempio, don Luigi Ciotti, Gino Strada, padre Andres Tamayo pretesalvadoregno che in Honduras da anni è leader di un grande movimentoambientalista, per questo più volte minacciato di morte e nelladrammatica situazione attuale è chiuso nell’ambasciata del Brasile comelui stesso mi ha raccontato in una telefonata la notte scorsa. Personalmente ho ricevuto amore, amicizia, insegnamenti profondi, acominciare dalla mia famiglia, da tante persone di questo Friuli e inquesti ultimi vent’anni da persone e comunità di diversi luoghi delPianeta. Questo personale patrimonio interiore è impagabile: vi trovanocollocazione anche le fatiche, le incomprensioni, e l’isolamento chenon mancano. Sento questa ricchezza profonda: questo è il “premio” più grande; adessa si nutre la ragionevole speranza di un mondo più umano e ladedizione e l’impegno per contribuirvi, possibilmente sempre congratuità prima e dopo, al di là di quello che gli altri, che lasocietà, che la Chiesa pensano per condividere o criticare, nellalogica evangelica del continuare a seminare sperando di avere la forzainteriore per spendermi fino a quando, come dicono i popoli indigenidell’America Latina, Dio mi presterà la vita.”