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Evento
La bottega di Asghar
Invito all'inaugurazione
Udine, venerdì 4 settembre, ore 17.00
ESPERIENZE DI VITA
IMMIGRAZIONE
Labottega di Asghar
Invito all'inaugurazione
Udine, Via Caterina Percoto venerdì 4 settembre, ore 17.00
Il Centro Balducci invita a partecipare all'inaugurazione della piccolabottega di Asghar, in via Caterina Percoto a Udine.
Asghar,insieme alla sua famiglia, è ospite del Centro Balducci da 4anni; dopo aver frequentato diversi corsi professionalizzantinell'ambito del commercio e del settore alimentare, con l'appoggio delCentro Balducci, è riuscito ad aprire una bottega alimentare che offrediverse tipologie di prodotti: etnici, provenienti dall'Asia, Africa eAmerica Latina; del circuito del Commercio equo; prodotti biologici esenza glutine.
Venerdì 4 settembre 2015 alle 17.00 vi aspettiamo per festeggiare unpiccolo grande traguardo nel percorso di autonomia e integrazione diAsghar e di noi tutti, unendoci in una preghiera cristiana e musulmanaper augurare il meglio a questa nuova attività e terminando con unmomento conviviale dai sapori pakistani e italiani.
(Foto di
Vincenzo Cesarano
)
Così si raccontava di Asghar, nel
notiziario n. 38 di luglio 2013, a pag. 18
“... Insha Allah...”
Un ospite con la sua storia drammatica nel cuore ci ricorda che puòdiventare lentamente possibile ciò che prima sembrava impossibile...quando ci si affida alla fiducia ricevuta.
Asghar è un giovane di 36 anni, di cittadinanza pakistana e dal 2011 èospite del Centro. Oggi Asghar non è più come lo abbiamo incontrato perla prima volta. Era un uomo provato, prostrato dalla sofferenzalacerante. La guerra, l’atrocità della violenza subita avevano portatoquesto uomo nell’abisso della disperazione e dell’abbandono fino afargli perdere la voglia di vivere e di essere sottoposto a curespecialistiche. Neanche il suo trasferimento in una struttura protettaper persone vulnerabili ha visto beneficio.
Asghar ha trovato la porta aperta al Centro Balducci quando ha chiestodi ritornare. Oggi è irriconoscibile, per lui è iniziata una nuovavita. Il suo sguardo, anche se segnato da profonda tristezza, comunicafiducia e speranza; i suoi passi sono più spediti e sicuri, guidatidalla forza e dalla volontà di andare avanti per raggiungere iltraguardo. Le sue parole, anche se lasciano trapelare sofferenza per leferite del cuore e la nostalgia per la sua famiglia lontana, esprimonoimpegno, coraggio e anche ottimismo.
Racconta Asghar: “Sto finendo un corso di formazione di 400 ore per lamanutenzione del verde, con un periodo di pratica in un vivaio nonlontano da qui. Sto bene… sono contento”. E continua.
“Come ogni giovane musulmano, mi sono sposato a 15 anni e a 20 anniavevo già due figli. Poi è iniziato tutto, la mia vita è entrata neltunnel della violenza. Il regime talebano mi ha trasportato inAfghanistan e sono stato in carcere, forse per tre anni, non ricordo,non avevo il senso del tempo, ma così mi ha detto la mia famiglia. Hovisto e subito l’orrore della violenza umana. Ho visto di tutto... hovisto seppellire vivi tanti giovani come me, torturare i miei compagniin modo crudele e inimmaginabile. Sono riuscito a scappare insieme adaltri bucando giorno per giorno con la punta di un coltellino ilmuretto del bagno. Sono rientrato in famiglia e ho cercato diriprendere la mia vita normale: il lavoro nei campi e l’insegnamentonella scuola coranica; ma ero portato sempre di più a chiudermi in unavita di preghiera quindi a trascorrere la maggior parte del tempo inmoschea. Dopo un po’ di anni... avevo già altri tre figli. I signoridella guerra, i talebani, mi hanno obbligato a entrare nella loroscuola, per essere addestrato a diventare un combattente talebano. Sonostato trasportato nei campi di addestramento di nuovo in Afghanistan,poi in Arabia Saudita e a Kashmir. Non voglio ricordare ciò che hovissuto. Per la paura, per il terrore di uccidere gli altri e di essereucciso sono scappato. Ho traversato a piedi vari paesi: Turchia,Macedonia, Serbia, Ungheria e Austria. Dopo mesi di viaggio e camminonel 2010 sono arrivato a Bolzano, e in questura ho presentato domandadi asilo politico, e da lì sono stato mandato al CARA di Gorizia. Dopo6 mesi senza nessun esito alla mia domanda mi sono trovato sullastrada. Nel 2011 sono arrivato a Udine poi nel Centro.
Il tempo dell’attesa di essere ascoltato in commissione diventava lungoe io diventavo sempre più depresso. A metà 2012 mi è stato riconosciutol’asilo politico. Ma io, ormai non ero più in grado di gestire la miavita perciò sono stato trasferito a Brescia in un centro di accoglienzaper persone vulnerabili; lì non ho resistito, il cancello chiuso miprovocava paura e ansia. Dopo pochi giorni ho abbandonato quella realtàe mi sono trovato sulla strada, ma il Centro Balducci mi ha riaccolto.A piccoli passi sto riprendendo la vita normale. Riesco a gestirmimeglio anche se devo assumere ogni giorno dei farmaci, riesco astudiare e a lavorare. Il dolore delle ferite è an- cora forte mariesco a intravvedere, insieme alle diverse persone che mi sono vicine,un futuro in meglio.
Spero di raggiungere una vita lavorativa autonoma in Italia, Il miosogno grande è di vivere accanto alla mia famiglia che un giornoarriverà qui, Insha Allah (Se Dio vorrà)”.
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