Pochi ma buoni, come si dice: infatti l’atmosfera con il salutointroduttivo di Pierluigi, la conversazione di Sonya sostenuta dadiapositive esplicative dell’Armenia e delle sue tradizioni e cultura –da cui il titolo – e le domande rivoltele dai presenti interessati,hanno creato un’atmosfera di intimità e amicizia quasi ci si trovassein una accogliente cucina calda, colma di profumi di spezie del cibo inpreparazione.
E proprio il cibo del quotidiano armeno e le ricette perprepararlo sono state d’ispirazione a Sonya per scrivere il suo librounitamente al suo amore per quella terra degli avi che non ha maipotuto visitare..
Sonya Orfalian è scrittrice, traduttrice ed artista nell’arte della pittura. La sua scarna biografia che si legge sulla terza di copertina del suo libro ci dice che è nata in Libia, figlia ( e nipote) della diaspora iniziata dopo i massacri perpetrati dai Giovani Turchi nel 1915 ai danni di uomini, donne e bambini armeni cristiani che pacificamente avevano abitato l’Anatolia musulmana fino al XIX secolo. Anche la famiglia del nonno paterno (e materno) – Armeno di Turchia per intenderci – ha dovuto lasciare la città di Urfa (da cui il suo cognome Urfa – Orfalian) e la terra degli avi e cercare accoglienza altrove. “Nella diaspora – ci dice Sonya - la tradizione delle pietanze più diffuse nelle case armene si è paradossalmente conservata con maggior forza: era necessario, per poter sopravvivere malgrado tutto, conservare e tramandare il ricordo, rievocare i sapori e gli odori della casa d’infanzia, ripetere i gesti antichi delle nonne per mantenerli in vita. Anche la cucina della nostra casa – come per molte famiglie in esilio - scrive – era il luogo dove tutte le guerre e i risentimenti razziali avevano fine; il luogo in cui le pietanze di popoli in eterna lotta tra loro convivevano pacificamente.
“ Ed “…è per conservare e trattenere tutto ciò nella ripetizione dei gesti quotidiani della preparazione del cibo e per evocare amorevolmente un intero universo famigliare al fine di non farlo svanire per sempre all’orizzonte della memoria” che Sonya, attraverso le ricette che ci ha proposto nel suo libro ci ha raccontato della sua famiglia, della famiglia tradizionale armena, delle figure importanti che ne fanno parte, delle occasioni del cibo, delle feste; per sintetizzare, di quella millenaria, ricca e poco conosciuta cultura che è quella Armena che neanche IL GRANDE MALE - come loro chiamano il genocidio - mai riconosciuto da chi lo ha commesso, è riuscito a fiaccare e dissolvere.
E se il cibo è capace di unire in amicizia, nulla di meglio che una fetta di gubana e un buon bicchiere di vino bianco per chiudere degnamente una piacevole serata……..
Grazie Sonya!