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Nel mio Presepe di bambino c’era posto per tutto e tutti
di Claudio Magris
Su don Mario Vatta e la Comunità di San Martino al Campo
Nelmio Presepe di bambino c’era posto per tutto e tutti
di Claudio Magris
dal Corriere dellaSera
23 dicembre 2016
Mi capita di frequentare ogni tanto — ma sempre troppo poco — unPresepe vivente di Trieste, il Centro San Martino della Comunità di SanMartino al Campo, fondata parecchi anni fa da
don Mario Vatta
,una delle non molte persone cui vorrei veramente assomigliare, avere ilsuo piglio fraterno e picaresco, la sua ironia.
Un posto per tutti
Vorrei avere anch’io la sua capacità di attraversare l’opaco mare dellasofferenza gettando una cima ai naufraghi e sapendo di essere anch’egliuno della ciurma cui getta la scaletta e apre la porta. Da bambino,quando facevo il Presepe — esiste ancora, rudere quasi a pezzi maancora in piedi, pastori e cammelli senza testa ma sempre in cammino,stelle comete sfilacciate — cercavo di mettere quante più figure epersonaggi possibili. Non solo pecore e cammelli ma anche — accanto aidue coprotagonisti di quella notte, l’asino e il bue — cani, elefanti,trichechi e leoni di cartapesta, quattro o cinque Magi e pure soldatiniche imbracciano fucili, carri armati, pellerossa che alzano l’ascia.Doveva esserci posto per tutto e per tutti. In particolare figure diuomini e animali ma anche cose ammaccate e rotte, globi di vetro(qualcuno risalente al secolo precedente, uscito dalle famose fabbrichedi giocattoli di Norimberga) caduti dal grande abete sovrastante. Alconfronto con questa luccicante e insieme oscura moltitudine l’Arca diNoè era una crociera per pochi privilegiati.
Una storia lunga dodici anni
Hotel a mille stelle
: così FabioDenitto intitola il suo libro dedicato al dormitorio della Comunità diSan Martino, in cui da anni presta come molti altri il suo serviziovolontario. Tante storie di chi vi è passato; tristi, sanguigne,comiche, desolate, che attirano e respingono con lo sguardo di alcunirandagi o l’odore della loro pelle non lavata da chissà quanto. Lacomunità esiste da dodici anni, nel corso dei quali ha distribuito112.000 posti letto, pasti serali e colazioni del mattino. Per quellestanze sono passate più di centomila persone. Un campionario dellavita, delle sue iniquità e delle sue stravaganze, della sofferenza edella fraternità, dell’infinita tristezza, dei malintesi e degliimbrogli, peraltro tenuti a bada da una fermezza che non consenteinganni né disordini. Ci sono tutti, in questo dormitorio passeggeroche può essere una vera tappa. Il pachistano laureato e senza un tozzodi pane, la famiglia marocchina che non potendo trovare alloggio tuttiinsieme rifiuta l’unico letto per uno di loro, il Balkan lover checerca soprattutto e quasi solo approcci, il violento pronto alla rissa;il cencioso avvinazzato per il quale la vita si identifica con labottiglia e tanti altri volti, nostrani e stranieri.
Il numero può sconfiggere l’amore
Don Vatta e anche il suo narratore Denitto sanno bene che l’accoglienzanon è un idillio, che i poveri e gli infelici sono talora anchemalvagi, che i fucili — a differenza di quelli dei soldatini del mioPresepe — sparano, uccidono, per disperazione e anche per piacere.L’alcol, nella Comunità, è proibito, ma lui è ben consapevole, come midice sorridendo, che tanti si scolano la bottiglia prima di suonarealla porta che si aprirà per loro; che alcuni dei suoi ospiti sono benpronti a truffarlo. Il mondo, oggi come ieri, è anche strage,schiavitù, violenza. L’accoglienza possibile a Trieste è ben più arduase non impossibile in metropoli affollate non da centinaia o damigliaia ma da milioni di desperados. Il numero può sconfiggerel’amore. E tuttavia, sta scritto, «non si turbi il vostro cuore».Quella gente che come lui e con lui si adopera a lenire le sofferenzesapendo quanto poco si può fare ma quanto conta questo poco, è genteche non si turba, come in un western gli eroi non si turbano quando lecose nel saloon si fanno dure. Lui non si è certo turbato ad esempioquando un imbecille automobilista, superandolo, gli ha dato del vecchiorimbambito. Si è limitato a chiedergli: «Ma Lei come ha fatto araccogliere queste informazioni su di me?». Ecco, nonostante ogni buonsentimento natalizio, quell’automobilista lo si potrebbe lasciare fuoridal Presepe. Qualche volta una sberla può essere un modo di augurareBuon Natale.
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