PROGETTO “CHIUDIAMO IL CERCHIO” - COSTA D’AVORIO

Incontro con NOEL GUIRAO

Udine, martedì 16 maggio, ore 20.30
PROGETTO“CHIUDIAMO IL CERCHIO” - COSTA D’AVORIO
Incontro con NOEL GUIRAO
Biblioteca dell'Africa, Udine
via Cesare Battisti 7/A
martedì 16 maggio, ore 20.30

Rete Radié Resch Udine, Time for Africa, Arci Udine Pordenone, incollaborazione con la Rete Accoglienza del FVG, invitano all'incontrocon Noel Guirao, un ivorianoche ha vissuto e lavorato 24 anni in Italia e durante questo periodo haavviato diversi progetti nel suo villaggio di Bledy-Dieja, a 600 km.circa dalla capitale Abidjan.
In quest'ultimo periodo della sua vita ha deciso di ritornaredefinitivamente in Costa D'Avorio per seguire i vari progetti, perportare a termine quelli ancora in essere e soprattutto per dare unesempio ai suoi connazionali rispetto all'importanza di lavorare nelproprio paese.

ULTERIORI INFORMAZIONI PER APPROFONDIRE:

PROGETTO “CHIUDIAMO IL CERCHIO” -COSTA D’AVORIO
Mi chiamo Noel Guirao e sono nato 54 anni fa a Bledy-Dieja nella parteovest della Costa D’Avorio al confine con la Liberia. Sono arrivato aTorino passando da Roma il 5 maggio 1993 in aereo perchè il mio sognoera studiare agraria a Torino. l primi giorni li trascorsi da un amicoivoriano finchè non trovai una sistemazione in una struttura. Iniziai afrequentare un corso di italiano e quando mi informai sulla scuola diagraria, scoprii che era necessaria la frequenza. Per me non erapossibile frequentare perchè avrei dovuto lavorare per mantenermi. Perun certo periodo dovetti usufruire della mensa dei poveri al Cottolengofinchè non trovai un lavoro nella distribuzione di volantini. In quelmomento conobbi Anna, e grazie a lei, ebbi la possibilità di conoscerealtri amici italiani. Nel 1994 iniziai un nuovo lavoro come badante diun signore anziano . L’anno dopo una mia sorella che viveva nel miovillaggio, morì a causa di un’emorragia durante il parto poichè non eraarrivata in tempo all’ospedale più vicino. E’ nato così in me ildesiderio di realizzare un progetto per gli abitanti del mio villaggio:costruire un centro sanitario con un reparto di maternità. Anna e gliamici di Arcoiris, un’associazione nata inizialmente per promuovere ilcommercio equo e solidale, di cui fanno parte anche Marco e Monicadella Rete di Torino, decisero di sostenermi in questo progetto checominciò nel 1996. Il centro sanitario si concluse con l’inaugurazionenel 1999, con la presenza di Gianni, il presidente di Arcoiris. Iolavoravo già da un anno all’Iveco. Nel 2001 raccogliemmo medicine emateriale di medicazione che furono spediti per rifornire il centrosanitario. Nel 2002 i ribelli, appoggiati dalla Francia, fomentaronodisordini per dividere in due il paese che fino ad allora viveva unasituazione abbastanza stabile. In realtà quella che veniva chiamatademocrazia, era un regime controllato da interessi economici francesi.La guerra civile scatenata nel 2002 durò alcuni mesi e causò migliaiadi vittime. Il nostro centro sanitario venne usato dalle forze dell’ONUcome loro base. Nel 2004 riuscimmo a spedire un continer con abiti eaiuti vari per andare incontro alle necessità delle vittime di guerradel mio villaggio. Dal 2004 al 2008 grazie al sostegno della curia diTorino, furono realizzati altri progetti: venne avviata la coltivazionedi manioca, mais, riso e banane per il sostentamento e il commerciolocale; si realizzò un allevamento di maiali e venne costruita unacella frigorifera per la conservazione delle carni. In quegli anni hoviaggiato spesso per visitare e seguire i progetti alternando momentidi lavoro saltuario vicino a Torino. Nell’aprile del 2011 scoppiò unanuova guerra civile che durò pochi mesi ; io in quel momento io mitrovavo lì e vissi da vicino i momentri drammatici di una guerraassurda. Quando ritornai a Torino, conobbi Don Sergio Messina che sirese disponibile a finanziare la costruzione della casa del personalemedico accanto al dispensario. In questo modo il governo potè mettere adisposizione un medico e 2 infermieri che prestano tuttora servizio inmodo continuativo. Per seguire i vari progetti già da qualche annoavevo lasciato definitivamente il mio lavoro all’Iveco e maturatol’idea di ritornare definitivamente nel mio villaggio ma nel 2015 miammalai di malaria e mi trovai costretto a chiedere un aiuto pertornare in Italia a curarmi. E’ stato per me un momento difficile. Hosperimentato la solitudine: pur essendo nel mio villaggio, molti ,aspettandosi ancora aiuti da me, non hanno saputo accogliermi nel miobisogno e sono dovuto andar via per potermi curare. Sono guarito dopole opportune cure, ma non sono riuscii a trovare un lavoro che mipermettesse di raccogliere denaro a sufficienza per riprendere ilprogetto dell’allevamento dei maiali e tornare al mio villaggio. Dopomomenti di difficoltà e sconforto, a ottobre 2016 ho riincontratonuovamente, gli amici di Arcoiris che mi hanno dato nuova speranza econ cui abbiamo condiviso il sogno di “chiudere il cerchio”,permettermi cioè di ritornare al mio villaggio e concludere il mioprogetto. Attraverso Monica e Marco ho conosciuto anche la Rete RadièResch, in particolare il gruppo di Torino che si è reso disponibile adaiutarmi.
Questa è la mia storia. Ciò che ho vissuto venendo in Italia mi hapermesso di capire quale fosse il senso di ciò che stavo vivendo. Pensoinnanzitutto che il primo obiettivo sia stato per me mettere in attogesti concreti per dare una risposta alla povertà presente nel miovillaggio attuando dei progetti attraverso cui dare lavoro e dignitàalle persone: in Africa ogni persona che lavora mantiene almeno ventipersone. L’altro obiettivo che sento importante è ritornare pertestimoniare come si viva davvero in Europa, sfatando i falsi miti diun paradiso che non esiste. Alcuni di coloro che vengono quiall’avventura, abbandonando il loro lavoro, vendono le loro case elasciano le loro famiglie pensando di trovare il benessere. Tuttoquesto a causa delle false immagini dell’Europa che le tv trasmettono.Una volta arrivati qui, si accorgono dell’inganno subito e spesso nonriescono neanche più a ritornare. Umiliati ed ingannati, si vergognanodi dire la verità agli amici e ai parenti che si trovano in Africa eche pensano che il solo fatto di vivere in Europa renda ricchi. Siperpetua così l’illusione che causa nuove partenze alla ricerca di unafalso benessere .
E’ senz'altro più difficile ritornare in Africa che venire in Europa.Per me è stato difficile essere creduto quando ho cercato di far capirequal’ è la realtà perché mi si accusava di voler tenere la ricchezzatutta per me. Il fatto stesso di ritornare, di dimostrare di volerrestare e di voler lavorare a fianco dei miei fratelli, mi rendecredibile e degno del rispetto e della stima dei miei amici. Penso chesolo attraverso gesti concreti si possa testimoniare quanto siaimportante stare nel proprio paese e lottare senza aspettare chequalcun altro lo faccia al nostro posto.
Ritengo che sia davvero importante per noi africani, investiresull'istruzione e sulla cultura per liberarci dalle falsi credenze eper creare una coscienza politica che ci aiuti a leggere la nostrastoria e ad abbandonare la rassegnazione di dover essere sempresottomessi. L’ex presidente della Costa D’Avorio, Gbagbo Laurent(tuttora detenuto all’Aja ed incriminato dall’Onu) aveva capito chel’istruzione è il mezzo attraverso cui poter esercitare la vera libertàe democrazia e sostiene l’importanza da parte degli stati africani diavere la propria moneta per rendersi autonomi dal controllo francese.
Nel 2011 è stato arrestato e deposto dai ribelli manovrati dal governofrancese di Sarcozy che temeva potessero avviarsi movimenti diindipendenza da parte della Costa D’Avorio.
Al momento attuale i ministri del governo sono gli stessi ribelli chein cambio del loro servizio hanno ottenuto ruoli di potere ma non sonoassolutamente preparati dal punto di vista politico. Sono però ottimemarionette nelle mani del potere straniero. Ora però pretendono chequanto promesso venga loro dato e perciò sono in atto movimenti dirivolta contro il potere centrale che non rispetta i patti.
Il presidente deposto invece sta ottenendo sempre maggior sostegno eapprovazione da parte della popolazione che vede in lui un amico capacedi andare loro incontro, di condividere le loro fatiche, di educarli aduna coscienza critica. Laurent sta diventando anche un punto diriferimento per tante popolazioni africane e con questo crescenteappoggio da parte dell’opinione pubblica africana, la Francia dovràfare i conti.
Mi sono davvero sentito accolto come unfratello ed è senz’altro questa la più grande ricchezza che un uomopossa avere e che nessuna guerra potrà mai portare via.

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