Reportage dal Cie di Gradisca

A cura della Tenda per la Pace e i Diritti

Gradisca d'Isonzo, venerdì 26 luglio 2013
Venerdì 26 luglio una delegazionedella Tenda per la Pace e i Diritti è entrata al Cie di Gradisca.
In questo reportage il risultato della visita secondo i quattro membridella delegazione che ha organizzato la Campagna LasciateCIEntrare.


"Non è la prima volta che entriamo, sappiamo cosa aspettarci (esappiamo che sarà sempre intollerabile), ma la visita al CIE diGradisca del 26 luglio 2013 ha rilevato una situazione sempre piùdrammatica. L'ingresso, organizzato dalla Campagna LasciateCIEntrare,ha portato all'interno del CIE il parlamentare Nazzareno Pilozzi (SEL),il responsabile nazionale immigrazione di SEL, quattro consiglieri e unassessore della Regione Friuli Venezia Giulia, un assessore del Comunedi Staranzano, due membri di ASGI, quattro di Tenda per la Pace e iDiritti e Gabriella Guido referente nazionale della campagnaLasciateCIEntrare.
Capiamo già molto quando entriamo nel piccolo atrio che porta all'aladelle stanze o meglio alle celle.
Nell'atrio ci sono sei persone, di cui una di loro con le stampelle,una con la mano fasciata e un'altra con visibili tagli al collo.“Trasferitemi, vi prego fatemi trasferire in un altro CIE” –K. H. ciracconta di aver avuto problemi con altre persone. “Nessuna stanza miha accettato” ci spiega, facendoci vedere che la soluzione individuatadall'ente gestore Connecting People è stata farlo dormire da settimanein un corridoio, senza bagno e così ora non può nemmeno lavarsi.
Arriviamo al settore rosso, l'unico in funzione con 67 persone su 68posti. Dalle camere da otto o dieci letti, con bagni, si accede solo adelle gabbie esterne.
È il luogo in cui stanno i trattenuti per tutto il giorno, tranne ilbreve tempo in cui, a piccoli gruppi, possono recarsi ai telefoni amuro dell'atrio, le volte in cui sono chiamati a recarsi negli uffici ocondotti in infermeria.
Anche il cibo, di cui lamentano la scarsissima qualità, viene servitonelle camere poiché la mensa, rimessa a nuovo dopo i danneggiamentidelle rivolte di due anni fa, non viene utilizzata in quanto potrebberappresentare un luogo di assembramento e quindi portare ad un rischiodi rivolta.
Non sono supposizioni nostre, sono le spiegazioni di rappresentanti diPrefettura, Questura e Connecing People, solo pochi minuti dopo averricordato che la struttura è stata costruita (a son di milioni emilioni di euro) per gestire 248 persone!
Le recinzioni esterne alle stanze da poco sono state chiuse anche conuna rete metallica sopra le teste: “Questo è il cielo che vediamo noi”dice un giovane guardando verso l'alto.
L'angoscia ci prende quando l'unica immagine che la mente trova èquella delle gabbie di uno zoo...e quasi ci sforziamo a guardare beneperchè forse ci stiamo sbagliando, no, non ci sbagliamo, non ci sonoanimali dentro, ma uomini.
Iniziamo a parlare con le sbarre che ci dividono, un ragazzo il cuibraccio è completamente segnato da tagli, si alza la maglietta.
“Sto andando fuori di testa, non mi sono mai tagliato così e me nevergogno. Voglio solo andarmene da qui, ho chiesto di essererimpatriato, ho consegnato tutte le carte, ma il passaporto non ce l'hoe il consolato tunisino non mi riconosce come cittadino. Io 18 mesi quinon me li faccio, piuttosto mi ammazzo.”
Guardandoci attorno, ancora “fuori dalle gabbie”, vediamo due personein sedia a rotelle, un altro con le stampelle e ancora tagli ecicatrici.
Chiediamo al responsabile della Prefettura che ci accompagna che ciaprano le celle, le porte si aprono e si richiudono subito alle nostrespalle.
Basta scambiare poche parole per capire chi è qui da più tempo e chi èarrivato da poco. Si distinguono gli sguardi di chi mantiene ancora unpo' di lucidità e vita da quelli spenti e assenti di chi assumepsicofarmaci per riuscire a sopportare la detenzione.
Lo stesso direttore del CIE afferma che con il rinnovo dell'appalto (1aprile 2013) – riconfermato alla Connecting People – in collaborazionecon l'ASS 2, si sta regolamentando l'uso di psicofarmaci e ammette chein precedenza la somministrazione era massiccia, mentre ora riferiscedi una riduzione di circa un terzo. “Li prendiamo, li prendiamo allamattina e alla sera. Anche chi non ha mai preso psicofarmaci prima ,quidentro li chiede. Però adesso se ne vuoi di più ti dicono che non cisono”ci raccontano alcuni ragazzi.
Appare chiaro che l'uso strumentale degli psicofarmaci serve persostenere una situazione di sempre maggiore svilimento umano. Non vi èuna corrispondenza tra ciò che una persona ha fatto (un reato) e unapena (il carcere), perchè il CIE non è un carcere, ma in modo ancor piùspietato vi è la detenzione e l'isolamento totale. Non è consentitopossedere il proprio telefono cellulare e non si ha accesso neppure alibri, giornali e a qualsiasi materiale infiammabile. Per questa stessaragione, le persone detenute non possono neppure avere copia delRegolamento Interno del CIE e nemmeno le informazioni legali suiDiritti dei trattenuti, ci rivela il direttore con una taletranquillità che ci fa pensare che forse non si rende neppure contodella gravità.
S.A. è già stato trattenuto ai CIE di Roma, Milano e Caltanisetta. AGradisca è arrivato 18 mesi fa, la sua detenzione dovrebbe concludersima gli hanno comunicato che, a causa di una fuga avvenuta a dicembre,il trattenimento inizierà da quando è stato ri-catturato.
Come fosse un gioco le cui regole cambiano a seconda dell'estro delmomento.
Ancora da chiarire la presenza di 4 ragazzi che, secondo le carteredatte dalla Questura di Cagliari, dove sono stati soccorsi in mare,sono di cittadinanza siriana. La delegazione ha raccolto la lorovolontà di fare richiesta di protezione internazionale e non si capisceperchè non gli sia stato possibile farla prima, dal momento che sitrovano ormai da molti giorni al CIE di Gradisca.
Alla richiesta di spiegazioni il funzionario della Questura di Goriziaha risposto che secondo loro non si tratta di siriani. Quando abbiamoevidenziato che non è questa la procedura prevista dalla legge, che vagarantito il diritto d'asilo e lasciato l'accertamento a chi di dovere,è stato semplicemente risposto: “Ecco sì, così dopo vedrete che dirannotutti che vengono dalla Siria”.
Sempre più i CIE ricordano la realtà dei manicomi, Istituzioni Totaliche non svolgono la funzione per cui sono state create (si legganotutti i dossier con i dati sulla “efficienza” rispetto arimpatri/esplusioni, mentre siamo in attesa di ricevere quelli sul CIEdi Gradisca), ma luoghi di esclusione di chi è ritenuto un peso sociale.
In questa nuova forma vi è forse una “finezza di tecnica”, che scadenel sadismo, le persone non vengono torurate direttamente, ma si creanoattorno ad esse le condizioni affinchè lo facciano da sole..."

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