“Sentinella, quanto resta della notte?”

La Lettera di Natale 2018

Presentata il 20 dicembre
“Sentinella,quanto resta della notte?”
La Lettera di Natale 2018
Presentata il 20 dicembre

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Nell’iniziare questa Letteraavvertiamo l’esigenza dell’umiltà e del coraggio: la prima comeascolto, condivisione e partecipazione di tante storie e di diversipercorsi; il secondo perché, nel tempo presente, sentiamo conparticolare evidenza che la neutralità è impossibile, che è urgenteesserci, riflettere, prendere posizione con parole e azioni credibili.

Parole e germoglidi speranza
Pur vivendo una preoccupazione che ci addolora, una lettura veritieradella realtà ci consegna alcune esperienze che diventano ragioni disperanza capaci di giustificare l’impegno di ciascuno di noi. È lostesso profeta Isaia che ci invita a rimanere in attesa vigile delmomento in cui le oscurità si diraderanno per lasciare spazio allaflebile luce dell’aurora, che illuminerà quei piccoli germogli disperanza che già intravediamo nel tempo presente. A partire dalle tantepersone che nei diversi ambiti e situazioni personali e comunitarie, divolontariato e di responsabilità professionali e istituzionali, sidedicano e si impegnano ogni giorno con onestà, rettitudine e coerenza,anche al di là del compito strettamente inteso con umanità ecredibilità ammirevoli.
La straordinaria attenzione, partecipazione e tensione emotiva chehanno caratterizzato la visita di Domenico Lucano al Centro Balducci il10 dicembre scorso (400 persone nella sala e altrettante che non sonoriuscite ad entrare) non è stata generica curiosità e neppure solo unappoggio a un’esperienza percepita come positiva. La vicinanzadimostrata nei confronti di quella esperienza ci dice qualcosa di più,ovvero ci parla della volontà di non assuefarsi a un clima fatto diostilità quando non di vero e proprio disprezzo per lo straniero e il“diverso” in generale.
La caparbia storia di Lucano che da vent’anni lotta contro il declinosociale, demografico e culturale della sua piccola comunità vedendonell’arrivo dei migranti l’inizio di una nuova pagina di storia dariconoscere e coltivare, evidenzia una “tenacia del bene” che saparlare ancora a tutti gli uomini e donne di buona volontà spingendolia vivere il presente e a guardare il futuro in modo diverso da ciò cheoggi sembra essere (ma forse non è affatto) il pensiero dominante.
Domenica 7 ottobre 2018 si è svolta la Marcia PerugiAssisi della pace edella fraternità. Oltre centomila persone hanno dato vita ad unastraordinaria giornata d’impegno civile. Di fronte ad una realtà checostringe a fare i conti con problemi sempre più difficili e complessi,partecipare alla marcia della pace e della fraternità ha voluto direvincere l’indifferenza, la rassegnazione, la sfiducia, recuperare lacapacità di pensare, di agire e non solo re-agire, di farlo assieme enon da isolati. E’ stata una giornata importante, bella, emozionante.Giovani, giovanissimi, studenti, insegnanti, scuole, gruppi,associazioni, Enti Locali, Regioni giunte da ogni parte d’Italia,ciascuno con le proprie ragioni e tutti con qualcosa di positivo intesta e tra le mani.
Moltissime le adesioni raccolte dal comitato organizzatore: 990 EntiLocali, Regioni, scuole, gruppi, associazioni provenienti da tutte leRegioni italiane di cui 172 Scuole; 287 Comuni, Province e Regioni; 531Associazioni (116 nazionali, 415 locali).
Sabato 3 novembre a Trieste alcune migliaia di persone hanno formato unlungo corteo per manifestare la contrarietà a ogni forma didiscriminazione e di razzismo. Ugualmente a Roma sabato 10 novembrecentomila persone hanno formato una grande comunità delle differenzeper riaffermare, senza etichette politiche, l’importanza fondamentaledella dignità di ogni persona, dei diritti umani uguali per tutti.Ricordiamo anche le reazioni diffuse alla decisione o ai propositidella separazione degli alunni delle scuole, con una umiliazione per ifigli di stranieri, a Lodi, a Monfalcone, a Trieste, a Codroipo.
Forti reazioni ci sono state e ci sono in tutta Italia, come su tuttoil Pianeta con un’attenzione particolare a quelle che avvengono negliStati Uniti per motivazioni, finalità e grande coinvolgimento,soprattutto dei giovani. Reazioni di contrarietà alla produzione, allavendita e all’uso delle armi, alla politica dei muri, dei fili spinatie dei respingimenti, all’esclusione di milioni di poveri.
Ricordiamo ancora il segno emblematico dell’occupazione di alcuniistituti scolastici a Roma da parte degli studenti: una presa diposizione dei giovani di fronte all’indifferenza o all’impotenza dimolti adulti, per affermare il valore della vita umana, la necessità diinvestire nella scuola pubblica, nelle strutture sanitarie, neitrasporti della città. Il tutto ci fa pensare a quanto il mondogiovanile sia in grado di esprimere, in positivo e già oggi, inpreparazione a quanto accadrà domani, soprattutto per volontà e perscelta delle nuove generazioni. Crediamo sia molto importantepermettere ai giovani di creare luoghi d’incontro e di dialogo, diprogettazione per quello che sarà il futuro della nostra umanità.
Il progetto sociale “Parole o_stili” di sensibilizzazione contro laviolenza nelle parole; nato nella nostra Regione e promosso a livellonazionale si è fornito di un manifesto proprio per una comunicazioneche si sta diffondendo in modo capillare.
Di particolare rilievo sono due segni riguardanti la situazione deidetenuti nelle carceri. A Gorizia, con il Progetto “La città entra incarcere”, i volontari penitenziari hanno coinvolto l’Associazione“Gorizia a tavola” e la Cooperativa “Hanna House” nell’offriregratuitamente il pranzo ai detenuti di via Barzellini nelle domenichedi dicembre e a Natale. Un segno di attenzione e di accompagnamentodella città verso chi ha sbagliato e che, in questi giorni festivi,lontano dalla famiglia, sente più acuto il senso di solitudine nelproprio percorso educativo.
A Udine a fine novembre l’Associazione “Icaro” di volontari per ilcarcere ha consegnato i riconoscimenti del Premio “MaurizioBattistutta” per ricordare questo amico che si è speso per umanizzarele condizioni dei carcerati. È un segno straordinario che abbianoaccolto l’invito a partecipare ed esprimere i propri vissuti nellapoesia, nella prosa e nel disegno centottanta detenuti di molte carceriitaliane: così hanno potuto comunicare con noi e fare in modo che lavoce nel silenzio possa essere ascoltata chiedendo una nostra risposta.
Le parole manifestano chi siamo, anche se mai in modo completo edefinitivo; di per sé sono azioni. In questo momento storico spessodiventano espressione di aggressività e violenza perché non sonoprecedute dall’ascolto che si vive nella relazione. Avvertiamo pertantol’esigenza di purificare le parole, di liberarle dall’inimicizia edalla violenza che ferisce; dalla sconsiderata amplificazionedistruttiva sui social media resa possibile anche da quell’anonimatoche di per sé esclude le relazioni, i rapporti diretti e gli sguardi.
Inoltre per noi è importante interpretare la composizione di questimovimenti: sono una mescolanza, un intreccio di diversità, tanti igiovani, senza segni direttamente riconducibili a partiti politici, amovimenti sociali e culturali, a comunità di fede. Le persone diversesono animate dal sogno di una umanità contraddistinta dal rispettodella dignità di ogni persona con la sua diversità, dalla giustizia,dall’uguaglianza, dall’attenzione alla cultura, a relazionisignificative fra gli esseri umani e tutti quelli dell’ambiente vitale.Per noi cercare di cogliere e di indicare questi “germogli” nellacomplessità di una situazione preoccupante, è un’arte indispensabile ebenefica.

Né indifferenti,né impassibili
Se guardare le situazioni negative può generare tristezza e senso diimpotenza, osservare “i germogli” nutre in noi l’energia interiore perriproporre idealità, dedizione e impegno, per sentirci solidali conl’umanità sofferente il cui grido – come ha affermato nelle scorsesettimane papa Francesco – è talmente forte che emerge la domanda:“Come mai questo grido che sale fino al cospetto di Dio, non riesce adarrivare alle nostre orecchie e ci lascia indifferenti e impassibili?”.
Pur guardando “i germogli” desideriamo condividere la nostra seriapreoccupazione; denunciare alcune situazioni, condividere possibilipercorsi alternativi.

Degrado culturale,etico e politico
Denunciamo il degrado culturale, di quella cultura che riguardal’essere umano, il suo orientamento, le sue convinzioni e decisioni, leazioni e le relazioni con gli altri. Lo rileviamo nelle affermazionipresuntuose, arroganti e violente che pretendono di definire lediversità e le discriminano, come se chi è al di fuori del perimetrostabilito dal pensiero unico e forte non debba avere gli stessi dirittie la stessa considerazione. È molto preoccupante il pensiero negativoche diffonde indifferenza (“me ne frego”) e ostilità fino all’odioverso l’altro: sessualmente diverso, carcerato, nomade, povero,mendicante e soprattutto immigrato.
Come conseguenza si rileva un degrado etico. L’etica dell’attenzionealla dignità e ai diritti di ogni persona, comunità e popolo vienegravemente colpita da chi è al potere e agisce con la presunzione el’arroganza di decidere per il bene comune confondendolo con quelloproprio e della propria parte, anche se verbalmente è coinvolto sempretutto il popolo senza alcuna distinzione.
L’ulteriore conseguenza riguarda la crisi della politica, di quellapolitica definita nella scuola di Barbiana come “l’arte di uscireinsieme dai problemi, perché il resto è egoismo”. Siamo convinti chesolo una continua rinascita culturale nel senso antropologico profondodi umanizzazione della vita, della società, della storia delle personee delle situazioni può essere una strada di salvezza.
Questo processo richiede riflessione, profondità, studio, dialogo,confronto, razionalità umanizzata. Di per sé, poi, esige progetticondivisi, dedizione e impegno per attuarli, e richiama in causal’etica del bene comune e dei diritti umani – presente nellaDichiarazione universale, della quale quest’anno ricorre il 70°anniversario, come nella nostra Costituzione – pretendendo che lapolitica sia ripulita dall’arroganza e dalla forza di un consensoemotivo oggi preoccupante per motivazioni, modalità e diffusione.
Condividiamo con tante e tanti di voi la grave preoccupazione per lescelte a livello mondiale ed europeo, del nostro Paese e della nostraRegione, segnate in modo evidente da discriminazioni a vari livelli. Sipensi alla legge sicurezza riguardo agli immigrati e alle decisioniregionali, in parte già attuate e proposte in prospettiva dirinchiuderli, vanificando l’accoglienza diffusa, in grandi centri direclusione, confermando la logica terribile che per risolvere questioniproblematiche si decide di rendere invisibili le persone coinvoltenelle stesse.
Il problema della sicurezza non riguarda solo la presenza deglistranieri ma tutte e tutti noi: la vita delle persone, la dipendenzadalle sostanze e dal gioco; la viabilità e i trasporti, la madre terrae tutti gli esseri viventi, l’acqua, i fiumi, l’aria, i boschi, lemontagne. Non sarà certo l’attribuzione di un potere salvifico alletelecamere, alle pistole elettriche e ai manganelli a salvare lasicurezza, intesa appunto in senso globale.
A proposito dell’ambiente, ha suscitato impressione, desolazione epreoccupazione l’evento disastroso che ha coinvolto le nostre montagnecon esiti devastanti nei boschi e la distruzione di milioni di piante.Si può definire nuovo per la forza distruttiva e ripropone in modourgente non più procrastinabile la questione del rapporto dell’uomo conl’ambiente vitale, fermandone in modo risoluto qualsiasi sfruttamento eazione che favorisca squilibri, distruzione di ecosistemi, innalzamentodella temperatura.

Identità e fede
La questione dell’identità personale, comunitaria, occidentale,nazionale, cristiana è presente costantemente, riguarda i sovranismi ei populismi, incide sulle scelte personali, politiche, ecclesiali. Leesperienze e le riflessioni pare facciano emergere due concezioni eattuazioni dell’identità.
La prima è quella considerata come un monolite, un blocco unicoformatosi in modo definitivo: eventuali apporti sono solo incremento,rafforzamento a quello che già esiste. In questa concezione e pratica,ogni diverso è percepito come una minaccia, un pericolo per l’integritàintoccabile dell’identità; ne derivano due atteggiamenti: quellodifensivo e quello aggressivo, entrambi animati da violenza latente eanche esplicita. Si sente affermare: “noi siamo occidentali, bianchi,friulani, giuliani, veneti, cristiani, cattolici. Noi ci difendiamo dacoloro che vengono a minacciare la nostra identità, in particolare daimusulmani”. Questo atteggiamento, insieme ad altre cause e motivazioni,porta a costruire muri e fili spinati, ad alimentare la cultura delnemico fino all’avversione e all’odio, a negare in radice l’accoglienzadi ogni altro “diverso”, non solo dei migranti. L’ultimo rapporto delCensis ha evidenziato una società insicura, impaurita e rancorosa.
L’altra concezione e attuazione dell’identità è aperta, libera, indivenire. Nello stesso momento in cui se ne riconosce il nucleoportante, con le caratteristiche proprie, si avverte e si sperimentache può aprirsi, vivere una dinamica continua del dare e ricevere,senza per questo sminuire e diluire il nucleo portante personale,sociale, comunitario. I riferimenti religiosi, se vengono richiamati inmodo corretto e non strumentale, proprio per le loro qualità ecaratteristiche, favoriscono la dinamica dell’apertura dell’identità inun dare e ricevere reciproci.
Dalla fede deriva solo l’identità dell’amore e della donazione, non ilsupporto strumentale e la legittimazione a identità culturali, socialie politiche di chiusura e avversione per le quali si utilizzano in modovergognoso perfino i simboli religiosi per confermare scelte politichee ricercare consenso (diversi sono gli esempi anche nella nostraRegione; ci si può riferire alla vicenda della rimozione delle panchinea Udine per collocarvi il presepe). Seguire l’una o l’altra concezionee pratica dell’identità ha conseguenze, anche religiose, evidenti.

Nella Chiesa enella storia
Ci sentiamo credenti in ricerca e preti in cammino con le persone,nella Chiesa cattolica, cioè universale, e nelle nostre Diocesi in modoconvinto e specie alle volte, anche sofferto.
Siamo preoccupati per la difficile situazione attuale della Chiesa erileviamo che quasi nulla è stato fatto fino ad ora per nuovi ministerie nuove forme di servizio nella Chiesa.
Riteniamo, nel rispetto dell’impegno e delle fatiche, che la questioneprincipale non sia quella del riordino territoriale delle parrocchie maun’altra, fondamentale che spesso per inerzia e pigrizia si supponecome scontata: quali sono i segni che ci rendono credibili come Chiesanell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo di Gesù nella storiaattuale? Cosa diciamo nelle nostre parrocchie e diocesi della Regionerispetto a questo pensiero negativo nei confronti dell’altro diverso,immigrato e non solo? Gesù nella stalla di Betlemme è nato per tuttal’umanità, ha poi annunciato che, innalzato fra cielo e terra nellacrocifissione, avrebbe attratto tutti a sé, tutti senza esclusione dialcuno. Ci sentiamo coinvolti nella Chiesa povera e dei poveri, con leporte aperte, in uscita per abitare le periferie, umile e coraggiosa esempre accogliente.
Sosteniamo e ringraziamo papa Francesco, camminiamo con lui; rileviamoche ancor scarsa è la ricaduta della sua presenza e del suo magisteroin parole e segni nelle Diocesi e nelle parrocchie. La pazienzaevangelica ci lascia però ben sperare che i segnali positivi nel tempotroveranno sempre più accoglienza fiduciosa nelle comunità cristiane.Il Concilio Vaticano II conserva ancora la sua freschezza profetica peraiutare il popolo di Dio a non cadere nella rassegnazione e quindi aincamminarsi con decisione e con gesti concreti verso la realizzazionedel Regno di Dio.

La prospettiva, ladedizione e l’impegno che ci uniscono a tante persone
Ci sentiamo insieme a tante e tanti di voi nel rinnovare il progetto diun’umanità in cui giustizia, pace e salvaguardia dell’ambiente nonrestino declamazione di principi, ma percorsi ed esperienze storiche.
Riteniamo fondamentale l’incontro con le persone tutte, anche concoloro che pensano diversamente da noi, con attenzione a chi è povero,ai margini, affamato, assetato, denudato di dignità e di vestiti,ammalato nel corpo, nell’animo, nella psiche; a chi è carcerato, a chiimmigrato a chi è senza casa, mendicante nelle nostre città e neinostri territori, alla Terra e a tutti i viventi. La vita ci insegnacome sia decisivo l’ascolto che chiede disponibilità interiore, tempo,dedizione. La mancanza di ascolto prepara la violenza.

Vivere la fede
Sentiamo che la fede è dono, grazia, ricerca, dubbio, ancora ricerca esoprattutto affidamento al Dio umanissimo di Gesù di Nazareth che ciguida, ci accompagna e ci sostiene. Non può essere mai separazione,superiorità, presunzione, supponenza, giudizio che esclude, ma – comeci insegna il Natale di Gesù – condivisione completa, incarnazionetotale, giorno dopo giorno.
Gesù nella stalla di Betlemme e nelle Betlemme attuali ci rivela amore,dedizione, fragilità.
Sentiamo come sia importante riconoscere le nostre fragilità per potercondividere quelle altrui. È su questa strada che siamo certi resteràpoco della notte.
Continuiamo a condividere il cammino.

I preti firmatari:
Pierluigi Di Piazza, Franco Saccavini, Mario Vatta, Pierino Ruffato,Paolo Iannaccone, Fabio Gollinucci, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo,Renzo De Ros, Luigi Fontanot, Alberto De Nadai, Albino Bizzotto,Antonio Santin

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