Sui muri

Riflessioni di don Pierluigi Di Piazza

Centro Balducci, novembre 2021

SUI MURI
di Pierluigi DiPiazza
Zugliano, 1 novembre 2021

In questi giorni ho più volte ripensato all’ affermazione con laquale papa Giovanni XXIII nella straordinaria e più che maiattuale enciclica “Pacem in Terris” del 1963 giudica la guerra “alienuma ratione" cioè al di fuori della ragione umana, una pazzia. Subitosi è associata nel mio modo di sentire e riflettere quando è giuntanotizia che 12 paesi dell'Europa hanno indirizzato alla CommissioneEuropea e alla Presidenza di turno del Consiglio Ue questa richiesta: "Chiediamo nuovi strumenti per proteggere le frontiere esternedell'UE di fronte a flussi migratori, anche con il finanziamentoeuropeo di recinzioni e muri”.

È una richiesta assurda e disumana che esprime la mancanzatotale di una visione planetaria dell'umanità, una presunzioneinaccettabile di superiorità, la mancanza di realismo nella constatatainefficacia di tali provvedimenti. Una logica aberrante che non segnasolo una linea di continuità ma una crescita impressionante: quando conesultanza nel 1989 venne abbattuto il Muro di Berlino erano 16le recinzioni in tutto il mondo e oggi sono addirittura 78.La richiesta dei 12 paesi tra cui alcuni aggregati al noto gruppo diVisegrad di fatto cancella il diritto di asilo di cui non si puòneanche presentare la richiesta in quanto il muro lo impediscee per questo nega in modo indistinto le storie delle persone,non le vede, non le incontra, non le considera, tantomeno le accoglie.

Il muro in quanto tale è espressione concreta e brutale didisumanità, di morte, di riduzione delle persone a nemico darifiutare a priori senza nessun fremito di coscienza e distruggendoquanto le leggi e il diritto fino ad ora hanno stabilito. Più volte inquesti anni si è sostenuto che le migrazioni sono il fenomeno piùimportante, decisivo e dirimente della storia umana perché nel loroessere planetarie e riguardare 82 milioni di personeconcentrano in sé stesse le grandi questioni dell'umanità che di fattosono le cause strutturali delle partenze obbligate delle persone:impoverimento, fame, sete, mancanza di assistenza sanitaria, violazionesistematica dei diritti umani, guerre, disastri ambientali.

Riflettendo sulla proposta dei 12 paesi riemerge unaquestione di fondo sempre presente: quale sia il rapporto fra il popoloe i politici che lo governano, In quale grado questi possonoinfluenzare e determinare, interpretare nel caso paure, avversioni,inimicizia, rifiuto dell'altro considerato pericoloso e nemico senzaalcuna considerazione sulle sue drammatiche condizioni di vita. Quanto emergedal basso, quanto viene alimentato dall'alto in una reciprocità chesolamente processi culturali intensi, profondi, lunghi nel tempoinsieme con le nuove generazioni si possono modificare con unripensamento radicale del mondo, delle relazioni, del rapportocon le diversità culturali e religiose.

Una questione permanente riguarda l'esigenza securitaria diciascuna persona e comunità, i confini interiori ed esterni daconsiderare non nella loro rigidità e chiusura fino a farli diventaremuri, ma nella loro porosità, nel passaggio e nelle relazioni dellediversità. L’esperienza della pandemia dovrebbe insegnareugualmente a tutti l’appartenenza alla comune condizione umana che,come continua a dirci lo psicanalista Massimo Recalcati “la libertào è solidarietà o è una pura astrazione perché non cipuò essere salvezza individuale ma solo collettiva".

 

L’importante momento di riflessione da lui proposto in questi giorniad Ancona si intitola con la parola biblica “Kum” cioè risollevarsi,ripartire, riprendere il cammino, tornare a vivere. “Iniziare,dice ancora Recalcati, è già sempre costruire, rendere di nuovopossibile il futuro che sembrava per sempre compromesso dal virus", mapossiamo estendere la considerazione con uno sguardo alla situazioneattuale di tutto il Pianeta. Progettare un mondo nuovo con una economiadi vita e non con una finanza di morte, riconoscere la dignità diogni persona e popolo costruendo con loro condizioni di vitapossibili: giustizia, cibo, acqua, istruzione, salute, terra, lavoro; smetteredi costruire armi, impegnarsi al rispetto concreto di dirittiumani, di un lavoro sicuro, prendersi cura della casa comune.

Domenica scorsa la riuscita sessantesima marcia Perugia-Assisi èstata guidata dall’ I CARE della scuola di Barbiana e ha declinato lapace come cura reciproca per salvare l'umanità e la terra. Irappresentanti dei 12 Paesi che hanno rivolto questa richiesta pensandoai muri come difesa dall'altro negano in modo totale e disumano sia l’ICARE sia la cura. Si vive la consapevolezza che l'impresa di un cambiamentocosì profondo e radicale è ardua ma che in realtà il contributo chepossiamo esprimere qualifica il senso stesso della nostra vita e ci fapassare da disumani a umani.

Siamo chiamati a dare il nostro contributo insieme agli altrigiudicando" alienum a ratione” cioè una pazzia quel documentopresentato qualche giorno fa. Noi siamo nella direzione opposta eviviamo, perché tutto in qualche modo si collega, una fortepreoccupazione per quanto è avvenuto e sta avvenendo nel nostro Paese eguardiamo alla Costituzione così gravemente e facilmente feritacome continuo riferimento fondamentale per la democrazia, l’uguaglianza,la libertà e solidarietà.

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