Anche quest’anno, avvicinandoci al Natale e ricordando Pierluigi DiPiazza, compagno di strada di tanti uomini e donne appartenenti allevarie tribù della terra, vogliamo condividere qualche proposta diriflessione e confronto con ciascuna e ciascuno di voi.
La ricorrenza del Natale si celebra in concomitanza con il solstiziod’inverno, tempo che tutte le culture dell’emisfero settentrionale delpianeta hanno percepito come portatore di un’immensa speranza proprionel momento in cui le tenebre e il freddo sembrano aver sopraffatto laluce e il calore del sole. Da quel momento le giornate si allungano e iraggi della nostra stella sembrano lentamente risvegliare i semi e igermogli di una nuova vita apparentemente sepolti nella terra.
È questo il significato dato dai credenti alla celebrazione dellanotte del Natale e alle suggestive luminarie che decorano alberi,davanzali, vie e piazze cittadine.
La parola chiave è per questo speranza: non un facile e incoscienteottimismo, incapace di riconoscere i problemi e costretto a minimizzarele tragedie personali e collettive che coinvolgono ogni aspetto delcreato, piuttosto la certezza che la forza dell’intelligenza, dellavolontà, della fede profonda in una trascendenza, alla quale si possonoattribuire diversi nomi, può interrompere la corsa verso la catastrofeche sembra caratterizzare il nostro tempo.
La speranza è poi legata all’attesa che coltiviamo dentro di noi eche condividiamo con coloro che accompagnano il nostro cammino: anchela nostra speranza si rinnova nel momento in cui ci accorgiamo di chiincontriamo, quando siamo pronti ad ascoltare e a riconoscere le sueattese.
Se oggi la guerra appare a molti non solo legittima, ma anche utilee, a suo modo, “razionale”, e sembra che a doversi giustificare siapiuttosto la pace, la speranza si trasforma nell’impegno attraverso ilquale ognuna e ognuno di noi, individualmente e insieme, permettono albene di contrastare il male, alla giustizia di vincere l’iniquità, alperdono di cancellare il desiderio di vendetta.
In una società che presenta gravi fenomeni di “violenza diffusa”,quale segno di una profonda crisi delle dimensioni valoriali erelazionali, che invece dovrebbero qualificare la vita delle nostrecomunità, ci sentiamo impegnati a dar vita a una speranzacaratterizzata da una “lotta” quotidiana, combattuta con le armi dellanonviolenza attiva, nella disponibilità – come scriveva Gandhi – aessere colpiti piuttosto che colpire, anche a morire piuttosto cheuccidere, nella consapevolezza di contribuire così a un cambiamentoradicale di quegli interessi e di quei disvalori che conducono allaviolenza e alla guerra. Perché – lo ribadiamo a 60 anni dallapubblicazione dell’enciclica di Giovanni XXIII “Pacem in Terris” – nonesiste una “guerra giusta”; essa è “totalmente irrazionale” (“alienum aratione”).
Per questo ci lasciamo provocare dalle parole e dalle azioni ditante donne e di tanti uomini che nel corso dei secoli hannotestimoniato con la loro dedizione e a volte anche con il loro sanguel’amore e la passione per la pace nella giustizia, rispettando la madreterra e servendo ogni giorno ogni creatura vivente. E ci lasciamointerpellare da quanti, da artigiani della pace, preparano il terrenoper la riconciliazione e la coesistenza nella diversità, come laCommissione per la Verità e la Riconciliazione del Sudafrica, il cuicontributo è stato cruciale nella fase di transizione democratica diquel Paese favorendo il processo di riconciliazione nazionale edivenendo strumento di superamento delle ingiustizie e delle divisionidel passato fondando ogni suo intervento su comprensione, riparazione ecompassione.
Consapevoli della complessità del nostro tempo, ci riconosciamo neiprincipi fondamentali del Vangelo di Gesù di Nazareth che c’invita acompiere il gesto sanamente provocatorio di “porgere l’altra guancia” achi ci percuote, a “donare anche la tunica a chi chiede il mantello”, a“percorrere due miglia con chi domanda la compagnia per un miglio” (cf.Mt 5,38-41).
Restano alcuni fondamentali punti interrogativi: come conciliare ilprincipio che reclama una pace fondata sulla nonviolenza con la volontàdi ostacolare la potenza del male che vuole inghiottire ogni parvenzadi bene? A queste condizioni, come poter coniugare l’accorataconstatazione della realtà con l’appello iniziale alla speranza?
In primo luogo guardiamo con immensa angoscia alla guerra, chesembra essere ritenuta ancora l’unica possibile soluzione allecontroversie fra i popoli e le persone.
In decine di Paesi, in tutti i continenti, l’umana intelligenza èumiliata dal fragore delle armi e l’umanità constata quotidianamente ilproprio fallimento. Il sistema mediatico, dominato dai medesimiinteressi di chi tiene le fila dell’imperante potere economico efinanziario, s’interessa soltanto alle situazioni che più da vicinopossono minacciare il Nord del mondo e per questo l’anno 2023 saràricordato soprattutto per l’assurdo perdurare della guerra tra Ucrainae Russia e, dopo gli sconvolgenti attentati del 7 ottobre scorso, larecrudescenza sanguinosa del conflitto tra Israele e Palestina. Si puòancora tardare nel riconoscere le giuste istanze di libertà eautodeterminazione del popolo palestinese, come del resto già indicatonegli Accordi di Oslo del 1993?
Cosa può fare ciascuno di noi, per partecipare in qualche modoall’impresa di pacificazione e costruzione di nuovi rapporti?
Prima di tutto è necessario informarsi, azione non semplice nellaconfusione estrema d’informazioni che quotidianamente riceviamo. Èimportante conoscere persone che possano trasmettere notizie “indiretta”, che vivono e condividono le situazioni delle realtà inguerra, così come è importante informarsi su coloro che, sperandocontro ogni speranza, già cercano di attivare e perseguire percorsi diriconciliazione.
È poi necessario “essere di parte”, cioè portare in ogni luogofrequentato la proposta di sostenere ogni negoziato e trattativa controogni forma di violenza destinata inevitabilmente a produrre altraviolenza. Crediamo che la partecipazione democratica, nei luoghiprevisti per le decisioni istituzionali come pure nelle manifestazionipubbliche assembleari, possa costituire una valida pressione perorientare l’opinione pubblica e far sentire la propria voce rafforzatadall’elevarla insieme agli altri.
Tutto ciò non toglie l’impegno personale di ciascuno, nei propriambiti di esistenza e di lavoro. A volte anche un sorriso, un gesto diaccoglienza, una mano stretta, una richiesta di perdono offerta oricevuta potrebbero essere dei piccoli momenti in controtendenza ingrado di alleviare, anche se in minima misura, l’immenso peso deldolore che grava sul mondo.
Da questo punto di vista sosteniamo con convinzione le persone chenelle nostre città si adoperano, giorno e soprattutto notte, peraiutare le migliaia di migranti che giungono dalle nostre parti, dopoaver seguito soprattutto la Rotta balcanica. A Trieste da anni c’è chicura le piaghe e le ferite di chi è riuscito ad arrivare in Italia, aGorizia c’è un appuntamento quotidiano con chi è costretto a dormireall’addiaccio, a Udine e Pordenone ci sono altri volontari che siimpegnano fino al limite delle loro forze. Continua nel frattempo illavoro dei Centri di accoglienza come il “Balducci” di Zugliano, deiConsorzi e delle Cooperative, delle Associazioni riunite nella ReteDasi del Fvg per i Diritti, l’Accoglienza e la SolidarietàInternazionale. Con azioni competenti ed efficaci propongonocostantemente a livello politico e agiscono sui territori perpromuovere l’accoglienza diffusa. Alcuni Comuni, troppo pochi nellanostra regione, hanno accettato di amministrare il Sai - ServizioAccoglienza Immigrati, alternativa ai centri affollati.
Questi motivi di speranza inducono a chiedere che finalmente ci siaun impegno da parte dei Paesi dell’Unione Europea non nel cercare imodi per “difendersi” da tanta gente inerme che vuole soltanto trovareil modo di continuare a vivere, ma nell’affrontare serie e importantipolitiche del lavoro, della casa, dei ricongiungimenti familiari.Coordinando un nuovo modo di concepire anche la stessa ComunitàEuropea, sarà possibile contrastare le mafie internazionali, assumendoil controllo dei flussi migratori, attualmente gestiti dalla potenzadell’illegalità mondiale, attraverso lo sfruttamento che coinvolge nonsolo i migranti, ma anche i poveri.
Certo, ci sembra di essere ancora molto lontani da questeprospettive, anzi, si ha la sensazione di un progressivo, ulteriorepeggioramento della situazione. Le persone che ogni notte dormonoall’addiaccio nelle nostre città, spesso sotto la pioggia, quasi sempreal freddo, pongono serie domande sul grado di civiltà delle nostreregioni.
Al di là delle legittime diversità di opinione, il rifiuto dicercare un tetto da mettere a disposizione, la mancata volontà disoccorrere coloro che sono nella necessità, addirittura la denigrazionedei volontari che spendono tempo ed energie per stare accanto ai nuovivenuti, sono segnali molto preoccupanti di un degrado del concettostesso di “umanità”. Dire poi che “aiutare” significa incentivare lemigrazioni, oltre che manifestazione d’ignoranza, è inquietante segnaled’insensibilità.Un bel segnale di speranza per la Slovenia, per ilFriuli Venezia Giulia, il Veneto e le regioni contermini, è laproclamazione e il percorso di avvicinamento di Nova Gorica con Goriziaa capitale europea della Cultura 2025. Luoghi, che per una parte delsecolo scorso hanno visto scorrere tanto sangue nelle guerre e hannosperimentato l’oppressione della dittatura, diventano esempio a livellocontinentale di come sia possibile crescere insieme, nell’armonia enella disponibilità a trasformare le incomprensioni del passato inoccasione di costruzione di un nuovo modo d’intendere il fondamentoeuropeo dell’unità nella diversità. La differenza linguistica eculturale può essere davvero una straordinaria spinta verso l’amiciziafra i popoli.
Ci si augura che questo eccezionale riconoscimento non siainterpretato solo come una semplice opportunità di arricchimento deiComuni coinvolti oppure come la motivazione per un momentaneoabbellimento degli arredi urbani o al massimo per moltiplicareiniziative teatrali o musicali. La capitale europea della Cultura saràtale, se diventerà capitale europea dell’accoglienza e laboratoriointernazionale di giustizia e di pace. Potrebbe essere il luogo in cuis’incontrano le delegazioni di Paesi in conflitto per avviare percorsiverso i trattati di pace. E, con l’aiuto delle Facoltà universitarie edegli altri Centri accademici in Slovenia come in Italia, potrebbeessere la sede della preparazione dei Corpi civili di pace europei.Giovani da tutta Europa e dal mondo potrebbero raggiungere Nova Goricae Gorizia per formarsi a essere professionisti capaci e competenti,pronti a impegnarsi con l’arma della nonviolenza, come forze diinterposizione tra i belligeranti. Il sogno sarebbe la trasformazionedi una delle caserme dismesse e abbandonate, in campus di studio econvivenza per i giovani impegnati in tali percorsi formativi.
Continuando a ritenere indispensabile il superamento delleanacronistiche divisioni tra le Chiese cristiane riteniamo un segno deitempi l’impegno di riconoscimento reciproco fra tutte le formereligiose esistenti nel mondo. Esemplare, in questo tempo appesantitoda gravi conflitti, il momento prolungato di silenzio vissuto alcunedomeniche fa a Trieste dai rappresentanti di tutte le religionipresenti nel capoluogo regionale e protesi sul mare verso ilMedioriente su un Molo Audace affollato da più di millecinquecentopersone, per fare un passo incontro all’altro e accorgerci del suodolore, per dire che Dio, in qualunque modo lo si chiami, non vuolealcuna guerra tra i suoi figli ed è tempo di essere audaci e osare lafraternità, imparando a vivere da fratelli e sorelle.
Inoltre, guardiamo con speranza anche all’attuale momento dellaChiesa cattolica.
L’inconfondibile impronta della parola e dell’azione di papaFrancesco ha portato fino alla celebrazione del “Sinodo sullasinodalità”, una specie di gioco di parole che sottende la coraggiosadecisione di mettere in discussione alcuni finora apparentementeindiscutibili capisaldi della teologia e della prassi della Chiesa.
Sulla scia, ma con maggior consapevolezza rispetto allo stessodettato del Concilio Vaticano II, vengono finalmente messi sotto lalente temi come la costituzione erarchica della Chiesa, ladifferenza “essenziale” tra sacerdozio ordinato e battesimale, ilriconoscimento e la valorizzazione della presenza delle donne, lalibertà di coscienza e la capacità di accoglienza, la compartecipazionealle gioie e ai dolori dell’umanità contemporanea. La scelta per lapace e il disarmo sembra una strada intrapresa e si spera senzapossibilità di ripensamenti, come proposto dall’autorevole magisterodell’attuale vescovo di Roma.
In questa linea vorremmo riproporre ancora l’ormai ultraventennaleVia Crucis da Pordenone ad Aviano, in questi ultimi anni non troppofrequentata, soprattutto dai giovani. Forse con nuove formule e metodi,vorremmo ancora camminare insieme per denunciare la presenza di decinedi armi di distruzione di massa ad Aviano e in altri centri militariregalati dall’Italia agli Usa e alla Nato e preclusi alla liberafruizione delle cittadine e dei cittadini.
A fronte di tutto ciò l’augurio di un buon Natale non può nonpartire dall’immagine di Umberto Galimberti nella quale ci rispecchiamoprofondamente: è quella del “viandante”. Come da viandante celebriamola nascita stessa di Gesù di Nazareth e il prosieguo della sua vita. Adispetto del viaggiatore, interessato alla meta, il viandante incontrail prossimo che è altro da sé, è costretto a fare i conti con ilcammino e le periferie, con la differenza e l’alterità… e trova nella“convivialità delle differenze” il suo futuro, che è il futurodell’umanità, il futuro di una terra segnata dallo shalom.
In questo spirito e con l’obiettivo di alimentare una cultura dellacura e delle relazioni solidali, invitiamo alla 56a edizione dellaMarcia nazionale per la pace che, promossa da Conferenza EpiscopaleItaliana, Azione Cattolica, Caritas Italiana, Movimento dei Focolari ePax Christi, quest’anno si terrà nel pomeriggio di domenica 31dicembre: sarà un cammino transfrontaliero da Gorizia alla Cattedraleslovena di Nova Gorica, accompagnati da interventi e testimonianze perriprendere il passo da viandanti e assumerci la responsabilità didivenire ciascuno nel suo mondo autentico architetto e artigiano dipace e fraternità.
Tudi letos, ko se bližamo božiču in se spominjamo Pierluigija DiPiazze, sopotnika številnih moških in žensk iz različnih narodovzemlje, bi radi z vsakim od vas delili nekaj predlogov za razmislek inrazpravo.
Božič se praznuje ob zimskem solsticiju, ki so ga vse kulture naseverni polobli dojemale kot obdobje, ki prinaša neizmerno upanje včasu, ko se zdi, da sta tema in mraz preglasila svetlobo in toplotosonca. Od zimskega solsticija naprej se dnevi daljšajo in zdi se, dažarki naše zvezde počasi prebujajo semena in poganjke novega življenja,ki se zdijo zakopani v zemlji.
To je pomen, ki ga verniki pripisujejo praznovanju božične noči inosupljivim lučkam, ki krasijo drevesa, okenske police, ulice in mestnetrge.
Ključna beseda tega časa je upanje: ne lahkoten in nezavednioptimizem, ki ni zmožen prepoznati težav in je prisiljen zmanjševatiosebne in kolektivne tragedije, ki zadevajo vse vidike stvarstva,temveč prepričanje, da lahko moč inteligence, volje in globoke vere vtranscendenco, ki ji lahko pripišemo različna imena, prekine tek protikatastrofi, ki se zdi značilna za naš čas.
Upanje je torej povezano s pričakovanjem, ki ga gojimo v sebi in gadelimo s tistimi, ki nas spremljajo na naši poti: tudi naše upanje sepovrne, ko se zavedamo tistih, ki jih srečamo, ko smo jim pripravljeniprisluhniti in prepoznati njihova pričakovanja.
Če se danes vojna mnogim zdi ne le legitimna, ampak tudi koristna inpo svoje »razumna«, in se zdi, da je predvsem treba upravičiti mir, seupanje spremeni v zavezo, s katero vsakdo od nas, kot posameznik in kotdel družbe, omogoči, da se dobrota zoperstavi zlu, pravičnost premagakrivico, odpuščanje pa zatre željo po maščevanju.
V družbi, ki kaže zaskrbljujoče fenomene »razširjenega nasilja« kotznak globoke krize vrednot in odnosov, ki bi morali določati življenjenaših skupnosti, se čutimo zavezani oživljati upanje, ki ga zaznamujevsakodnevni »boj« z orožjem aktivnega nenasilja, v pripravljenosti -kot je zapisal Gandhi - bolje kot pohabiti, je biti pohabljen, ali celobolje biti ubit kot ubiti, z zavedanjem, da s tem prispevamo kradikalni spremembi interesov in vrednot, ki vodijo v nasilje in vojno.Ponavljamo, 60 let po objavi enciklike Janeza XXIII. »Pacem in Terris«,ne le, da »pravična vojna« ne obstaja; je »popolnoma nesmiselna«(»alienum a ratione«).
Zato se pustimo spodbuditi besedam in dejanjem številnih žensk inmoških, ki so skozi stoletja s svojo predanostjo in včasih celo s krvjopričevali o ljubezni in strasti do miru in pravičnosti, spoštovanju matereZemlje in vsakodnevnem služenju vsem živim bitjem. Dovolimo, da nasizzivajo tisti, ki kot obrtniki miru pripravljajo teren za spravo insožitje v različnosti, kot na primer južnoafriška Komisija za resnicoin spravo, katere prispevek je bil ključen pri demokratični tranzicijite države, saj je spodbujala proces nacionalne sprave in postalainstrument za premagovanje preteklih krivic in delitev, pri čemer sovsi njeni posegi temeljili na razumevanju, popravi krivic in sočutju.
Zavedajoč se kompleksnosti našega časa, se prepoznavamo v temeljnihnačelih evangelija Jezusa iz Nazareta, ki nas vabi k temu, da tistemu,ki nas udari »nastavimo še drugo lice«, da tistemu, ki nam hoče »vzetiobleko, pustimo še plašč« in če nas kdo »sili iti eno miljo daleč,pojdimo z njim dve« (prim. Mt 5,38-41).
Še vedno ostaja nekaj temeljnih vprašanj: kako uskladiti načelo, kipoziva k miru, temelječemu na nenasilju, z željo, da bi preprečili močzla, ki želi pogoltniti vsakršno navidezno dobro? Kako v teh razmerahzdružiti iskreno spoznanje resničnosti z začetnim pozivom k upanju?
V prvi vrsti, z neizmerno tesnobo gledamo na vojno, za katero se ševedno zdi, da je edina možna rešitev sporov med narodi in ljudmi. V večdeset državah na vseh celinah je človeška inteligenca ponižana zaradihrupa orožja, človeštvo pa vsakodnevno opazuje svoj neuspeh. Sistemmedijev, ki jih obvladujejo isti interesi kot tiste, ki so na čeluprevladujoče gospodarske in finančne moči, zanimajo le razmere, kinajbolj ogrožajo sever sveta, zato si bomo leto 2023 zapomnili predvsempo absurdnem nadaljevanju vojne med Ukrajino in Rusijo, po grozljivihnapadih 7. oktobra ter po krvavem ponovnem izbruhu spora med Izraelomin Palestino. Lahko še vedno odlašamo s priznavanjem upravičenih zahtevpo svobodi in samoodločbi palestinskega ljudstva, ki so bile izraženeže v sporazumih iz Osla leta 1993?
Kaj lahko vsak od nas stori, da bi na nek način prispeval svoj deležpri vzpostavljanju miru in gradnji novih odnosov?
Najprej se je treba informirati, kar pa v izjemni zmedi informacij,ki jih dobivamo vsak dan, ni lahka naloga. Pomembno je spoznati ljudi,ki lahko posredujejo novice »v živo«, ki živijo in delijo razmere vojnerealnosti, prav tako kot je pomembno izvedeti za tiste, ki v tembrezupnem stanju upajo in že poskušajo aktivirati in nadaljevati potisprave.
Zato je treba »biti pristranski«, tj. povsod, kamor greste, prinestipredlog, da podprete vsako pogajanje in pobude proti vsem oblikamnasilja, ki so neizogibno obsojene na to, da bodo povzročile še večnasilja. Prepričani smo, da je demokratična udeležba na mestih,predvidenih za institucionalno odločanje, in na javnih shodih lahkodragocen pritisk za usmerjanje javnega mnenja in izražanje lastnegamnenja, ki se lahko okrepi, če ga izražamo skupaj z drugimi,
kar pa ne zmanjšuje osebne prizadevnosti vsakega posameznika nasvojem področju bivanja in dela. Včasih so celo nasmeh, gostoljubnost,stisnjena roka, ponujena ali prejeta prošnja za odpuščanje lahkomajhne, skromne geste, ki lahko vsaj malo ublažijo ogromno težobolečine, ki bremeni svet.
S tega vidika srčno podpiramo ljudi v naših mestih, ki se podnevi inzlasti ponoči trudijo pomagati tisočim migrantom, ki prihajajo v našekraje, večinoma po balkanski poti. V Trstu že vrsto let zdravijo ranetistih, ki jim je uspelo priti v Italijo, v Gorici se vsak dansrečujejo s tistimi, ki morajo spati na mrazu, v Vidmu in Pordenonu paso še drugi prostovoljci, ki jim priskočijo na pomoč do skrajnih mejasvojih moči. Medtem se nadaljuje delo sprejemnih centrov, kot je»Balducci« v Zuglianu, konzorcijev in zadrug ter združenj, združenih vmrežo Dasi v Furlaniji Julijski krajini za pravice, gostoljubje inmednarodno solidarnost. S kompetentnimi in učinkovitimi ukrepi nenehnosodelujejo na politični ravni in na terenu, da bi spodbudili razpršenonaselitev migrantov. Nekatere občine, sicer premalo številne v naširegiji, so se dogovorile, da bodo upravljale Sai - Servizio AccoglienzaImmigrati (Služba za sprejem priseljencev), ki predstavlja alternativoprenatrpanim centrom.
Zahvaljujoč tem razlogom za upanje lahko zahtevamo, da se državeEvropske unije končno zavežejo, da ne bodo iskale načinov, kako se»braniti« pred številnimi nezaščitenimi ljudmi, ki želijo le najtinačin za nadaljnje življenje, ampak se bodo lotile resnih in pomembnihpolitik na področju dela, nastanitve in združevanja družin. Zusklajevanjem novega načina pojmovanja celo same Evropske skupnosti sebo mogoče zoperstaviti mednarodnim mafijam in prevzeti nadzor nadmigracijskimi tokovi, ki jih trenutno obvladuje globalne nezakoniteorganizacije, saj izkoriščanje ne vključuje le migrantov, temveč tudirevne.
Seveda se zdi, da smo še vedno daleč od zadanih ciljev; nasprotno,občutek imamo, da se razmere postopoma še poslabšujejo. Ljudje, ki vnaših mestih vsako noč spijo na prostem, pogosto v dežju in skorajvedno na mrazu, so resen pokazatelj problematike vprašanja o stopnjicivilizacije v naših regijah. Poleg legitimnih razlik v mnenjih so zelozaskrbljujoči znaki degradacije samega pojma »človečnosti« tudizavračanje iskanja strehe nad glavo za druge, nepripravljenostpriskočiti na pomoč ljudem v stiski, celo omalovaževanje prostovoljcev,ki porabijo čas in energijo, da bi bili na voljo priseljencem. Reči, da»pomagati« pomeni spodbujati migracije, je poleg tega, da je to izraznevednosti, tudi zaskrbljujoč znak brezčutnosti.
Lep znak upanja za Slovenijo, Furlanijo Julijsko krajino, Benečijoin sosednje regije je razglasitev in približevanje Nove Gorice z Goricopri projektu Evropska prestolnica kulture 2025. Kraji, v katerih je vprejšnjem stoletju v vojnah teklo toliko krvi in ki so bili podvrženizatiranju diktature, so postali zgled, kako je mogoče rasti skupaj, vharmoniji in pripravljenosti preoblikovati pretekle nesporazume v priložnost za novo razumevanje evropskegatemelja enotnosti v raznolikosti. Jezikovne in kulturne razlike solahko zares izjemna spodbuda za prijateljstvo med narodi.
Upamo, da se to izjemno priznanje ne bo razumelo le kot priložnostza bogatenje zadevnih občin ali kot spodbuda za trenutno okrasitev ulicali v najboljšem primeru za množitev gledaliških ali glasbenihprireditev. Evropska prestolnica kulture bo to zares postala, če bopostala evropska prestolnica gostoljubnosti ter mednarodni laboratorijpravičnosti in miru. Postane lahko kraj, kjer bi se sestajaledelegacije držav, ki so v sporu, in bi začele pot k mirovnimsporazumom. S pomočjo univerzitetnih fakultet in drugih akademskihsredišč v Sloveniji in Italiji pa bi lahko bil tudi prizorišče zapripravo Evropske civilne mirovne enote. Mladi iz vse Evrope in izcelega sveta bi lahko prišli v Novo Gorico in Gorico, da bi seusposobili za sposobne in kompetentne strokovnjake, ki bi bili zorožjem nenasilja pripravljeni sodelovati kot posredniki medvojskujočimi se stranmi. Sanje so, da bi eno od neuporabljenih inzapuščenih vojašnic spremenili v študijski in bivalni kampus za mlade,ki se udeležujejo takšnih usposabljanj.
Čeprav še naprej vztrajamo, da je nujno premagati anahronističnedelitve med krščanskimi cerkvami, menimo, da je prizadevanje zavzajemno priznavanje vseh verskih oblik po svetu, znamenje časa. V temčasu hudih konfliktov je bil zgleden daljši trenutek tišine, ki so gapred nekaj nedeljami v Trstu doživeli predstavniki vseh verstev,prisotni v deželni prestolnici, in ki se je raztezal čez morje protiBližnjemu vzhodu na pomolu Audace z več kot tisoč petsto ljudmi, da binaredili korak k drugemu in spoznali njegovo bolečino, da bi rekli, daBog, kakor koli ga že imenujemo, ne želi vojne med svojimi otroci in daje čas za pogum in drznost spoprijateljiti se ter se naučiti živeti kotbratje in sestre.
Z upanjem gledamo tudi na sedanji položaj Katoliške cerkve.Nezgrešljiv vpliv besed in dejanj papeža Frančiška je pripeljal vse dozasedanja »sinode o sinodalnosti«, nekakšne besedne igre, ki se skrivav pogumni odločitvi, da postavi pod vprašaj nekatere doslej na videznesporne temelje teologije in cerkvene prakse. Po njem, vendar z večjozavestjo kot na samem drugem vatikanskem koncilu, so pod drobnogledkončno vzete teme, kot so hierarhična konstitucija Cerkve, »bistvena«razlika med posvečenim in krstnim duhovništvom, priznavanje in krepitevprisotnosti žensk, svoboda vesti in možnost sprejemanja ter soudeležbapri radostih in žalostih sodobnega človeštva. Izbira za mir inrazorožitev je, kot se zdi, izbrana pot, ki jo predlaga sedanji rimskiškof kot vrhovni učitelj in, upajmo, brez možnosti spremembe poti.
V tem duhu bi radi ponovno predlagali zdaj že več kot dvajsetletnikrižev pot Via Crucis od Pordenona do Aviana, ki v zadnjih letih ni bilpreveč obiskan, zlasti med mladimi. Morda bomo z novo vsebino inmetodami hodili skupaj
in tako obsodili prisotnost več deset kosov orožja za množičnouničevanje v Avianu in drugih vojaških oporiščih, ki jih je Italijapodarila ZDA in Natu ter jih državljani ne morejo prosto uporabljati.
Spričo vsega tega želja po veselem božiču ne more ne izhajati izpodobe Umberta Galimbertija, v kateri se globoko zrcalimo: podobe»popotnika«. Kot popotniki praznujemo rojstvo Jezusa iz Nazareta innadaljevanje njegovega življenja. Za razliko od potnika, ki ga zanimacilj, se popotnik sreča z bližnjim, ki je drugačen od njega, se morasprijazniti s potjo in obrobjem, z razliko in drugačnostjo ... in v»dopuščanju razlik« najde svojo prihodnost, ki je prihodnost človeštva,prihodnost dežele, ki jo zaznamuje shalom.
V tem duhu in z namenom spodbujanja kulture skrbi in solidarnihodnosov vas vabimo na 56. narodni pohod za mir, ki bo letos ob podporiItalijanske škofovske konference, Katoliške akcije, italijanskeKaritas, Gibanja fokolarov in gibanja Pax Christi potekal v nedeljo,31. decembra, popoldne. To bo čezmejni pohod iz Gorice do konkatedralev Novi Gorici, ki ga bodo spremljali govori in pričevanja, da bi kotpopotniki stopili v korak in prevzeli odgovornost, da vsak v svojemsvetu postane pristen arhitekt in obrtnik miru ter bratstva.