Tutte noi e tutti noi abbiamo vissuto l’esperienza della morte, con riferimento particolare alle persone care, le lacerazioni, il dolore, gli interrogativi che ha suscitato in noi, le ripercussioni nel profondo del nostro essere riguardo al senso ultimo del nostro vivere: relazionarci, amare, dedicarci, impegnarci, ammalarci, soffrire e morire, quando sarà il nostro momento.L’esperienza della morte è parte della vita, se è vero che riguarda ugualmente tutte le persone, se è destino comune. In realtà diversi, spesso in modo drammatico, sono i tempi e i modi del morire: di fame, sete e mancanza di cure appena nati; di guerre e di mine anti-uomo nell’infanzia; di troppi incidenti stradali in cui sono coinvolti i giovani; di morti sul lavoro; di tante malattie causate da comportamenti e dipendenze, ad esempio dall’alcool, dalla droga, dal fumo; e ancora da inquinamento di cibi e dell’ambiente. La morte comunque non è solo quella biologica; si possono considerare situazioni e condizioni di morte tutte quelle che sminuiscono, sviliscono, feriscono la vita e le sue possibilità: sconferme, fatica di vivere, avvilimento, angoscia, lacerazione dei rapporti, ingiustizie, violenze, guerre, razzismi, usurpazione e distruzione dell’ambiente vitale di tante specie viventi. Il vivere e il morire, la vita e la morte sono dunque in relazione stretta e continua, più di quanto si pensi comunemente e, appunto, un modo meno umano o disumano di vivere provoca morte, produce morte. Non è che eliminando queste cause si possa entrare in un’ipotesi sconsiderata di immortalità, però la riflessione su di esse dovrebbe coinvolgerci in una responsabilità per la vita molto più profonda ed estesa. Resta aperta la questione più grande: cosa avviene nella morte e dopo la morte? Le fedi religiose cosa ci dicono? E il riferimento a Gesù di Nazaret?I Vangeli ci comunicano l’esperienza straordinaria che le donne e gli uomini amiche e amici di Gesù hanno vissuto dopo la sua tragica uccisione sulla croce, dopo la loro fuga e dispersione, in preda alla sfiducia, alla mancanza di prospettiva e di futuro. La fine ignominiosa di Gesù era sembrata la sconfitta e la fine delle sue parole, dei suoi gesti straordinari, autenticamente rivoluzionari. Le stesse donne e gli stessi uomini ora riprendono fiducia, coraggio, speranza; sono di nuovo coinvolti pienamente con la persona e il messaggio di Gesù e attribuiscono questo loro cambiamento profondo, questa inattesa ripresa interiore, questo coraggio agli incontri con Gesù Vivente oltre la morte nei luoghi della quotidianità: la stanza della cena, la strada, la riva del mare, vicino al sepolcro e ancora in altri luoghi.Proprio lui, il Crocifisso è vivo, perché Dio ha accolto la sua vita piena di amore incondizionato, di dedizione al Regno cioè di compassione e vicinanza ai poveri, ai piccoli, ai deboli, agli ammalati, agli esclusi; la sua giovinezza troncata in modo così violento, le sue lotte e i suoi conflitti, la sua fedeltà fino alla morte. Il Padre non lo ha salvato dalla morte, espressione della sua totale coerenza e fedeltà, ma lo ha accolto e riconosciuto in quella morte. Quella forza dell’amore incondizionato inserito nella storia dell’umanità ora continua. Il cambiamento in queste donne e in questi uomini è straordinario e appunto motivato dalla ripresa della relazione con lui; da ora diventa annuncio e testimonianza del suo Vangelo.Egualmente può avvenire per noi: un’accoglienza da parte di Dio che ci salva non dalla morte, ma nella morte. Questa fiducia e questo affidamento in Dio diventano ora e qui, nella nostre relazioni, nelle situazioni della storia, disponibilità e impegno a comunicare e inserire la forza dell’amore che genera vita e speranza nelle situazioni di morte. Vivere la fiducia nella vita oltre la morte significa attuare risurrezioni nella storia e affidarci a Dio che ci accoglierà e salverà nella nostra morte, così come ci incoraggia e sostiene a vivere oggi risurrezioni nella storia, contribuendo al suo cambiamento positivo.