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DOMENICA 07 SETTEMBRE 2008 Vamgelo di Matteo 18, 15-20
Vangelo di Matteo
07/09/2008
DOMENICA 07 SETTEMBRE 2008
IL DIO CHE UNISCE IL DIO CHE DIVIDE
Vangelo Matteo 18, 15-20
Se un tuo fratello ti fa del male, va a trovarlo e mostragli il suo errore, ma senza farlo sentire ad altri. Se ti ascolta, avrai recuperato tuo fratello. Se invece non vuole ascoltarti, fatti accompagnare da una o due persone, perché sia fatto come dice la Bibbia:”Ogni questione si risolva con la testimonianza di due o tre persone. Se non vuole ascoltare nemmeno loro, và a riferire il fatto alla comunità dei credenti. Se poi non ascolterà neppure la comunità, consideralo come un pagano o un estraneo”.”Vi assicuro che tutto quello che voi avrete proibito sulla terra, sarà proibito anche in cielo, tutto quello che voi permetterete sulla terra, sarà permesso anche in cielo. E ancora, vi assicuro che se due di voi, in terra, si troveranno d’accordo su ciò che debbono fare e chiederanno aiuto nella preghiera, il Padre mio che è cielo glielo concederà. Perché se due o tre si riuniscono per invocare il mio nome io sono in mezzo a loro”.
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Tutti noi possiamo raccontare esperienze della nostra vita segnate da particolari difficoltà nei rapporti umani e poi dal superamento parziale, progressivo e anche completo delle stesse o del loro perdurare, con sofferenza interiore o con quella sospensione della relazione più o meno dura, indifferente o anche, almeno ipoteticamente, interlocutoria, lasciando la porta se non aperta, almeno socchiusa. Tutti noi possiamo sbagliare, nel senso di dimostrarci meno attenti, meno umani, o di offendere, mortificare, ferire gli altri: in famiglia, fra le persone amiche, negli ambienti di lavoro, in una comunità, qualsiasi siano la sua dimensione e le sue caratteristiche. Il Vangelo di questa domenica (Matteo18,15-20) con un sottofondo che risente della situazione di quelle comunità primitive, propone un discorso di relazioni nel quale si possano comprendere gli errori, ripensarci, correggerli, ripartire con fiducia ragionevole e con dinamismo positivo. Si prevedono relazioni personali a tu per tu, o nell’ambito di un piccolo nucleo di persone o in quello della comunità più estesa. Si tratta di un percorso molto esigente che pretende fiducia e affidamento, che comprende ascolto profondo, umiltà, capacità di dialogo, anche di quel richiamo amorevole, di quel confronto veritiero da cui traspare preoccupazione sincera, vicinanza e disponibilità gratuite, accompagnamento duraturo. E’ proprio l’esatto contrario della maldicenza del pettegolezzo e anche del richiamo fatto con quella durezza che umilia e sconforta invece che far riflettere e incoraggiare. Quando e come si sperimenta questa correzione amorevole, fraterna in una famiglia, in un gruppo di amici, di volontari; in una comunità? In quante occasioni invece si evidenzia la volontà di competizione, di supremazia, di presunzione dell’ultima parola con atteggiamento aggressivo? Su questa lunghezza d’onda che tocca, come sempre, le dimensioni più profonde del nostro essere, Gesù indica l’importanza del sentire e del decidere in modo comunitario. Mette in relazione la storia e la trascendenza, la terra e il cielo, la connessione fra quanto avviene sulla terra e quanto avviene in cielo: “Vi assicuro che tutto quello che voi avete proibito sulla terra sarà proibito anche in cielo, e tutto quello che voi permetterete sulla terra sarà permesso anche in cielo”. Si supera in questo modo la separazione fra sacro e profano, laicità e fede, spiritualità e materialità per vivere, a partire dalla laicità, dalla materialità e dalla concretezza della storia, l’apertura, il dinamismo, l’ulteriorità e il mistero, come forza profonda che illumina e da vita. E’ nella storia che si decidono le dimensioni permanenti con una pregnanza ed una intensità ancora parziali che via via potranno rivelarsi con maggiore completezza. E anche l’unione nella preghiera non deve essere intesa come un riparo nella nicchia di una religione distaccata dalla responsabilità di operare nella storia per contribuire a renderla molto più umana, ma invece come forza , per la disponibilità e l’impegno. “ E ancora vi assicuro che se due di voi, in terra, si troveranno d’accordo su quel che devono fare e chiederanno aiuto nella preghiera, il Padre mio che è in cielo glielo concederà. Perché, se due o tre si riuniscono per invocare il mio nome, io sono in mezzo a loro”. Sorge subito un interrogativo lacerante: allora noi spesso ci troviamo, celebriamo l’Eucarestia, preghiamo ma non ci riferiamo all’unico Dio se poi, usciti da quei momenti, operiamo scelte, anche opposte riguardo al rapporto con gli altri, al perdono, all’accoglienza di che è diverso, di chi è straniero; riguardo al denaro, al potere, alle armi, alla guerra. Nessun integralismo certo, nessuna pretesa che Dio giustifichi le nostre intenzioni e le nostre scelte; non riusciremo mai ad essergli pienamente fedeli, ma la sua presenza e il suo insegnamento in Gesù sono davvero inequivocabili: è il Dio dei poveri, degli umili, degli oppressi, di coloro che si impegnano per la giustizia, l’accoglienza, la misericordia, la pace…Che senso possono assumere le nostre celebrazioni dell’Eucarestia e le nostre preghiere se poi rendono possibili scelte contrarie? Una drammatica dissociazione, peggio un utilizzo strumentale della religione!
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