Più di qualche volta ci si sente impari e inadeguati rispetto alle grandi questioni dell’umanità: ingiustizie, oppressioni, uccisioni per fame; produzione e commercio delle armi; guerre anche con bambini soldato; pregiudizi; xenofobia e razzismo; eliminazione di specie viventi e distruzione dell’ambiente vitale; egoismi personali e socialmente diffusi; materialismo e consumismo.Questi vissuti diventano ancor più diretti nei confronti di situazioni umane che ci interpellano e ci coinvolgono: storie di malattie fisiche e psichiche, di angosce dell’animo, di marcate difficoltà materiali: economiche, di lavoro, di casa.Come continuare ad alimentare la speranza, a nutrire la disponibilità, l’impegno, la perseveranza? Da dove può venirci la forza interiore così necessaria? Questi vissuti si elaborano dentro di noi coinvolti nei rapporti umani, nella società, nella cultura, nella politica, nelle esperienze religiose, nellaChiesa.Per quanto riguarda quest’ambito non si dovrebbe considerare i numeri delle persone presenti, ma pur tenendo presenti sempre possibili fragilità, egoismi e infedeltà, la qualità umana, culturale, etica, anche nelle parole ma soprattutto nella coerenza delle scelte e dei comportamenti. Si nota oggi una carenza di profezia nella società, nella cultura, nella Chiesa, per non parlare delle compromissioni dell’istituzione religiosa con il potere economico e politico, delle gravissime situazioni riguardanti la pedofilia.La profezia del Vangelo, specie alle volte, può sembrarci troppo elevata e ardua da testimoniare. Anche il testo del Vangelo di oggi (Luca 12, 32 – 48) accoglie questi vissuti.Dopo un nuovo invito a liberarsi dalla bramosia dell’accumulare, dell’avere, dell’esibire, il testo riporta appunto l’esortazione a non avere paura, a confidare, a non misurare le situazioni e gli esiti della disponibilità e dell’impegno profusi con il criterio della quantità, bensì della qualità, della prospettiva, del significato profondo: “Non abbiate paura, piccolo gregge, perché il Padre vostro ha voluto darvi il suo regno”, cioè farvi parte del progetto dell’umanità nuova, della giustizia, della pace, della fraternità per cui l’impegno di ciascuno/a è considerato e valorizzato. Certo le scelte guidate da idealità, fede e speranza devono essere sempre concrete: “Vendete quel che possedete e il denaro datelo ai poveri: procuratevi ricchezze che non si consumano, un tesoro in cielo…Perché dove sono le vostre ricchezze là c’è anche il vostro cuore”. La relazione fra profondità dell’animo e ricchezze, ci conduce a indicarle nell’idealità, nell’utopia calda e coinvolgente, nella cultura come orientamento del vivere, nella disponibilità e nell’impegno per la giustizia, nella generosità gratuita, nella coerenza; nell’amicizia e nell’amore, nella speranza e in una fede religiosa autentica che sollecita, verifica, sostiene. Questi sono i tesori, queste sono le ricchezze che riempiono i cuori e le coscienze dell’autentica umanità. In realtà, un bambino/a, un giovane, un uomo, una donna, un anziano sono considerati ricchi se vivono ed esprimono queste qualità. Questo sentire, pensare e dire, sono già in contraddizione e si pongono in alternativa alla mentalità e al modo di vivere dominanti che affermano ed esibiscono l’egoismo e il materialismo individualista, di gruppo, di una parte del mondo; che affermano continuamente come la ricchezza è costituita dal potere e dall’avere anche con la falsità, la corruzione, lo sfruttamento e l’uso degli altri. I cuori di questa gente non pulsano certo in modo sensibile, trasparente, disponibile, ma sono occupati da trame, insensibilità, disumanità, cinismo. Nella seconda parte del Vangelo si evidenzia l’atteggiamento di fondo indispensabile per continuare a vivere con significato profondo e umano: essere svegli, coscienti, critici, liberi, responsabili; non impigrire, non addormentarsi, non lasciarsi comprare, non vendere la coscienza. Questa è la fonte della forza interiore; la fede autentica, non la religione del conformismo, è una grande possibilità: la speranza si alimenta ai segni positivi che persone, comunità e popoli, anche, anzi, soprattutto in situazioni estreme, continuano a esprimere. Così il nostro cammino continua.