Ciascuna e ciascuno di noi ha depositato nel suo patrimonio interiore le esperienze della morte di persone care e amiche; i vissuti dolorosi, alle volte traumatici e laceranti, altre più comprensibili e pacati, pure se difficili e tribolati.L’esperienza della morte coinvolge e interpella l’amore, l’amicizia, i sentimenti, le relazioni, i progetti vissuti, le condivisioni partecipate, sofferte, arricchenti.Il distacco che la morte provoca lacera proprio il nucleo affettivo profondo e chiede una elaborazione sempre faticosa, che alle volte sembra impossibile: quella di continuare a vivere la presenza della persona cara nella sua assenza.La vita e la morte sono strettamente intrecciate, più di quanto comunemente si pensi: se assumiamo il termine “naturale” si può considerare come siano poche le morti “naturali”, che avvengono cioè al “compimento” dei giorni, come tempo e significato della vita. Troppe morti sono anzitempo e traumatiche, anche come conseguenze di un modo meno umano o poco umano di condurre la vita. Non che eliminando queste cause si entrerebbe in una presunzione di immortalità, ma nella considerazione dell’importanza fondamentale di prendere a cuore la vita nostra e altrui per non essere complici di situazioni di morte.E dopo la morte? Si può ritenere che tutto finisca nella morte e che il ricordo rimanga nelle persone che hanno vissuto insieme nella vita. O che ci sia una Presenza che accoglie la nostra vicenda umana, la riconosce, la purifica, la valorizza nel modo più veritiero e profondo.Il Vangelo di questa domenica ci racconta della morte e della vita ripresa di Lazzaro, amico di Gesù (Giovanni 11, 1-57). Siamo dentro a relazioni profonde: “Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella Maria e a Lazzaro”.Quando viene a sapere della grave malattia dell’amico dopo due giorni Gesù si muove verso la Giudea, anche se i discepoli lo sconsigliano dato che è minacciato di morte.Il dialogo fra lui e i discepoli fa emergere la grande questione del rapporto tra vita e morte; Gesù fa intuire che non è la fine definitiva: “Questa malattia non porterà alla morte, ma servirà a manifestare la gloriosa potenza di Dio e quella di suo Figlio”.Lazzaro muore e molta gente è vicina alle sorelle Marta e Maria per esprimere loro vicinanza e conforto. È Marta che, per prima, affranta, incontra Gesù e gli dice: “Signore, se tu eri qui mio fratello non moriva!” È un’espressione che esprime tanti commenti pronunciati e ascoltati da noi riguardo alle cause, alle situazioni, agli interrogativi delle morti. Ma Maria esprime anche confidenza e affidamento, vissuti auspicabili, ma certo non facili: “ E anche ora so che Dio ascolterà tutto quello che gli domandi”.Gesù nel dialogo commosso si propone come colui che accoglie, alimenta la vita, non abbandona nella morte: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà; anzi, chi vive e crede in me non morirà in eterno”. Marta si affida a Gesù: “Sì, io credo che tu sei il Messia”, poi chiama la sorella Maria che, al vedere Gesù, piange così come le persone che le sono vicine.Gesù è scosso dalla tristezza e dall’emozione; poi davanti al sepolcro, si mette a piangere e suscita il commento commosso dei presenti: “Guarda come gli voleva bene!” Gesù rivela il Dio umanissimo che si commuove e piange. Gesù piange come noi e con noi. Alcuni anche lo criticano per non essere intervenuto ad evitare la morte dell’amico.Gesù prega il Padre, poi chiede che tolgano la pietra tombale, chiama con voce forte Lazzaro ad uscire dal sepolcro: “Lazzaro, vieni fuori!” Poi invita gli amici a liberarlo dalle bende e dal lenzuolo con cui è avvolto e coperto. Lazzaro diventa per noi segno della possibilità della vita oltre la morte; coinvolgimento a liberarci dalle bende che impediscono quotidianamente la vita: chiusure, ingiustizie, discriminazioni, violenze, guerre, disumanità, ferite dell’animo…; a livello personale, delle relazioni, della società, della politica, della Chiesa.Come viene interpretato il segno della vita di Lazzaro dopo la morte? Per diverse persone con partecipazione, gioia, speranza, forza interiore, disponibilità ad operare per la vita.Dagli uomini del potere, a cominciare ad quello religioso, viene interpretato come un segno pericoloso; per loro i segni di novità e di vita che coinvolgono negli ideali, nella partecipazione per il cambiamento vanno mortificati, tacitati e coloro che li propongono emarginati, anche eliminati: “Da quel giorno decisero di far morire Gesù”.