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DOMENICA 11 GENNAIO 2009 Vangelo di Marco 1, 7-11
Vangelo di Marco
11/01/2009
DOMENICA 11 GENNAIO 2009
DENTRO ALLA STORIA GUIDATI DALL’ULTERIORITA’
Vangelo Marco 1, 7 – 11
Alla folla annunziava: «Dopo di me sta per venire colui che è più potente di me; io non sono degno nemmeno di abbassarmi a slacciargli sandali. Io vi battezzo soltanto con acqua, egli invece vi battezzerà con lo Spirito Santo». Proprio in quei giorni, da Nazaret, un villaggio della Galilea, arrivò anche Gesù e si fece battezzare da Giovanni nel fiume. Mentre usciva dall’acqua, Gesù vide il cielo aprirsi e lo Spirito santo scendere su di lui come una colomba. Allora dal cielo venne una voce : «Tu sei il Figlio mio, che io amo. Io ti ho mandato».
*****
Si può condurre un’esistenza abbastanza “regolare”; vivere l’impegno di lavoro, le relazioni in famiglia e con gli amici; assecondare qualche hobby, privi di particolari coinvolgenti e interrogativi, di slanci, di dedizione; tendenzialmente protetti nel proprio mondo, in un ambiente conosciuto e riconoscibile, piuttosto autoreferenziale e chiuso. Si può partecipare occasionalmente a qualche iniziativa benefica, essere sollecitati e rispondere anche a una qualche azione di solidarietà. Si può vivere “tranquillamente” senza consapevolezza cercata e progressivamente acquisita, dentro ad un determinato quadro, senza consapevolezza delle proprie fragilità e dei propri errori, fra i quali prima può esserci l’indifferenza, il vivere come se gli altri con le loro storie di fatiche e di ricchezze non ci fossero. Si può anche fare tanto, ma senza vita interiore, come se in tutto quello che si opera mancasse la forza e il dinamismo vitale; come non ci fosse qualcosa a guardare e a sorreggere; come se non arrivasse un raggio di luce ad orientare e anche a riscaldare. Avvertiamo nella nostra esistenza l’esigenza di una dimensione che si collochi prima del fare, che lo sostenga, lo verifichi, lo rilanci, di un’ulteriorità a cui poterci riferire. Il Vangelo di questa domenica (Marco 1, 7 – 11) ci racconta il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano . Si può certo riflettere sul significato di questa ritualità del lavraco con l’acqua presente in diverse culture ed esperienze religiose per esprimere l’esigenza dell’umanità di purificarsi, di liberarsi dalla suggestione del male che, in modo diverso, porta a situazioni di morte, per scegliere giorno dopo giorno il bene e le situazioni di vita conseguenti nei diversi ambiti e aspetti della storia personale, delle relazioni, della società, delle comunità del Pianeta interdipendenti. Giovanni il Battezzatore provoca e accoglie la volontà di cambiare; lo sforzo di purificarsi, di mettere ordine alla propria esistenza, di approfondire le motivazioni e di indirizzare e correggere le nostre azioni, di migliorare la qualità umana, culturale, etica, religiosa delle nostre persone. Giovanni il Battezzatore dice che dopo di lui viene uno più forte, non certo nel senso della potenza che schiaccia, bensì della forza dello spirito e del cuore che comunica al cuore, alla profondità dell’anima. Ci si può riferire, anche per le piccole, umili esperienze della nostra vita e per quelle apprese dagli altri, a quelle situazioni di intuizione, di coinvolgimento, di acquisita nuova consapevolezza che ci ha aperto nuovi orizzonti, nuove possibilità, che ci ha coinvolti in parole e gesti coraggiosi, prima non prevedibili; in dedizioni prima non considerate, stimolati da prospettive che aprono il cuore e l’intelligenza, che sollecitano ad osare e sostengono in queste nuove imprese. Gesù viene da Nazaret al fiume Giordano e si fa battezzare da Giovanni, si presenta senza segni distintivi, senza privilegi, senza pretese; si mette insieme alla gente come a dichiarare, ancora anonimo, fin da questo suo primo gesto della vita pubblica, la sua collocazione: in mezzo, non al di sopra, non accanto rimarcando una diversità che separa. Ha avvertito via via una progressiva coscienza di sé e della sua missione di annuncio e di inizio di una nuova umanità. Ora ne riceve conferma dall’alto: “Gesù vede il cielo spalancarsi e lo Spirito Santo scendere su di lui come una colomba. Allora dal cielo viene una voce: Tu sei il Figlio mio, che io amo. Io ti ho mandato”. La simbologia esprime il rapporto fra cielo e terra che si rende presente nell’umanità di Gesù; ciò che è veramente umano si eleva e tocca il firmamento; Dio non attende che noi andiamo verso di lui, anche perché spesso da soli non ce la facciamo; è lui che discende verso di noi; la voce dall’alto conferma Gesù e insieme ogni donna e ogni uomo che si coinvolgono come operatori di giustizia e di pace; come comunicatori di quell’amore che può contribuire a salvare l’umanità.
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