Spesso ricordiamo come i rapporti umani siano costitutivi e decisivi nella nostra vita; fonte di energia positiva, di benessere inteso nel senso più profondo, più umano, non principalmente materialista; ed egualmente causa delle sofferenze più intime e profonde. Tutte noi e tutti noi possiamo raccontare queste vicende e i loro esiti ed anche soffermarci su quelle situazioni in cui ci siamo sentiti feriti o in cui abbiamo ferito anche profondamente.Di come si sia posta la questione del perdono: cioè dell’elaborazione interiore delle parole e degli atti subiti e della possibilità di riprendere il dialogo e di riproporre la fiducia. Ed egualmente da parte dell’altra, delle altre persone nei nostri confronti. In una parola: del perdono da esprimere o da ricevere.Il perdono è una dimensione, un atteggiamento, una disponibilità fra le più ardue e difficili; non si può certo pretendere, tanto meno imporre; pare proprio si tratti di un itinerario intimo, suggerito da ispirazioni, insegnamenti e prospettive speciali nei tempi e nei modi.Che cosa perdonare e perché perdonare? Ci sono situazioni quasi quotidiane di incomprensione e tensione che possono sfociare in intemperanze verbali e gestuali; le ferite in questi casi risultano per lo più superficiali e le possibilità di comprensione, di perdono e di fiducia abbastanza possibili e praticate.Ci sono le situazioni molto più delicate delle sconferme nei rapporti profondi di amore e di amicizia, quando la parola data e la fedeltà promessa sono tradite; il dolore allora è lacerante, proprio perché riguarda la profondità dell’essere.Perdonare diventa un’impresa ardua perché significa propriamente rimarginare poco a poco la ferita ricevuta nel nucleo stesso della fiducia. Comporta il ridare fiducia con la fiducia ferita; richiede un’apertura e un credito che possono essere ispirati e sostenuti solo dall’amore, da un amore ferito, ma non completamente distrutto, per cui può generare ancora amore.La disponibilità non deriva principalmente dalla richiesta del perdono e dall’ascolto di promesse, bensì da un’ispirazione, da un moto interiore e gratuita.E’ possibile se si va oltra la norma, oltre il riconosciuto e spesso scontato dare e avere.Ci sono ancora le situazioni terribili di chi perde una persona cara perché uccisa da qualcuno, individuo o gruppo, ad esempio negli anni del terrorismo nel nostro paese; alle persone uccise, a cominciare dai magistrati e dagli agenti dalle organizzazioni mafiose; a quelle vittime delle rapine; ad altre dagli incidenti stradali, in particolare a quelli provocati da chi guida sotto l’effetto di alcool e di droghe; e ancora, a chi muore sul lavoro, direttamente o a seguito di malattie contratte, ad esempio del contatto con l’amianto. E ancora sparizioni e uccisioni di migliaia di persone, come i 30mila desaparecidos in Argentina negli anni della dittatura militare.In questo ambito di riflessioni si può collocare la luce del Vangelo (Matteo 18,21-35).La domanda di Pietro a Gesù esprime la difficoltà a perdonare e vorrebbe in qualche modo limitarla e circostanziarla: “Signore, quante volte dovrò perdonare a un mio fratello che mi fa del male? Fino a sette volte?”. La risposta del Maestro apre all’orizzonte più ampio: “No, non dico fino a sette volte, ma fino a settanta volta sette!”, cioè senza limiti, sempre. E per istruire su questa sensibilità che caratterizza il Regno di Dio, Gesù racconta una parabola, ambientata nella realtà e negli usi delle corti orientali.Un re esige il controllo dell’operato dei suoi amministratori e scopre un ammanco clamoroso causato da uno di loro. La pena prevista? La vendita del debitore fraudolento e della sua famiglia ai mercanti di schiavi e la confisca dei suoi beni. Il re però, mosso a compassione da quell’amministratore in ginocchio e in lacrime davanti a lui: “ha pietà, cancella il suo debito e lo lascia andare”.Quell’uomo inaspettatamente graziato, appena uscito, trova un collega che gli deve una piccola somma che lui esige con durezza e minacce, peggio, facendolo incarcerare senza nessuna compassione. Il re, venuto a conoscenza dell’accaduto, sdegnato per l’insensibilità di quell’uomo a cui aveva condonato un debito enorme, lo condanna con la massima severità. Quale il messaggio? L’intuizione e l’esperienza che Dio, rappresentato da quel re, sempre ci aspetta, ci accoglie, ci perdona, cioè ci corregge amorevolmente e ci incoraggia, dovrebbe orientarci e sostenerci a vivere e praticare una simile disponibilità verso gli altri. E’ importante la disponibilità al perdono che potrà attuarsi in tempi successivi. Non si può vivere per legge; presuppone l’applicazione di una giustizia; non deve mai coprire l’impunità. La verità e la giustizia devono essere sempre applicate senza vendetta. Il perdono si colloca oltre, sul piano dell’amore gratuito.