Domenica 16 dicembre 2007 - (Vangelo, Matteo 11, 2-11)

Vangelo di Matteo

16/12/2007

3° di Avvento

 Esigenza di profezia e coerenza

Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?". Gesù rispose: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me". Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. Egli è colui, del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te. In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

 Dentro alla complessità della storia e della vita; provocati da situazioni tragiche e disumane che interrogano; di fronte all’urgenza e alla vastità delle questioni che chiedono una risposta, può insinuarsi una sfiducia pericolosa, una passività e una rassegnazione, un senso d’impotenza che richiudono nel proprio particolare, un disinteresse verso gli altri e verso la storia. Avvertiamo la necessità di una ragione in più per sperare, per credere, per amare, per dedicarci in modo gratuito per il bene comune, per contribuire alla umanizzazione della nostra vita e della storia. Noi, come esseri umani, non coincidiamo con il presente, siamo tali in quanto superiamo continuamente l’orizzonte del già esistente in attesa di nuove, e non personali soltanto, ma comuni, del genere umano a cui apparteniamo. In realtà i negatori della speranza sono coloro che intendono mantenere il mondo così com’é e per questo si adoperano. La speranza è energia vitale più forte dei fatti e delle evidenze che la sconfermano; per chi vive una fede – ma solo Dio nel profondo lo sa – la speranza alimenta alla presenza e alla parola fedele del Signore che non smentisce se stesso; chi non ritiene di vivere una fede può vivere ugualmente la speranza ricca di memorie, di esemplarità, di forza interiore alimentata e motivata dal fine di costruire un’umanità di giustizia e di pace. In ambedue le situazioni mai codificabili in modo definitivo, ma sempre aperte e in movimento, la verifica sta nella pazienza attiva perseverante e indomabile, nella resistenza, nell’idealità che si rigenera, nella decisione e nella volontà di affrontare le questioni e di contribuire alla loro soluzione. In questo itinerario continuo sono importanti, fondamentali, le relazioni e, in esse, l’esemplarità di alcune persone la cui forza e coerenza illuminano, incoraggiano, sostengono. Giovanni il Battezzatore, come ci racconta il Vangelo di questa 3° domenica, di Avvento (Matteo 11, 2-11) è in prigione: già questa sua condizione è segno della sua fedeltà al vero e della brutalità del potere oppressivo che cerca sempre di tacitare e poi di uccidere i profeti. Sente raccontare delle parole e dei genti di Gesù di Nazaret e manda alcuni dei suoi discepoli a chiedergli se sia davvero Lui il Messia o se l’attesa deve prolungarsi. Gesù risponde agli inviati invitandoli a testimoniare al loro maestro Giovanni le parole che ascoltano e i segni che vedono: “I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono risanati, i sordi odono, i morti risorgono e la salvezza viene annunciata ai poveri. Beato chi non perderà la fede in me”. Decisiva è quindi la testimonianza di quello che realmente di nuovo avviene nella storia delle persone, in situazioni in cui le parole sono seguite, confermate, concretizzate dalle azioni, dai segni. E possiamo avvertire una risonanza positiva profonda nella nostra coscienza quando non ci scandalizziamo di Gesù di Nazaret e del suo rivoluzionario messaggio. In realtà spesso si attenua, si nasconde, si strumentalizza il suo messaggio. La conversione del cuore e della vita, la giustizia, la non violenza attiva, l’accoglienza misericordiosa, la condivisione, la sincerità, la gratuità, la coerenza, la fiducia profonda nel Signore proposte dal Vangelo fanno paura perché chiedono coinvolgimento e fedeltà, coraggio e perseveranza, prove e incomprensioni. Di fatti questa è la linea profetica che anche Giovanni il Battezzatore vive e che Gesù conferma parlando di lui alla folla: “ Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?” La vita ci chiede coerenza; sulle questioni di fondo non si può cambiare a seconda delle situazioni, delle stagioni, delle circostanze. Le attuazioni storiche nella società e nella chiesa purtroppo tradiscono i principi fondativi, quelli ispiratori; i doverosi cambiamenti storici non possono incidere sui riferimenti irrinunciabili: giustizia, uguaglianza, libertà, diritti umani, pace, considerazione della persona umana nella sua interezza e globalità. E Gesù continua: “Che cosa allora siete andati a vedere? Un uomo vestito di abiti di lusso? Ma quelli che portano abiti di lusso stanno nei palazzi del re.” Non si deve vivere in luoghi come i palazzi della politica o della chiesa e anche in altri nei quali si rischia – e gli esempi sono sotto i nostri occhi – di non vedere, di non sentire la vita così come realmente si svolge; di condurre l’esistenza con distacco dai modi concreti dell’essere umano; di diventare autoreferenziali, di parlare senza cognizione esistenziale. Giovanni – afferma Gesù – è un profeta: un uomo coinvolto, appassionato, convinto, deciso; denuncia le situazioni disumane; prospetta la via al cambiamento, vive con coerenza personale il suo annuncio. E’ un modello da guardare e da seguire. Siamo chiamati a decidere, senza tanti distinguo, alibi, fughe, però. Gli impoveriti della storia attendono; altrettanto i respinti, i disprezzati, gli sfruttati; attendono anche tutti gli esseri viventi, tutto l’ambiente vitale; attende ciascuna e ciascuno di noi di viere una vita più significativa, più umana. Per questo siamo chiamati a decidere e a perseverate nella speranza e nella pazienza attiva.

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