DOMENICA 16 NOVEMBRE 2008 Vangelo di Matteo 25, 14-29

Vangelo di Matteo

16/11/2008

DOMENICA 16 NOVEMBRE 2008

SUPERARE LE PAURE PER SAPER OSARE E IMPEGNARSI CON RAGIONEVOLE SPERANZA: LA PARABOLA DEI TALENTI

Vangelo Matteo 25, 14 – 29

 «Così sarà il regno di Dio. Un uomo doveva fare un lungo viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi soldi. A uno consegnò cinquecento monete d’oro, a un altro duecento a un altro cento: a ciascuno secondo le sue capacità. Poi Partì. Il servo che aveva ricevuto cinquecento monete andò subito ad investire i suoi soldi in un affare e alla fine guadagnò cinquecento monete. Quello che ne aveva ricevute duecento fece lo stesso, e alla fine ne guadagnò altre duecento. Invece, quello che ne aveva ricevute soltanto cento scavò una buca in terra e vi nascose i soldi del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone tornò a casa e cominciò a fare i conti con i suoi servi. Venne il primo, quello che aveva ricevuto cinquecento monete d’oro, portò anche le altre cinquecento e disse:” Signore, tu mi avevi consegnato cinquecento monete. Guarda: ne ho guadagnate altre cinquecento”. E il padrone gli disse: “Bene, sei un servo bravo e fedele! Sei stato fedele in cose da poco, ti affiderò cose più importanti. Vieni a partecipare alla gioia del tuo signore.” Poi venne quello che aveva ricevuto duecento monete e disse: “Signore, tu mi avevi consegnato duecento monete d’oro. Guarda: ne ho guadagnate altre duecento”. E il padrone gli disse: ““Bene, sei un servo bravo e fedele! Sei stato fedele in cose da poco, ti affiderò cose più importanti. Vieni a partecipare alla gioia del tuo signore”. Infine venne quel servo che aveva ricevuto solamente cento monete d’oro e disse:” “ Signore, io sapevo che sei un uomo duro, che raccogli anche dove non hai seminato e che fai vendemmia anche dove non hai coltivato. Ho avuto paura, e allora sono andato a nascondere i tuoi soldi sotto terra. Ecco, teli restituisco”. Ma il padrone gli rispose: “Servo malvagio e fannullone! Dunque sapevi che io raccolgo dove non ho seminato e faccio vendemmia dove non ho coltivato. Perciò dovevi almeno mettere in banca i miei soldi e io, al ritorno, li avrei avuti indietro con l’interesse. Portategli via le cento monete e datele a quello che ne ha mille. Perché come dice il proverbio, chi ha molto riceverà ancora di più e sarà nell’abbondanza; chi ha poco, gli porteranno via anche quel poco che ha».

Le esperienze dirette delle nostre vite e quelle conosciute di altre persone e di altre comunità di diversi luoghi del Pianeta ci inducono a riflettere, tra l’altro, su come in tante situazioni, persone e comunità restino relegate in una condizione di passività e di conformismo e invece in altre diventino protagoniste della loro storia. Noi tutti possiamo testimoniare come intuizioni e progetti vissuti con profondità e convinzione non siano stati manifestati e quindi neanche realizzati a motivo di freni, di paure di non essere adeguati, di non riuscire, di essere criticati. La parabola narrata dal Vangelo di questa domenica (Matteo 25, 14 -28) può favorire in noi una profonda riflessione su questa condizione permanente nella nostra vita. È necessario precisare subito che non si tratta di un incoraggiamento al capitalismo, all’accumulo, all’interesse e al privilegio personale o di gruppo o di una parte del mondo; non è da interpretare in una chiave materialistica priva di quella spiritualità e di quella profondità d’animo che conducono alla sapienza . Un uomo benestante che sta per intraprendere un lungo viaggio, chiama i suoi servitori e affida loro i suoi beni, concretamente in denaro, a seconda delle capacità di ciascuno; ad uno affida cinquecento monete d’oro, ad un altro duecento, ad un altro cento. Il primo e il secondo fanno fruttificare la somma fino a raddoppiarla. Il terzo scava una buca in terra e nasconde il denaro affidatogli. Dopo molto tempo il signore ritorna e convoca i suoi servitori per una verifica. Il primo e il secondo gli riferiscono il risultato ottenuto con il loro impegno e da lui ricevono la lode convinta unita alla fiducia di affidare loro compiti ancora più importanti. Il terzo servitore subito si scusa attribuendo la sua inattività alla paura: “ Signore, io sapevo che sei un uomo duro, che raccogli anche dove non hai seminato e che fai vendemmia anche dove non hai coltivato. Ho avuto paura, e allora sono andato a nascondere i tuoi soldi sotto terra. Ecco, te li restituisco”. Egli così si autocondanna nel momento stesso in cui tenta di giustificarsi proiettando la sua paura, forse anche angoscia, in questa immagine che si è fatto del padrone. Quindi la chiave interpretativa della parabola e del conseguente insegnamento per noi è l’atteggiamento della paura interiore che diventa freno, impedimento, inattività, conformismo. Ciascuna persona per dono, per grazia, per ricerca, per impegno è portatrice di sensibilità, qualità, ricchezze, esperienze, professionalità, competenze. È importante poterle esprimere in quel protagonismo positivo che alimenta una presenza positiva nella vita, attribuendole senso autentico e che nello stesso tempo diventa ricchezza umana, culturale, spirituale, professionale per gli altri, per la propria famiglia, la comunità di appartenenza, quella planetaria in cui tutti viviamo uguali e diversi. È fondamentale quindi riuscire a superare, a vincere le paure indotte dalle inibizioni, dalle svalutazioni e dalle sconferme da parte della famiglia, della scuola, dell’ambiente, della società e della Chiesa; dal timore degli altri, di eventuali insuccessi nell’attuazione dei nostri ideali, del nostro osare progetti e situazioni nuove, del nostro sperare nonostante, anzi dentro le difficoltà, sperando contro ogni evidenza. Siamo chiamati ad elaborare e superare la paura dentro noi stessi acquisendo poco a poco fiducia, slancio, disponibilità. La storia, nella concretezza dell’incontro con l’altro, con il diverso, con lo straniero ci chiama ad elaborare e superare le paure per non alimentarle a tal punto che diventano xenofobia, razzismo, scelte di chiusura, come ad esempio la proposta di classi scolastiche di soli stranieri. La Chiesa ufficiale che dovrebbe essere maestra nell’insegnare a vincere le paure, in quanto animata dallo Spirito della vita, spesso si chiude, preoccupata della propria identità ed esistenza e diventa sospettosa e critica severa nei confronti dei segni dei tempi, invece che ascoltare e dialogare. Barack Obama, nuovo presidente degli USA rappresenta la realizzazione di un sogno. Martin Luter King il 23 agosto 1963 nel famoso discorso pronunciato a Washington aveva detto: “Sogno che un giorno i miei bambini possano vivere in un paese che non li giudichi dal colore della loro pelle, ma dalla qualità del loro carattere”. Ann Nixon Cooper la donna nera di 106 anni citata da Obama nel suo primo discorso, figlia di uno schiavo ha affermato: “ È stata la vittoria della speranza sulla paura”. Questo è il senso profondo delle parole conclusive del Vangelo: “Chi ha molto riceverà ancora di più e sarà nell’abbondanza; chi ha poco, gli porteranno via anche quel poco che ha”. Cioè chi vive disponibilità e speranza proprio per questo le nutre; chi si chiude, rischia di chiudersi sempre di più.

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