Tutte e tutti noi possiamo riferirci ad esperienze in cui abbiamo ripreso fiducia, coraggio, iniziativa uscendo da un momento di dolore, di sfiducia, di paura, anche di resa. Quali sono state le motivazioni, le presenze, le parole? Quale l’ambiente, con quali risonanze interiori? Quale l’inizio, la dinamica, le incertezze, le ricadute, la progressione positiva? Si tratta soprattutto di incontri con una persona, o con un gruppo di persone, di comunicazione profonda da cuore a cuore, da anima ad anima; può trattarsi anche di momenti di silenzio interiore, di vibrazione dell’anima, di contemplazione dell’ambiente vitale. Più di qualche volta l’impegno e le faccende quotidiane prima di queste riprese erano sì continuati, ma senza quella energia interiore dell’essere che motiva, anima, verifica, finalizza il fare. La situazione in cui oggi viviamo è particolarmente complessa; motivi di dolore e perplessità non mancano di certo; le vicende personali tribolate si collocano in una situazione generale di difficoltà, anche di sgomento: gli impoveriti nel Pianeta sono aumentati, le guerre continuano; la crisi economica e lavorativa anche nelle nostre società porta perfino al suicidio; le persone deboli, che fanno più fatica a vivere avvertono in modo evidente questa condizione; con la copertura superficiale e illusoria della miglior efficienza, si seguono propositi dissennati, come quello della privatizzazione dell’acqua. E altre situazioni ancora. Pensiamo a comunità che in Africa, in America Latina e altrove sono costrette a raccogliere i loro morti uccisi da violenze inaudite, spesso originate da motivi economici, di accaparramento di ricchezze. Come sia difficile per loro la ripresa della fiducia e della speranza. In questo contesto di riflessione si può collocare il Vangelo di questa domenica (Giovanni 21, 1 – 19) che ci racconta l’incontro di Gesù Vivente oltre la morte con un gruppo di sette discepoli fra cui Pietro, Giovanni e Giacomo. Sono tornati al loro lavoro i pescatori, sul lago di Tiberiade. Sono addolorati e desolati; può essere un’indicazione di questo stato d’animo l’esito totalmente negativo della pesca di quella notte, come avviene a noi quando viviamo dolori e tribolazioni, ansie e tristezze e per questo non riusciamo o ci è molto difficile svolgere i nostri compiti in casa, sul lavoro, in un gruppo, in una associazione, in una comunità di fede. “Era già mattina quando Gesù si presentò sulla spiaggia, ma i discepoli non sapevano che era lui”. E’ proprio vero che la ripresa della fiducia e della speranza non avviene in modo subitaneo e clamoroso, ma di per sé esige momenti, itinerari, chiaro – scuri, incertezze, poi via via, poco a poco maggior consapevolezza e rispondenza interiore positiva, fino ad una disponibilità interiore ad affrontare altre situazioni difficili proprie o altrui, di storie vicine e di altre solo geograficamente lontane. Quel pescatore ancora sconosciuto incita a pescare; loro, esperti del lago sono scettici, ma seguono il suo invito a osare, a provare un’inedita pesca durante il giorno. La pesca è sorprendente per qualità e quantità. Il discepolo Giovanni indica a Pietro che quell’uomo sconosciuto è Gesù Vivo; lo riconosce proprio a motivo di quell’impossibilità diventata ora realtà, concretezza. Si descrive il gruppo attorno al fuoco acceso sulla riva per cuocere il pesce che con il pane diventa condivisione fraterna; “Nessuno dei discepoli aveva coraggio di domandargli: - chi sei? – Avevano capito che era il Signore”. Il timore è quello della sconferma di quanto intuito e creduto, di diventare di nuovo tristi, senza speranza, senza futuro. Gesù a colloquio con Pietro, gli affida il compito di essere riferimento nel gruppo: non è un ruolo di potere gerarchico – sacrale, bensì di servizio umile e disinteressato che ha iscritto in sé la possibilità del martirio. Così per noi la ripresa della fiducia, della speranza, dell’idealità e dei progetti per un futuro umano può essere intuita, favorita, dalla relazione interiore reale e misteriosa con il Mistero di Dio, con Gesù di Nazaret Vivente oltre la morte, con le testimonianze di persone e comunità che resistono, progettano, si dedicano. Un cammino di condivisione cercando e comunicandoci reciprocamente sempre una ragione in più per continuare a sperare.