Nelle storie umane personali, relazionali, familiari, di gruppo, di comunità, tutte noi e tutti noi possiamo raccontare esperienze che hanno visto sogni, progetti, situazioni ritenute impossibili, di fatto poi diventare realtà.E questo riguardo a situazioni dolorose e tribolate da cui sembrava impossibile trovare una via di uscita e di ripresa; e questo riferito a sogni e a progetti la cui realizzazione anche materiale era avvertita come una sfida troppo grande, sproporzionata considerando le forze, i mezzi, il denaro su cui inizialmente si poteva contare. Conosciamo, quindi, per diretta esperienza questo passaggio fra impossibile e possibile e anche il permanere dell’impossibilità o di una parte della stessa. Questa riflessione riceve una particolare illuminazione dal Vangelo di questa 3^ domenica di Avvento (Luca 1,26-38) che ci narra l’annunciazione dell’angelo a Maria e la sua risposta di disponibilità.Un racconto ricco di rimandi interiori, di rapporti fra concretezza e mistero, dubbi e affidamento; sorpresa e disponibilità; così pregnante, significativo ed evocativo da ispirare numerosi poeti e artisti nella storia.La protagonista è Maria, una povera e umile ragazza del popolo di Nazaret, paese insignificante nella geografia dei poteri e dell’importanza: che il messaggero di Dio si rivolga a lei è già un sovvertimento dei criteri consueti per i quali si interpellano persone ritenute importanti. E’ affermare l’importanza della presenza e del protagonismo dei poveri e degli umili con le loro possibilità e qualità, disponibilità e impegno. “Ti saluto Maria! Il Signore è con te: egli ti ha colmata di Grazia”. Maria rimane molto impressionata e si chiede che cosa stia avvenendo; più ancora quando le si propone di diventare madre: “Avrai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”. Alla sua obiezione sull’impossibilità, dato che non vive ancora con il suo fidanzato Giuseppe, l’angelo le dice che sarà opera della presenza avvolgente dello Spirito Santo, di Dio onnipotente, non secondo i criteri della forza ma dell’amore.La nostra riflessione non dovrebbe seguire la curiosità indagatrice sul come questo possa avvenire; né d’altra parte esprimersi in un cieco fideismo: si dovrebbe accettare la provocazione dell’impossibilità che può diventare realtà.Un segno di questo è la gravidanza di Elisabetta, cugina di Maria, ormai ritenuta sterile a motivo dell’età avanzata. “Eppure è già al sesto mese. Nulla è impossibile a Dio”. E possiamo affermare: nulla è impossibile a coloro che si affidano a lui, nutrono la fiducia, la fede in lui che diventano luce, orientamento, forza e dedizione perché le situazioni che si ritengono impossibili diventino realtà. “Eccomi, sono la serva del Signore, Dio faccia con me come tu hai detto”. Maria non è la serva che si sottomette in atteggiamento da schiava, ma colei che si dichiara e si pone concretamente a servizio di un progetto da cui si lascia profondamente coinvolgere, anche se non può conoscerne i successivi passaggi ed esiti.Anche noi siamo chiamati a metterci al servizio di quelle prospettive che ci sembrano impossibili: dai rapporti umani e dalle situazioni esistenziali difficili; alla giustizia unita alla legalità; alla non violenza attiva e alla costruzione della pace; all’accoglienza e alla convivenza delle differenze culturali e religiose; all’attenzione e premura a tutti gli esseri viventi, all’intero creato; ad una considerazione dell’essere umano nella sua globalità costituita dai diversi aspetti dello spirito e della corporeità; ad una Chiesa del Vangelo e del Concilio, riconoscibile soprattutto per le porte aperte a tutte le persone, in qualsiasi situazione esse si trovino. Di fronte a durezze, difficoltà, contrasti, scarsità o mancanza dei risultati attesi, l’impossibilità pare ripresentarsi: “Allora non è proprio possibile, non sarà mai possibile”. E’ il momento di rinnovare fiducia e affidamento, di vivere memorie ed esemplarità, di rimettersi in movimento.