L’esercizio del potere rivela la qualità dell’animo di noi tutti e insieme la qualità delle nostre relazioni umane. Il fascino del potere è seduttivo è coinvolgente perché esercitarlo significa illudersi di essere superiori, forti, decisivi nei confronti dell’altro,degli altri. La dinamica può riguardare anche i rapporti di amore e di amicizia: dominare sull’altro e decidere per lui, comporta un protagonismo decisionista. Cosi nelle professioni che richiedono particolari, competenze, pensiamo alle scienza in generale, alla medicina in particolare, queste stesse possano essere avvertite come potere, confermando l’ equazione negativa di sapere uguale a potere e non invece come sevizio al bene comune a cui il sapere può contribuire in modo cosi significativo. Il poter economico diventa forte e spietato nelle mani e nell’esercizio di pochi che decidono la sorte di migliaia di persone, che per i loro guadagni non si preoccupano di impoverimento, fame, sete, sfruttamento, morte. Il potere politico tante volte viene esercitato come separazione privilegiata a dalla vita delle persone,dai loro problemi reali,quotidiani, in modo autoreferenziale,non relazionale. Anche nelle religioni si esercita un potere, particolarmente pericoloso quando pretende la conferma; anche la santificazione da parte di Dio ; e invece di lasciarsi interpellare, guidare, verificare da Lui, lo si utilizza in modo strumentale per seguire i criteri e le modalità di questo mondo:dunque un potere come gli altri poteri., aggravato da una pretesa sacralizzazione. L’esercizio più grave e disumano del potere e la pretesa di decidere sulle coscienze, con imposizioni e ricatti, di avere diritto di e di morte delle persone. Il Vangelo di questa domenica (Marco 10, 35-45) ci illumina proprio su questa questione, evidenziando conseguenze disumane,proponendo itinerari di umanità. Gesù di Nazaret ha appena annunciato la sua morte violenta nell’affidamento al Padre. Due dei discepoli, i fratelli Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedéo si avvicinano a Gesù per chiedergli quale posto di dirigenza, di comando, di potere Lui pensa di assegnare a loro. Esprimono così l’aspirazione al potere immaginando una conquista e una gestione teocratica: “Quando sarai un re glorioso, facci stare accanto a te, seduti uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Gesù li conduce in una riflessione profonda e chiede loro se sono disponibili a condividere la sua sorte; lo fa riprendendo due riferimenti simbolici:il battessimo come segno di immersione nelle acque della morte per uscirne purificati nell’affermazione della vita; il calice che contiene sia la bevanda di salvezza e di benedizione, sia la bevanda amara della violenza e dell’umiliazione. Dice poi Gesù ai due discepoli: “che lui non può decidere chi sarà seduto alla sua destra e ala sua sinistra: questi posti sono per coloro ai quali Dio li ha preparati.” Come a dire: la preoccupazione non deve essere rivolta ai posti da occupare, ma alla disponibilità e all’impegno; Sarà Dio e Padre a riconoscerli e valorizzarli come solo Lui sa e può. Allora Gesù si rivolge ai discepoli e dice: “Come sapete, quelli che pensano di essere sovrani dei popoli comandano come duri padroni. Le persone potenti fanno sentire con la forza il peso della loro autorità. Ma tra voi non deve essere cosi. Anzi se uno tra voi vuole essere grande si faccia servo di tutti e se qualcuno vuole essere il primo, si faccia il servitore di tutti. Infatti anche il Figli dell’Uomo è venuto non per farsi servire, ma è venuto per servire e per dare la propria via come riscatto per la liberazione degli uomini.” Illuminante ed esigente Gesù di Nazaret: di fronte alle sue parole quante gestioni del potere nella società, nei saperi , nelle scienze, nell’economia, nelle potere nella politica sono da rivedere, da cambiare radicalmente? L’esercizio del potere come servizio è l’unica prospettiva per contribuire al bene comune,ad una umanità più umana. La Chiesa che si riferisce al Vangelo dovrebbe darne per prima l’esempio; molto di più di quello che sta facendo.