Dona ora!
Chi siamo
Mission
Storia
Organizzazione
Ufficio di presidenza
Consiglio direttivo
Gruppi di lavoro
Statuto
Bilancio sociale
Trasparenza
Cosa facciamo
Accoglienza
Biblioteca
Cultura
Convegno di Settembre
Altri eventi
Lettera di Natale
Notiziario
Diritti
Rete DASI FVG
Giustizia
Carcere
Cooperazione internazionale
Fondatore
Biografia
Galleria
Riflessioni
Pubblicazioni
Agenda eventi
Come aiutarci
Diventa socio
Volontariato
Servizio Civile
Donazioni
Contributi
Cibo e vestiario
5 per mille
Lasciti testamentari
Contatti
Contattaci
Dove siamo
Iscrizione newsletter
Sala Petris
Dati tecnici e regolamento
Prenotazione
Parrocchia
Orari Messe
Eventi parrocchiali
Foglio della domenica
Siti amici
Cerca nel sito…
Contiene
Inizia per
E' uguale a
Visualizza
10 records
25 records
100 records
Tutto
Dona ora!
DOMENICA 19 AGOSTO 2012 Giovanni 6, 51-58
Vangelo di Giovanni
19/08/2012
DOMENICA 19 AGOSTO 2012
Gesù di Nazaret nutre il senso
e le decisioni della nostra vita
Vangelo Giovanni 6, 51-58
Io sono il pane, quello vivo, venuto dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà per sempre. Il pane che gli darò è il mio corpo, dato perché il mondo abbia la vita. Gli avversari di Gesù si misero a discutere tra di loro. Dicevano: “Come può darci il suo corpo da mangiare?”. Gesù replicò: “Io vi dichiaro una cosa: se non mangiate il corpo del figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò l’ultimo giorno; perché il mio corpo è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda, Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane unito a me e io a lui. Il Padre è la vita: io sono stato mandato da lui e ho la vita grazie a lui; così chi mangia me avrà la vita grazie a me. Questo è il pane venuto dal cielo. Non è come il pane che mangiarono i vostri antenati e morirono ugualmente; chi mangia questo pane vivrà per sempre”
.
Il brano del Vangelo di questa domenica (Giovanni 6,51-58) propone un ulteriore passaggio della riflessione di Gesù con le persone ritornate da lui dopo l'esperienza inattesa e straordinaria della condivisione dei pani e dei pesci.
Gesù, partendo dal pane mangiato, propone la sua persona come pane, come nutrimento dell'orientamento, del senso della vita, delle dimensioni fondamentali e prioritarie; degli atteggiamenti e delle decisioni, perché lui, incarnando il Mistero di Dio, è vissuto totalmente per gli altri, ha donato per amore la sua vita. Questo può essere il senso delle sue parole "...
se non mangiate il corpo del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita… Questo è il pane venuto dal cielo; chi mangia questo pane vivrà per sempre
…".
E questo, non nella visione di uno spiritualismo evanescente, bensì dentro ai progetti, alle dedizioni, agli impegni, alle fatiche, ai drammi e alle speranze dell'umanità.
Un esempio, fra gli altri possibili, che suscita non pochi e gravi interrogativi, riguarda la pace e la guerra. Sulla rivista Jesus di luglio si può leggere una lunga intervista a monsignor Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l'Italia, responsabile dei 182 cappellani militari, nei diversi "corpi" dell'esercito, età media 48 anni.
Fra l'altro così si esprime: "Essere cristiani ed essere militari non sono dimensioni divergenti, ma convergenti e coerenti, in quanto la condizione militare, in una autentica visione cristiana della vita, trova il suo fondamento morale nella logica della carità; la vocazione della santità del militare rischia di non essere compresa, particolarmente da coloro che esaltano la pace a oltranza". E ancora: "Siamo immersi in una realtà dominata dal peccato… La Chiesa ha sempre tentato di prevenire, evitare e moralizzare la guerra, ma non si è mai lasciata intimorire dinanzi all'esigenza di un confronto concreto, non retorico con essa...; tuttavia, anche nelle guerre, i credenti rispondono alla chiamata universale alla santità, facendo prevalere le virtù sui vizi, gli ideali sulle ideologie, gli interessi comuni su quelli individuali; la vita militare può essere epifania per quei laici che, dediti al servizio della Patria, espletano la loro professione militare come ministri della sicurezza e della libertà dei popoli". Chi sceglie in coscienza la professione militare (tale è oggi) lo fa di fronte a se stesso, agli altri e a Dio. Si possono rispettare le scelte senza condividerle. Ma che un vescovo non esprima neanche un dubbio alla luce del Vangelo, sulle armi e sul loro uso, è incredibile! I cappellani, nell'eventualità della loro presenza, dovrebbero essere volontari, sostenuti dalla Chiesa, non far parte della struttura militare armata. Invece, il vescovo ordinario militare è generale di corpo d'armata (mensile lordo di circa € 9500, 4000 di pensione); il vicario generale è generale di brigata (6mila euro al mese); l’ispettore, il vicario episcopale, il cancelliere e l’economo sono tenenti colonnello (5mila euro al mese) e così via a scalare. Il confronto immediato è con don Tonino Bello, un altro vescovo morto nell'aprile 1993, presidente di Pax Christi. Meditava e scriveva le sue riflessioni, le sue lettere, i suoi appelli per la nonviolenza e la pace nella piccola cappella interna al vescovado, nutrendosi dell'l'Eucarestia. Innumerevoli e appassionati i suoi interventi a contrastare la militarizzazione della sua terra, la fabbricazione e il commercio delle armi, l'assurdità della guerra, strada senza ritorno. E viveva in modo molto umile, sobrio e accogliente. Come è possibile una tale contrastante diversità, partendo dal Vangelo della pace?
Vedi anche