Tutte e tutti noi nella nostra esperienza umana custodiamo nel patrimonio interiore esperienze speciali, perché di particolare intensità, nelle quali abbiamo percepito il “segreto delle cose”: dimensioni, vibrazioni, essenzialità, autenticità, profondità e leggerezza insieme, quella semplicità che coincide con l’immediatezza.Abbiamo, in altre parole, sperimentato la caduta o il superamento, di barriere, schematismi, sovrastrutture, raffigurazioni marcatamente esteriori, apparenti, funzionali a ruoli, rapporti, compiti definiti quasi a prescindere dai soggetti che li vivono.Queste esperienze speciali si iscrivono soprattutto nelle relazioni che sono costituite dalla nostra vita e riguardano l’amore profondo, l’amicizia autentica, la disponibilità e la dedizione gratuite: esperienze in cui ci siamo meravigliati, stupiti di rivelazioni inattese, inedite. Egualmente quando siamo stati raggiunti e illuminati da testimonianze e coerenze ammirevoli di persone, famiglie, gruppi, comunità e abbiamo commentato dentro di noi o con qualche persona amica. “Davvero incredibile, non so, non sappiamo come quella persona, quella comunità riescano a resistere, a continuare a dedicarsi, dove attingano l’energia.” Perché, appunto, vanno oltre la norma, quello che è già stabilito e ha trovato collocazione e figura. Esperienze di profondità speciale si possono vivere ancora nella contemplazione e nel dialogo con gli esseri viventi, con l’ambiente vitale: le montagne, i boschi, i fiori, i fiumi, i mari, i laghi, gli animali, il sole, la luna, le stelle…Percezioni profonde, oltre le figure di una “normalità” così spesso indifferente e superficiale.Anche le esperienze di malattie e di dolore proprie, di persone familiari e amiche ci conducono a scoprire dimensioni nuove, ad andare a cogliere una lettura della vita, delle relazioni, del mondo, delle cose, diversa da prima; ad andar oltre le figure di noi stessi e degli altri conosciute in modo abbastanza rassicurante.Lo sgomento, la rabbia, l’impotenza e la volontà, il coraggio, la resistenza nella malattia possono avviare a scoperte di aspetti propri e altrui inattesi e sorprendenti.Quindi a livello personale, nelle relazioni, negli avvenimenti della storia il bene e il male ci sorprendono e ci rivelano aspetti e profondità prima celati nelle forme conosciute. In quest’ambito di riflessione si può collocare il Vangelo di questa domenica (Matteo 17, 1-9) che ci racconta la trasfigurazione di Gesù sul monte. Quel giorno Pietro, Giacomo e Giovanni hanno potuto intuire la dimensione profonda di Gesù che non riuscivano a percepire nella quotidianità.Il monte su cui si trovano; le vesti e il volto di Gesù splendenti e luminosi; la nube; la voce che indica in quel Gesù “il Figlio mio che io amo. Io l’ho mandato! Ascoltatelo”, stanno ad indicare un’esperienza spirituale profonda, in continuità con la memoria storica rappresentata da Elia e Mosè presenti, e nella discontinuità che Gesù esprime con le sue parole e i suoi gesti di mistico-rivoluzionario. Pietro esprime il desiderio che quella esperienza così intensa possa protrarsi e tutti e tre i discepoli manifestano quella sorpresa timorosa che le esperienze inattese e profonde suscitano. Gesù li rassicura e poi quando scendono dal monte li invita con decisione a non divulgare l’accaduto; ci saranno momenti difficili e oscuri nei quali sarà importante poter attingere alla profondità e alla luce che hanno sperimentato.La trasfigurazione, cioè l’andar oltre alle figure che si presume di conoscere è un’esigenza quotidiana; si potrebbe dire: trasfiguriamo noi stessi, i rapporti, le situazioni sociali, culturali, politiche e religiose per capire le dimensioni vere, autentiche, essenziali, permanenti. Più che mai oggi avvertiamo il bisogno di una generale trasfigurazione.