In altre occasioni si è insieme ricordata una frase scritta del giudice Livatino, ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990, a 38 anni: “Non ci verrà chiesto se siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili”.La credibilità si esprime nella coerenza fra le intenzioni e le azioni; le dichiarazioni, le decisioni, le opere; fra il dire e il fare. E questo in ogni ambito della vita: personale, familiare, culturale, politica, religiosa.Le persone: donne, uomini, comunità che noi sentiamo come maestre e guide; a cui guardiamo per trarre luce, forza, sostegno; a cui nutriamo la nostra idealità, la nostra fede, la nostra speranza, le riteniamo tali proprio a motivo della loro coerenza e credibilità che in sé contengono idealità, passione, coinvolgimento, coraggio, resistenza nelle prove e nelle difficoltà, nei contrasti, nelle avversità, nell’isolamento.Per quanto riguarda l’esperienza della fede è davvero straordinario, ma purtroppo poco frequentato, a cominciare dalla Chiesa gerarchica, il patrimonio di profeti e martiri a cui attingere: dai primi cristiani che sceglievano di essere uccisi piuttosto che impugnare un’arma e far parte di un esercito; a Francesco d’Assisi, ideale dell’uomo nuovo per tutta l’umanità; ai maestri di tante e tanti di noi: dal pastore Bonhoeffer a Edith Stein; da don Primo Mazzolari a don Milani; da p. Turoldo a p. Balducci; da papa Giovanni XXIII che portò la profezia ai vertici dell’istituzione, a don Tonino Bello vescovo profeta e poeta; ai martiri don Diana e don Puglisi; a Falcone e Borsellino, ai tanti altri magistrati uccisi; alle donne e agli uomini delle loro scorte; ad Annelena Tonelli, alla suora martire in Amazzonia Dorothy Stang nel febbraio del 2005; al vescovo martire mons. Romero; ai martiri dell’Africa e di tutti i luoghi del Pianeta: uccisi dai poteri per la loro fedeltà e coerenza per un mondo di giustizia, di uguaglianza e di pace.Essere e diventare veramente umani; essere e diventare veramente cristiani è un’impresa quotidiana che richiede a ciascuno/a di noi riflessione interiore, lavorio su noi stessi, disponibilità, dedizione, verifica delle motivazioni, dei fini, dei comportamenti; rilancio della prospettiva, nutrimento della forza interiore.In questo contesto, mi pare si possa collocare il Vangelo di questa domenica (Luca 12,22-30). Un tale pone a Gesù questa domanda: “Signore sono proprio pochi quelli che si salvano?”. In un passaggio della sua storia la Chiesa ebbe la presunzione di affermare: “Al di fuori della Chiesa non c’è salvezza”. In un dialogo a San Salvador, il teologo della liberazione p. Jon Sobrino mi diceva di riprendere quell’affermazione per modificarla radicalmente: “Al di fuori dei poveri non c’è salvezza”; se cioè non ci coinvolgiamo tutti insieme in un progetto di liberazione, di vita, di giustizia, di pace, di salvaguardia dell’ambiente vitale e di tutti gli esseri viventi, non ci potrà essere salvezza, nel senso pieno e globale della parola.Gesù risponde alla domanda con l’indicazione di una sala da pranzo piena di commensali, per rappresentare la nuova umanità che lui è venuto ad annunciare e iniziare; per entrarvi c’è il passaggio di una porta stretta che cioè chiede riflessione, scelta, decisione, adesione, partecipazione all’umanità raccolta in quel luogo: eterogenea, espressione della diversità, proveniente da tanti luoghi, con tante storie a cominciare da quelle più difficili e tribolate.Proprio per questa accoglienza reciproca un ambiente umano sereno, anche festoso. Però ci sono tante persone che per pigrizia o conformismo o prese da altre occupazioni e preoccupazioni pensano a sé, ai propri interessi e si fermano fuori, presumendo di poter entrare comunque in ogni momento. Ma l’artefice e responsabile di quel grande incontro dirà: “Non vi conosco. Di dove venite?”. Allora quelli diranno: “Noi abbiamo mangiato e bevuto con te e tu sei passato nei nostri villaggi parlando di Dio”. Alla fine egli dirà: “Non vi conosco. Di dove venite? Andate via da me, gente malvagia!”. Così alcuni diranno: “Ci siamo dichiarati cristiani; abbiamo difeso le radici cristiane, l’identità e la cultura cristiana; i valori cristiani, anche opponendoci con forza agli altri, ai diversi da noi”. Il Signore dirà: “Non vi conosco. Queste vostre dichiarazioni hanno coperto le vostre incoerenze, le vostre ingiustizie, i vostri egoismi, le vostre menzogne, anche le vostre corruzioni, il vostro razzismo”. Anzi vi dico: verranno tante persone, da diversi luoghi del mondo e vi insegneranno che cos’è la spiritualità vera, l’attenzione e la disponibilità alle persone, il rispetto per i bambini, le donne, gli anziani; per la terra, l’acqua, gli alberi, tutti gli esseri viventi.Ci sarà un radicale coinvolgimento: tanti di coloro che oggi sono considerati primi saranno ultimi per la loro povertà umana, culturale, spirituale; invece, proprio per la ricchezza di queste dimensioni, le persone considerate oggi ultime saranno prime; nella realtà autentica e profonda della vita e della storia lo sono già.