DOMENICA 24 APRILE 2011 Vangelo di Matteo 28, 1-10

Vangelo di Matteo

24/04/2011

GESU’ VIVENTE OLTRE MORTE
LA VITA CONTINUA
Vangelo di Matteo 28,1-10

Il giorno dopo, all’inizio del primo giorno della settimana, Maria Maddalena e l’altra Maria andarono ancora a vedere la tomba di Gesù. Improvvisamente vi fu un terremoto, un angelo del Signore scese dal cielo, fece rotolare la grossa pietra e si sedette sopra. Aveva un aspetto splendente come un lampo e una veste candida come la neve. Le guardie ebbero tanta paura di lui che cominciarono a tremare e rimasero come morte. L’angelo parlò e disse alle donne: “Non abbiate paura, voi. So che cercate Gesù, quello che hanno inchiodato alla croce. Non è qui, perché è risorto, proprio come aveva detto. Venite a vedere dov’era il suo corpo. Ora andate, presto! Andate a dire ai suoi discepoli: “E’ risuscitato dai morti e vi aspetta in Galilea. Là lo vedrete. Ecco, io vi ho avvisato”.
Le donne partirono subito, spaventate, ma piene di gioia e andarono di corsa a portare la notizia ai discepoli. Ma all’improvviso Gesù venne loro incontro e disse: “Salve!”. Allora si avvicinarono a lui, abbracciarono i suoi piedi e lo adorarono. Gesù disse: “Non abbiate paura. Andate a dire ai miei discepoli di andare in Galilea: là mi vedranno”.

Ciascuno e ciascuna di noi ha vissuto e vive l’esperienza della vita e della morte; della vita nostra e di quella altrui; della morte degli altri come cessazione delle funzioni biologiche vitali, della nostra morte come quelle situazioni che si riferiscono alla morte, che la richiamano: condizioni di malattia grave; di dolori e di sofferenze difficili da sopportare; di avvilimento e di prostrazione, anche di angoscia che portano alle volte a desiderare la morte: “Se continua così è meglio morire!” E poi, le situazioni che di per sé producono morte: fame, sete, mancanza di medicine, guerre, violenze di diverso tipo, dipendenze da sostanze, incidenti sul lavoro e sulle strade, catastrofi “naturali”.
Come interpretare la morte? Che senso attribuirle? E’ proprio l’interruzione definitiva della vita? Che cosa resta della storia di una persona? Come se ne vive la memoria? E come elaborare il dolore per la morte di una persona cara, specialmente se avvertita come grave ingiustizia per i tempi e i modi, per le sue qualità e relazioni significative? E come uscire dalle situazioni di avvilimento, tristezza, angoscia? O almeno come convivere con esse senza soccombere? E come continuare a credere in un mondo di giustizia, di pace, di accoglienza, di attenzione a chi di per sé è più debole e fa più fatica quando ogni giorno si costatano situazioni che smentiscono queste dimensioni e affermano brutalmente le ingiustizie, le violenze e le guerre, il rifiuto dell’altro, la discriminazione di chi è più fragile e affaticato, di chi è escluso, ai margini?
I Vangeli ci raccontano una novità inattesa, clamorosa, straordinaria, come si può leggere nel brano di questa domenica di Pasqua, uno fra gli altri (Vangelo di Matteo 28,1-10). Gesù di Nazaret è morto crocifisso, sul Golgota, fuori dalla città. I suoi discepoli sono scappati impauriti con l’eccezione di uno, Giovanni, che con la madre Maria ed altre donne stava ai piedi della croce. Il dolore è grande, lo sgomento devastante, la paura di fare la stessa fine presente. La situazione più preoccupante è la smentita delle parole e dei gesti di Gesù, il sogno dell’umanità da lui annunciato e praticato.
Pare proprio che con lui su quella croce sia stato ucciso il suo insegnamento; che la pietra del sepolcro si sia chiusa in modo definitivo sul suo corpo martoriato e sul Vangelo, “buona notizia” delle beatitudini da lui annunciato e testimoniato. Pare tutto finito; un sogno affascinante distrutto. Un maestro speciale ucciso. La mancanza di speranza è tangibile: sembra che il potere religioso, politico, economico e militare ancora una volta abbia avuto il sopravvento.
E invece avviene “qualcosa” di inatteso, sorprendente, incredibile.
I Vangeli ci narrano con l’arricchimento delle loro differenze, più volte una situazione egualmente riconoscibile. Le donne, Maria di Magdala ed alcune altre sono protagoniste. Si recano al sepolcro per ungere il corpo di Gesù, interrogandosi su chi potrà aiutarle a rimuovere la pietra sepolcrale.
Con sorpresa si accorgono che è già spostata e che il corpo di Gesù non c’è più. Ci sono gli angeli, i messaggeri del Mistero di Dio che le esortano a non aver paura; che annunciano loro che Gesù è vivo; assegnano loro il compito di andare a riferirlo ai discepoli.
Quale il loro vissuto? Di incredulità, di timore, come i discepoli che non credono alle loro parole di donne. Non è sufficiente costatare il sepolcro vuoto, indispensabile è l’incontro con Gesù Vivente oltre la morte. I Vangeli raccontano questi incontri che avvengono non in modo clamoroso, non in luoghi sacri, bensì in quelli della vita e della storia: al sepolcro per Maria; nella stanza presa in prestito per la cena con gli undici; per altri due sulla strada di Emmaus; per altri in riva al lago…
L’amore incondizionato di Gesù non poteva restare rinchiuso in un sepolcro: “Per la sua fede il Padre lo ha risuscitato dai morti”. Gesù Vivente comunica serenità, forza, speranza per contribuire a un mondo di giustizia, pace, fratellanza. Anche nella nostra vita, nella storia del mondo possiamo via via recuperare la speranza: Gesù cammina con noi; con lui e con noi bambini/e, giovani, donne, uomini di ogni luogo del Pianeta che ogni giorno con fede, amore, disponibilità, dedizione, contribuiscono alle ragioni della nostra speranza.

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