In modo più o meno diretto o indiretto ritorna la questione aperta di che cosa sia davvero importante nella nostra vita, nella storia dell’umanità: e questo in noi e attorno a noi; nelle scelte personali, sociali, culturali, politiche, spirituali.E appunto: la spiritualità, la fede sono davvero importanti; e come , in che senso, con quali coinvolgimenti e conseguenze?Se dovessimo esprimere una successione di priorità, ascoltando la profondità del nostro essere in cui si sono depositate le diverse esperienze delle nostre storie umane probabilmente in una percentuale considerevole così diremmo: l’amore profondo, l’amicizia sincera, la disponibilità, la gratuità, la sincerità, la coerenza. E ampliando a cerchi concentrici diremmo ancora: giustizia, accoglienza, diritti umani uguali per tutti; pace, libertà, responsabilità coerenza; relazione di armonia con tutti gli esseri viventi.E la spiritualità? E la fede? E, nell’itinerario in cui tante e tanti di noi ci riconosciamo, sempre in cammino, sempre in ricerca, il riferimento a Gesù di Nazaret e al suo vangelo? Dovrebbe essere quell’orientamento, quella sensibilità, quella disponibilità interiore, del nostro essere profondo, che sollecita, attraversa, comunica energia e vita a tutte queste dimensioni, le nutre, le anima. Ma è davvero così per noi, per tante persone che si dichiarano cristiane e cattoliche, per la Chiesa in quanto tale?Il Vangelo di questa domenica (Matteo 13, 44-46) con due parabole simili per contenuto, dinamica e finalità intende favorire l’intuizione del Regno di Dio, in altre parole della realtà che Gesù è venuto ad annunciare ed iniziare nelle sue parole e nei suoi gesti; che relaziona nella sua persona l’essere umano a Dio, la storia e la trascendenza, la concretezza della realtà e il mistero; la morte e la vita. Si può tradurre, sempre con il timore di sminuire e impoverire, l’indicazione “Regno di Dio” con “Sogno di Dio sull’umanità” e appunto, con pace, giustizia, accoglienza, fratellanza.Per favorire la comprensione di realtà così importanti Gesù racconta la parabola del tesoro nel campo e della pietra preziosa. Un bracciante agricolo sta arando un campo e inaspettatamente scopre un tesoro: la sorpresa ne coinvolge l’entusiasmo e l’azione per fare il possibile per acquistare quel terreno: “… Pieno di gioia corre a vendere tutto quello che ha e compra quel campo.” Vive la medesima situazione un mercante in cerca di pietre preziose: “ Quando ha trovato una perla di grande valore, egli va a vendere tutto quello che ha e compra quella perla”. Così dovrebbe essere per chi scopre la presenza e il messaggio straordinario di Gesù di Nazaret, intrecciati e coinvolti con le grandi questioni dell’umanità, a cominciare dal senso stesso del nostro vivere, amare, dedicarci, soffrire e morire nel modo più umano possibile. Troppe volte non è così: del tesoro nel campo e della pietra preziosa non ci si accorge, perché offuscati, anche sepolti dall’abitudine, dalla ripetitività… E anche perché la loro scoperta ci rimetterebbe in discussione, in moto… La questione vera, a cominciare proprio dalla Chiesa, è riscoprire Gesù di Nazaret, essere coinvolta, affascinata, appassionata per rendere testimonianza coerente e fedele al suo insegnamento rivoluzionario. Altrimenti tutti i discorsi di programmi pastorali, di nuova evangelizzazione, di inculturazione della fede saranno astratti e lontani dalla vita e dalle storie delle persone. Fintanto che queste non incontreranno fede viva, piena di speranza, libera, coraggiosa, coerente, incarnata in segni che parlano, tutti gli altri tentativi saranno parole vuote e perdita di tempo. Si celebreranno riti anche solenni, impeccabili liturgicamente, ma asettici, lontani dai drammi e dalle speranze delle persone; la storia scorrerà a lato.