Ritorna il Natale, quasi in modo ripetitivo, se non poniamo attenzione ad una memoria profonda, coinvolta, partecipata, con conseguenze per la vita, le decisioni, le relazioni. Viviamo in un momento complesso e difficile per alcune concause, fra le quali i cambiamenti profondi e accelerati riguardanti ad esempio l’inizio e fine vita che pongono questioni etiche come mai prima d’ora; lo sgomento per l’accresciuta povertà del Pianeta e i morti da essa provocati; il riferimento attenuato a relazioni e situazioni ritenute certe e permanenti; l’incertezza per il futuro; la crisi economica e del lavoro; le troppe violenze nelle relazioni e nelle guerre da tanti considerate necessarie; le manifestazioni anche istituzionali e legislative di razzismo; la drammatica situazione ambientale. Non mancano di certo le esperienze di persone, famiglie, gruppi, comunità che proprio dentro a queste grandi questioni vivono esperienze di cambiamento, di giustizia, di condivisione, di non violenza attiva, di accoglienza, di armonia con l’ambiente vitale. Come è successo più volte nella storia, anche e ancor di più in una situazione simile, Dio può essere utilizzato per fondare e legittimare le proprie posizioni di ricchezza, di potere, di violenza, di razzismo. Il Dio del Natale si rivela in modo inequivocabile nella debolezza, nella povertà, nell’esposizione di un bambino; al di fuori dei luoghi del potere economico, politico, religioso, militare…(Luca 2, 1 – 14). È un Dio fragile nel mondo, da incontrare in una grotta dove si ricoverano gli animali; infatti ne contemplano commossi la presenza alcuni pastori, anch’essi ai margini della società. È un Dio bambino, sarà un Dio crocifisso, ancora al di fuori della città. È un Dio che rimette per sempre in discussione tutte le nostre rappresentazioni di lui e in modo inequivocabile tutte le forme di utilizzo della sua presenza e del suo nome per giustificare ricchezza e potere, violenza e guerre, pregiudizi ed esclusioni, materialismo, superficialità e conformismo. È un Dio che rivela il suo essere Dio nell’assunzione e nella comunicazione della sua piena umanità. Per questo è un segno di speranza e di incoraggiamento a ogni situazione umana, a ogni impegno a umanizzare questo mondo.