Possiamo vivere situazioni di particolare intensità, coinvolgimento e illuminazione, anche favorite da intrecci, coincidenze, richiami e rimandi.Ho avuto la grazia di sostare due volte a San Salvador accanto alla tomba del vescovo martire Oscar Romero, e di raccogliermi in commossa preghiera accanto all'altare, proprio dove è stramazzato a terra, colpito al cuore da un proiettile mentre con le mani alzava il pane e il vino dell'offerta nella celebrazione dell'Eucarestia. Erano le 18 e 26 di lunedì 24 marzo 1980, nella cappella dell'hospitalito, un ospedale per una sessantina di ammalati di cancro nel cui ambito lui viveva, in una struttura disarmante per la sua essenzialità. La prima volta la tomba era ancora provvisoria, nella cripta della cattedrale, dove anche ora è collocata, in altro spazio, in modo definitivo, con tanto di "monumento", opera di un artista italiano. In quella prima volta ho notato accanto alla tomba messaggi collocati da persone e comunità che sostavano in quel luogo per momenti di memoria, di preghiera e di riconoscenza. Uno degli scritti riportava questa frase del Vangelo: "se il seme di frumento non finisce sottoterra e non muore, non porta frutto. Se muore, invece, porta molto frutto. Ve l'assicuro. Chi ama la propria vita la perderà. Chi è pronto a perdere la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna". Il seme della testimonianza profetica e coerente del vescovo martire Romero è finito sotto terra, è morto e ha portato e continua a portare molto frutto, soprattutto a motivo dell'esemplarità, del coraggio nell’annuncio, nella fedeltà al Dio di Gesù e alle persone, nella dedizione totale; lui convertito il Vangelo dal suo popolo; convertito ai poveri dalla loro condizione di oppressione e violenza, dai massacri di cui sono vittime, da disincarnato si è incarnato nella storia; da diplomatico e attendista è diventato coraggioso nella denuncia e nella proposta della via della giustizia e del dialogo. Proprio il giorno prima, domenica 23 marzo, durante la celebrazione dell'Eucarestia aveva detto con parole forti e vibranti: "Desidero fare un appello speciale agli uomini dell'esercito e in concreto alla base della guardia nazionale, della polizia, delle caserme. Fratelli! Siete del nostro stesso popolo! Ammazzate i vostri fratelli campesinos! Davanti all'ordine di ammazzare dato da un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice: "non ammazzate!". Nessun soldato è tenuto ad obbedire ad un ordine che va contro la legge di Dio. Una legge immorale, nessuno deve adempierla. E’ tempo che recuperiate la vostra coscienza e ubbidiate alla vostra coscienza piuttosto che agli ordini del peccato. La Chiesa che difende i diritti di Dio, la dignità umana, la persona, non può tacere davanti a tanto orrore. Vogliamo che il governo si renda conto che a niente servono le riforme se si deve attuarle con tanto sangue. In nome di Dio allora, in nome di questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono al cielo sempre più tumultuosi, vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!". Così ha gridato, voce dei senza voce e il potere politico, economico e militare ha deciso definitivamente di soffocare questo denuncia, questa vibrante richiesta.Il Vangelo di questa domenica (Giovanni 12,20-33) riporta proprio il passaggio che riguarda il chicco di frumento che morendo sotto terra favorisce il dispiegarsi della vita. La situazione è collocata a Gerusalemme, poco prima dell’arresto di Gesù. Ci sono alcuni greci che desiderano conoscerlo. Lui avverte, come avvertì il vescovo Romero, la morte violenta imminente: "L'ora è venuta. Il Figlio dell'uomo sta per essere innalzato alla gloria". E poi: "E quando sarà innalzato dalla terra attirerò tutti a me". Si può comunicare agli altri solo donando, coscienti che la vita continuerà; diceva il vescovo Romero: "Sono stato frequentemente minacciato di morte. Come cristiano non credo alla morte senza resurrezione: se mi uccidono risorgerò nel mio popolo salvadoregno. Come pastore sono obbligato, per mandato divino, a dare la vita per coloro che amo, cioè tutti i salvadoregni, anche quelli che mi uccidessero... Se Dio accetta il sacrificio della mia vita che il mio sangue sia semente di libertà e il segno che la speranza si tramuterà ben presto in realtà...".Ieri, 24 marzo, si è vissuto il 32º anniversario del suo martirio. La Chiesa incredibilmente, a differenza di altri discutibili, non lo ha proclamato santo; si sta ancora studiando...Oggi, domenica 25 marzo lo ricorderemo insieme ad altri uomini e donne, comunità, profeti e martiri nella 16^ Via Crucis Pordenone-base Usaf di Aviano per dire no alle armi, a cominciare da quelle atomiche, lì contenute, ai cacciabombardieri, alla guerra e sì alla non violenza attiva, alla giustizia e alla pace.