DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011 Vangelo di Matteo 21,28-32

Vangelo di Matteo

25/09/2011

LA RELIGIONE CHE COPRE LA FEDE CHE COINVOLGE
Vangelo di Matteo 21,28-32

Poi Gesù disse loro: “Vorrei conoscere il vostro parere. C’era un uomo che aveva due figli. Chiamò il primo e gli disse: - Figlio mio, oggi và a lavorare nella vigna. – Ma quello rispose: - No, non ne ho voglia; - ma poi cambiò idea e ci andò. Chiamò anche il secondo figlio e gli disse la stessa cosa. Quello rispose: - Sì, padre, - ma poi non ci andò.
Ora, ditemi il vostro parere: chi dei due ha fatto la volontà del Padre?”
Risposero: “Il primo.”
Allora Gesù disse: “Ebbene, vi assicuro che ladri e prostitute vi passano avanti ed entrano nel regno di Dio. Perché Giovanni il Battezzatore è venuto ad indicavo la strada giusta, ma voi non gli avete creduto; i ladri e le prostitute, invece, gli hanno creduto. E anche dopo aver visto queste cose, voi non avete cambiato idea: avete continuato a non credergli”.

I termini fede e religione si usano in gran parte in modo indistinto. In realtà, memori anche dell’insegnamento di qualche grande teologo e di profeti come padre David Turoldo, l’uso indistinto dei due termini può diventare una importante chiarificazione ed una pedagogia per la ricerca di una fede autentica da vivere, soprattutto con la testimonianza.
Per fede si può intendere quel coinvolgimento che riguarda la profondità dell’essere, “tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente, tutto noi stessi”, come appunto il Vangelo indica “l’amore a Dio”, cioè essere coinvolti da lui, con la immediata e inscindibile incarnazione della disponibilità nei confronti del prossimo e anche con l’attenzione alla stima e alla cura sapiente di se stessi.
La fede che coinvolge la profondità dell’essere orienta il senso della vita, nutre lo spirito, la sensibilità e la disponibilità. Si riferisce alla presenza reale e misteriosa di Dio e per quanto riguarda il nostro percorso, con rispetto a quelli di tante altre persone, a Gesù di Nazaret e al suo straordinario messaggio.
La fede è vita, è provocazione, profezia, dubbio, ricerca, affidamento; porta a decidere e a schierarsi; ad essere coinvolti e impegnati per la giustizia, la non violenza attiva e la costruzione della pace; per l’accoglienza, per l’attenzione e la premura per tutti gli esseri viventi, per favorire spiritualità, dimensioni profonde dell’anima, cultura, arte, poesia, musica. La fede autentica è sempre di liberazione, mai di conservazione, di conformismo e di accettazione delle situazioni meno umane e disumane presenti; la fede ci provoca, ci consola, ci sostiene a vivere, amare, dedicarci, soffrire, morire in modo umano, nel modo più umano possibile.
La religione si può intendere come espressione dottrinale, simbolica, istituzionale, rituale della fede.
Il rapporto tra fede e religione non è scontato, né omogeneo: può darsi una fede tiepida, superficiale e una religione sovrabbondante di dogmatismi e ritualismi, in istituzioni sacrali e clericali. Può darsi una fede profonda che purifica la religione, la rende sobria ed essenziale.
Con tutta probabilità è questa seconda, la dimensione auspicabile: una fede profonda ed una religione semplice, essenziale, leggera nell’espressione perché profonda nei significati.
Si verifica che il potere si ammanta di religione, che la religione si serve del potere e così la fede viene smentita. Spesso ci si dichiara cattolici, cristiani; si invocano le radici e la cultura riferendosi alla religione come forza coagulante, perfino al Crocifisso, anche quando si tratta di respingere l’altro con la sua diversità; quando si decidono le guerre chiamandole missioni umanitarie; ancora quando si invoca in astratto la difesa della vita dalla sua origine al suo termine “naturale” senza ascoltare e considerare le storie delle persone, non per sminuire l’etica, ma per situare principi, convinzioni, scelte dentro ai drammi e alle speranze, alla fatica delle scelte.
Quante volte la Chiesa dichiara questi proclami e poi mostra incoerenze rispetto al denaro, ai possedimenti, riguardo alle guerre e ai privilegi; parole sfumate.
Ci sono sedicenti cattolici e cristiani che hanno osteggiato e osteggiano altri cristiani perché si sentono migliori, pienamente nella verità, anzi suoi difensori.
Ci sono persone che si dicono non credenti e nella loro vita attuano l’insegnamento del Vangelo. L’ideale è quello di una fede profonda e di una coerenza eloquente.
In questo contesto di riflessioni si può collocare il Vangelo di questa domenica (Matteo 21,28-32). Gesù racconta la parabola del rapporto fra un padre e i suoi due figli. Chiama il primo e lo invita a lavorare nella vigna: quello risponde di non averne voglia, ma poi cambia idea e ci va. Il secondo riceve la medesima richiesta; dice al padre che ci va, ma poi invece nei fatti smentisce la sua parola. Richiesti da Gesù, i presenti riconoscono che solo il primo figlio ha attuato la volontà del padre. E Gesù: “Ladri e prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”. Poi si riferisce a Giovanni, al suo appello alla conversione seguito appunto da queste persone, non certo dai sacerdoti, da maestri della legge, dai devoti.
Il primo figlio rappresenta coloro che in modo apparentemente contraddittorio, magari con negazioni dichiarate, attuano la volontà di Dio: la giustizia, la pace, l’accoglienza, la condivisione. Il secondo figlio rappresenta coloro che si dichiarano ripetutamente cattolici e cristiani, ma poi smentiscono questo riferimento con i loro comportamenti.

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