Il momento storico in cui viviamo è indubbiamente di particolare complessità e difficoltà, a cominciare da questa nostra società per raggiungere con cerchi concentrici che si diffondono ed allargano a tutto il Pianeta.Ingiustizie, violenze, guerre, discriminazioni e razzismo; distruzione dell’ambiente; crisi economica, crisi del lavoro con tante persone in cassa integrazione e disoccupate, con riferimento particolare alle nuove generazioni; aumento e diffusione dell’ansia, come segnala l’uso triplicato degli ansiolitici e antidepressivi. Nel nostro Paese con evidenza preoccupante si registra la mancanza di una cultura adeguata; un venir meno dello sdegno e della protesta, uniti a una proposta culturale, etica e politica alternativa di fronte ad una gestione del potere che intreccia arricchimento, illegalità, corruzione, uso delle persone, anzi dei loro corpi.La Chiesa sembra impaurita e piuttosto preoccupata di se stessa e della perdita di vantaggi economici e di potere religioso, piuttosto che della perdita del coraggio della profezia e della forza della testimonianza fedele e coerente.Le generalizzazioni non sono mai veritiere e quindi è importante indicare ed evidenziare l’idealità, la disponibilità, l’onestà, l’impegno e la rettitudine di molte persone nelle famiglie, nelle scuole, negli ospedali, nelle istituzioni e nella politica; nelle comunità di fede.L’incertezza che si avverte è pericolosa perché può indurre a rassegnazione, a conformismo, a sensazione di impotenza.Ha senso la speranza? Quali sono le ragioni della speranza? Le speranze nutrono le attese della loro attuazione, anche se parziale. Ma quali sono le nostre attese, le attese dell’umanità? Indubbiamente sono diverse a seconda delle situazioni storiche, delle condizioni esistenziali: personali, familiari, di comunità, di popolo, in una umanità, sempre più interdipendente.Pensiamo a chi non ha il cibo e l’acqua con cui nutrirsi; a chi, colpito da una malattia, attende gli esiti delle cure intraprese e alle persone, familiari e amiche, che condividono la situazione; a chi è licenziato, disoccupato, in cerca di lavoro, con attenzione particolare ai giovani; a chi vive in carcere e spera almeno di poter comunicare con qualcuno; a chi è immigrato, sulla strada, senza lavoro, partito dalla propria terra con la speranza di un miglioramento per sé e per la propria famiglia; oggi, in questa situazione, quella speranza è smentita.Il Vangelo di questa domenica (Matteo 24,37-44) ci esorta ad essere vigilanti nelle situazioni della vita e della storia, cioè attenti, disponibili a osservare, approfondire; ad essere informati, coscienti, liberi, critici, responsabili.Quest’atteggiamento, questa sensibilità e queste attitudini vanno vissute nel leggere e verificare le nostre attese per l’avvento di un nuovo mondo, di una nuova umanità in cui si vivano la giustizia, la libertà, la pace, l’accoglienza, la fratellanza.L’attesa di questo progetto di umanità diventa impegno per la sua realizzazione ed evidenzia la mancanza di etica e la disumanità delle attese privilegiate, autoreferenziali, fittizie, superflue, separate dalla vita e dalle attese di gran parte delle persone.Scopre anche l’irresponsabilità di atteggiamenti, azioni, gesti che si collocano su un piano diverso della realtà, come se questa non esistesse, o fosse ben diversa; senza considerare in modo veritiero quello che sta avvenendo e quello che come conseguenza, potrà avvenire.Il Vangelo si riferisce ai tempi di Noè quando la gente continuò a vivere come se nulla di grave potesse avvenire, anzi deridendo Noè che stava preparando l’arca della salvezza. “Nessuno si rese conto di nulla, fino al momento in cui venne il diluvio…” “Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà quando voi non ve lo aspettate”.Ogni giorno passa il Figlio dell’Uomo nelle persone, nei segni dei tempi che ci interpellano: l’essere attenti, vigilanti, svegli, pronti è la condizione indispensabile per risposte umane significative.