L’attesa è la dimensione costitutiva della nostra esperienza umana; se non si attende nulla incombe il senso del vuoto e dell’apatia, della morte interiore e di conseguenza alle volte anche di quella fisica causata dall’angoscia dell’animo. L’attesa si nutre di fiducia e di speranza ragionevole che sostengono la pazienza attiva propria di chi vive la profondità e l’intensità degli ideali, cerca di attuarli e nell’incontrare contrasti e difficoltà, animato da convinzioni profonde, trova il senso e la forza di continuare.
Le attese sono diverse a seconda delle situazione della vita delle persone: età, povertà, malattia o benessere discreto; solitudine o relazioni soddisfacenti, reclusioni, dipendenze,, emarginazioni o appartenenza positiva ad una famiglia, ad un gruppo, ad una comunità.
Tante attese sono collocate ed emergono dalla profondità del nostro essere e sentire: sono quelle dell’essere accolti e ascoltati, considerati e amati,significativi; e di poter esprimere le aspirazioni e i sogni, i progetti che si sentono importanti.
Altre attese sono artificiali, costruite nella logica dell’apparenza, del consumismo, dell’effimero.
Nella consapevolezza dell’appartenenza all’unica famiglia umana, dell’interdipendenza planetaria la verifica delle attese dovrebbe sempre essere decisa dalla vita di tutte le persone, del bene comune, perché non ci siano attese sproporzionate e vergognose di una parte dell’umanità, come oggi avviene rispetto alla maggioranza delle persone che abitano il Pianeta.
Il senso profondo delle nostre attese dovrebbe dunque confrontarsi eticamente con chi vive nella nostra famiglia, e nella nostra società, per moderare gli eccessi, per incoraggiare le aspirazioni positive.
In questo contesto di riflessione si può collocare la meditazione di questa prima domenica di avvento, con la lettura del Vangelo di Luca (21, 25-28, 34-36).
Con i simboli e il linguaggio proprio dell’apocalittica (apocalisse significa rivelazione) si attribuisce importanza del tutto particolare al tempo in cui si vive e al futuro verso cui ci si dirige; si descrivono i “fenomeni nel sole, nella luna e nelle stelle; lo spavento e l’angoscia della gente per il fragore del mare in tempesta…
Allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire, sopra una nube con grande potenza e splendore…”.
Certamente simili descrizioni non sono solo parte del linguaggio simbolico, ma concretamente e drammaticamente constatabili come altre situazioni che inducono nelle persone incertezze, paure, interrogativi.
La presenza del Figlio dell’Uomo incoraggia a non sentirsi fuscelli sbattuti nella casualità e nel caos della storia, ma sia pure con fatica, a intuire un possibile, misterioso senso; a non sentirsi colpiti dal fato cieco, ma accolti da una Presenza reale e misteriosa.
Cosi il Vangelo: “Quando queste cose cominceranno a succedere, alzatevi e state sicuri, perché è vicino il tempo della vostra liberazione”
Siamo sollecitati ad un percorso di liberazione con una forza interiore donata e un’assunzione di responsabilità storica decisa, voluta, sostenuta, nella fedeltà e nella perseveranza.
Ci è richiesto, per questo, un atteggiamento di fondo di sensibilità e di attenzione, di coscienza critica, di libertà sempre da conquistare, di responsabilità sempre da assumere e da esprimere. “Badate bene! Non lasciatevi intontire da orge e di ubriachezze; Non abbiate troppe preoccupazioni materiali.
Altrimenti diventerete, pigri, vi dimenticherete il giorno del giudizio,…
Voi invece state svegli e pregate, senza stancarvi”.
Siamo sollecitati a favorire ambiti, situazioni, possibilità di crescita interiore, spirituale e culturale, per decisioni, parole e azioni che esprimono e diffondono umanità vera, contribuiscono a costruire un futuro umano.