DOMENICA 30 NOVEMBRE 2008 Vangelo di Marco 13, 33-37

Vangelo di Marco

30/11/2008

DOMENICA 30 NOVEMBRE 2008

 IL SENSO DELL’ATTESA VIGILI E PRONTI

Vangelo Marco 13, 33 – 37


Fate attenzione, rimanete svegli perché non sapete quando sarà il momento decisivo! È come un tale che è partito per un viaggio: se n’è andato via e ha affidato la casa ai suoi servitori. A ciascuno ha dato un incarico, e al portinaio ha raccomandato di restare sveglio alla porta. Ebbene restate svegli, perché non sapete quando il padrone di casa tornerà: forse alla sera, forse a mezzanotte, forse al canto del gallo o forse di mattina. Se arriva improvvisamente, fate in modo che non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: state svegli!.


 Il tempo dell’attesa non è un artificio liturgico staccato dalla vita, di cui si accorge solo chi entra oggi in una chiesa, nella 1^ domenica di avvento, consegnandosi magari ugualmente ad una ciclicità che in modo ripetitivo ci viene ripresentata. Il tempo è di per sé attesa; nel caso contrario non c’è dinamismo, non c’è vita, non ci sono speranze, non c’è futuro. Le attese in realtà sono molto diverse, in rapporto alle condizioni di vita, alle storie delle persone. Consideriamo le attese dei bambini/e, ragazzi/e della nostra società e di tutto il Pianeta; quelle dei giovani, delle donne, degli uomini, degli anziani. Pensiamo, per esemplificare all’attesa di un figlio, senza dimenticare quelle situazioni in cui questa stessa condizione è difficile, anche drammatica; a chi aspetta la morte propria perché gravemente ammalato, ed egualmente la conclusione terrena della vicenda di una persona cara come liberazione da una sofferenza. Consideriamo con partecipazione le condizioni di chi ha fame e sete e aspetta un po’ di cibo e acqua potabile; di chi vive la tragedia della guerra e aspira fisicamente, esistenzialmente alla pace; a chi è umiliato ed offeso a motivo della sua diversità culturale,fisica, psichica, sessuale, religiosa e cerca riconoscimento alla sua dignità; a chi in carcere attende una visita amica e di essere considerato un essere umano; a chi è straniero e attende di poter comunicare con i familiari spesso con una grande preoccupazione per la situazione di povertà e violenza in cui si trovano. Pensiamo all’attesa dei giovani espressa anche nel loro attuale movimento che ha coinvolto insegnanti e genitori: di essere riconosciuti come soggetti, di poter partecipare alla costruzione del loro futuro, non di esserne defraudati…Consideriamo le attese profonde, belle, pulite: di amore, di amicizia, di verità, di condivisione, di comunità, le attese di una fede profonda sempre in ricerca dell’incontro vero e misterioso con il Dio che Gesù di Nazaret ci comunica: il Dio della giustizia, della accoglienza, della fraternità, della condivisione e della pace, il Dio del sorriso e del pianto, della comprensione, della partecipazione e della tenerezza. Il vangelo di questa domenica (Marco 13, 33-37) ci esorta all’atteggiamento più consono per l’attesa: quello dell’essere svegli, del fare attenzione: “perché non sapete quando sarà il momento decisivo”. La parabola dell’uomo che è partito per un viaggio e ha affidato ai suoi servitori la gestione della casa, con la raccomandazione i restare svegli, perché il momento del suo ritorno non è prevedibile, si intende appunto evidenziare questa disponibilità e qualità dell’attesa. Anche se alcuni momenti della vita e della storia assumono un’importanza particolare, in verità ogni momento, ogni giorno, ogni incontro e decisione sono importanti perchè esprimono la sensibilità, l’orientamento di fondo, il progetto della propria vita, della propria famiglia, della comunità di appartenenza, di tutta l’umanità a cui apparteniamo, in una interdipendenza sempre più evidente. Anche l’essere svegli, l’essere pronti deve essere sempre verificato dai diritti umani, dal bene comune, dalla partecipazione a costruire l’umanità della giustizia, dell’accoglienza, della pace. Ci sono in realtà tante attese egoiste, individualiste, materialiste, privilegiate, razziste; spesso si è svegli e pronti per gli interessi propri e del proprio gruppo, della comunità intesa in senso localista e chiuso; si aspetta spesso che la realtà attuale prosegua se stessa; per paradosso si attende la conferma della staticità privilegiata ed esclusiva. Il Signore è venuto e continua a venire per verificare le nostre attese, per purificarle. Il tempo di Dio è il tempo dell’essere profondo, della dignità e dell’uguaglianza per tutte le persone; il nostro tempo spesso è lontano e occupato a distruggere quel progetto; nostra responsabilità e nostro compito è aspettare con pazienza attiva che i tempi si avvicinino, fino ad essere un unico tempo, quello di un’umanità giusta, riconciliata, in pace.

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