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DOMENICA 4 Settembre 2016 Vangelo Luca 14,25-33
Vangelo di Luca
04/09/2016
DOMENICA 4 SETTEMBRE 2016
Vangelo come orientamento di fondo della vita
Vangelo di Luca 14,25-33
Molta gente accompagnava Gesù durante il suo viaggio. Egli si rivolse a loro e disse: 'Se qualcuno viene con me e non ama me più del padre e della madre, della moglie e dei figli, dei fratelli e delle sorelle, anzi, se non mi ama più di se stesso, non può essere mio discepolo. Chi mi segue senza portare la sua croce non può essere mio discepolo. 'Se uno di voi decide di costruire una casa, che cosa fa prima di tutto? Si mette a calcolare la spesa per vedere se ha soldi abbastanza per portare a termine i lavori. Altrimenti, se getta le fondamenta e non è in grado di portare a termine i lavori, la gente vedrà e comincerà a ridere di lui e dirà: 'Quest'uomo ha cominciato a costruire e non è stato capace di portare a termine i lavori'. 'Facciamo un altro caso: se un re va in guerra contro un altro re, che cosa fa prima di tutto? Si mette a calcolare se con diecimila soldati può affrontare il nemico che avanza con ventimila, non vi pare? Se vede che non è possibile, allora manda dei messaggeri incontro al nemico; e mentre il nemico si trova ancora lontano gli fa chiedere quali sono le condizioni per la pace. 'La stessa cosa vale anche per voi: chi non rinunzia a tutto quel che possiede non può essere mio discepolo.
La meditazione del brano del Vangelo di questa domenica (Luca 14, 25-33) per associazione interiore mi ha richiamato le pagine molto intense di un libro recente di Melita Cavallo che è stata fino al 2015 Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, dopo aver operato nel settore della famiglia come giudice minorile a Milano, Napoli e Roma.
Una esperienza straordinaria: per questo sarà un onore ascoltarla nel prossimo novembre nel Centro Balducci. Il libro ha come titolo: “Si fa presto a dire famiglia”. Si tratta di 15 storie: famiglie tradizionali, ricostituite, ricomposte, monoparentali, omosessuali; un prendere atto di tutti gli scenari in cui interagiscono oggi genitori e figli come primo passo per genitori e figli come primo passo per garantire il benessere dei bambini; una considerazione veritiera di come si è trasformato l’arcipelago del legami affettivi.
Le storie raccontate comunicano pregnanze di dolore intenso, ferite profonde, desiderio di riconoscimento e accoglienza; intuizioni, disponibilità e amore molto profondi.
In me c’è stato questo accostamento meditando sulle parole di Gesù: “Se qualcuno viene con me e non ama me più del padre e della madre, della moglie e dei figli, dei fratelli e delle sorelle, anzi se non mi ama più di se stesso, non può essere mio discepolo”.
Si sa per esperienze proprie e di altri quanto siano importanti e decisive nella vita le relazioni di amore profondo, sempre da nutrire, da alimentare con premura e cura. Si sa altrettanto come determinati legami, in nome dell’amore, si risolvano di fatto in atteggiamenti e comportamenti di costrizione in diversi aspetti, di limitazione e anche negazione di esperienze personali, culturali e spirituali. Certi legami parentali possono diventare finzioni ipocrite a copertura di situazioni ben diverse.
Gesù non intende stabilire la priorità di intensità di amore, tanto meno con visioni spiritualiste, bensì porsi come riferimento e nutrimento, come maestro dell’amore autentico che chiede di stabilire vincoli in profondità, non in discutibili perché costrittivi legami di facciata. Nelle storie prima accennate quando è avvenuta la salvezza è stata sempre frutto di profondità dell’amore oltre tutti i vincoli e gli schemi, con la liberazione dei legami patologici.
E Gesù afferma ancora: “Chi mi segue senza portare la sua croce non può essere mio discepolo”. Bisognerebbe liberarsi definitivamente da quella interpretazione religiosa di automortificazione che ha portato a limitare o anche negare dimensioni fondamentali della vita e che non ha nulla a che vedere con la fede. La croce è lo strumento di supplizio a cui Gesù è andato incontro consapevolmente, come conseguenza della sua fedeltà al Padre e ai fratelli; alla verità, alla giustizia e alla pace. L’ha portato prostrato fra due ali di folla che lo insultavano e poi vi è stato crocifisso come comune malfattore rifiutato e disprezzato.
La croce per noi è il prezzo della nostra coerenza al messaggio del Vangelo, agli ideali e ai progetti di verità, giustizia e pace; dell’affermazione praticata della dignità e dei diritti di ogni persona qualsiasi sia la provenienza, la condizione sociale ed esistenziale.
Il Vangelo poi attraverso due parabole sollecita a riflettere sulla coerenza e responsabilità richieste dal seguire il Vangelo di Gesù. Bisogna pensarci bene! Non si può dirsi cristiani in modo superficiale, né considerarsi tali per l’ambiente in cui si vive, le tradizioni a cui si partecipa; la Parola del Signore ci provoca, ci verifica e ci conforta; da qui dobbiamo sempre partire e qui ritornare, con l’immediata e stretta relazione con le persone che incontriamo, con i fatti della storia.
Per questo è necessario diventare profondi, essenziali, leggeri nella leggerezza dello spirito che emerge appunto dalla profondità; l’impedimento più grave per questa prospettiva è costituito dall’egoismo, dalla cupidigia, dalla bramosia dell’avere: “Chi non rinuncia a tutto quello che possiede non può essere mio discepolo”.
FOGLIO DOMENICA 4 SETTEMBRE 2016.pdf
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