LA RIFLESSIONE DI PIERLUIGI DI PIAZZA
Ogni giorno viviamo nella storia, nello spazio e nel tempo; possiamo essere guidati da ideali, da una fede o adeguarci maggiormente alle situazioni contingenti per come si presentano e si succedono; possiamo, almeno qualche volta, guardare il cielo per ispirarci e per incoraggiarci, o solo la terra.Anche animati da grandi ideali, possiamo vivere diverse situazioni: una è la pretesa che l’ideale di una società e di un mondo di giustizia, di legalità, di pari dignità si attui subito; data la complessità e le difficoltà della storia e la lentezza dei cambiamenti; questa pretesa, certo giusta e importante,può risolversi in delusione, in amarezza, in scoraggiamento, anche in senso di impotenza, con conseguente ritiro dall’impegno di contribuire ad attuare l’ideale. La celebrazione di questa domenica dell’Ascensione del Signore (Atti degli Apostoli 1,1-11; Vangelo di Matteo 28, 16-20) diventa un importante contributo ad approfondire il nostro rapporto fra la fede e la sua incarnazione nella storia; tra gli ideali e la loro attuazione; fra il già e il non ancora; fra la nostra dedizione e il nostro impegno e gli esiti, i frutti che ne conseguono; fra le sconferme, le delusioni e la ripresa della speranza.I testi biblici ci raccontano che Gesù dopo la sua vita, la sua uccisione e la sua risurrezione, dopo “il tempo degli incontri” con le donne e gli uomini suoi amici è “rientrato” nel mondo di Dio, nel Mistero del Padre.La descrizione degli Atti degli Apostoli è affidata ai simboli e alle parole proprie del tempo: l’ascensione verso l’alto, verso il cielo, la presenza della nube che in parte rivela e anche nasconde la presenza di Dio; gli angeli suoi messaggeri; i discepoli che guardano con intensità il cielo in cui Gesù “entra” e resterebbero a lungo in quella posizione di stupore e nostalgia, se non venissero richiamati a guardarsi attorno da due angeli bianco-vestiti: “Uomini di Galilea, perché ve ne state lì, a guardare il cielo? Questo Gesù che vi ha lasciato per salire in cielo, un giorno ritornerà come lo avete visto partire”. E quando avverrà questo? Poco prima lo avevano chiesto anche i discepoli a Gesù; e lui aveva risposto: “Non spetta a voi sapere quando esattamente ciò accadrà: solo il Padre può deciderlo. Ma riceverete su di voi la forza dello Spirito Santo che sta per scendere. Allora diventerete miei testimoni in Gerusalemme, in tutta la regione della Giudea e della Samaria e in tutto il mondo”.Queste le parole degli Atti degli Apostoli; simili sono quelle del Vangelo con queste ulteriori: “E sappiate che io sarò sempre con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Viviamo il tempo della testimonianza nella storia delle parole e dei gesti di Gesù; essere e diventare ogni giorno cristiani comporta proprio questo coinvolgimento profondo della vita e questo comportamento; ridire le parole di Gesù sulla giustizia, sulla nonviolenza e sulla costruzione della pace; sull’umiltà; sul coraggio; sulla sincerità, sulla misericordia; sulla coerenza; sulle leggi e sul potere; sul rapporto con Dio come Padre; sulla preghiera; sul denaro e sulla condivisione del pane…Vivere le relazioni con le persone come lui, Gesù di Nazaret ci insegna: con i bambini e con le donne, con gli ammalati e con coloro che hanno sbagliato; con le persone in cerca di riferimento e di sostegno.E questo giorno dopo giorno; come se tutto dipendesse da noi e con l’umiltà del servo “inutile”; con la pazienza attiva propria di chi vive la fede e gli ideali e non si lascia abbattere dalle sconferme e dagli insuccessi; che non si aspetta risultati evidenti; che non si stanca di seminare, con lo sguardo ascrutare l’intensità dei cieli e con i piedi ben piantati in terra. Pare infatti che non ci sia cielo senza terra e non ci sia terra umana senza cielo.