DOMENICA 5 OTTOBRE 2008 Vangelo di Matte 21, 33-43

Vangelo di Matteo

05/10/2008

DOMENICA 5 OTTOBRE 2008

 LA SALVEZZA E’ AFFIDATA ALLE PERSONE E COMUNITA’ FEDELI E COERENTI

Vangelo Matteo 21, 33-43

Ascoltate un’altra parabola: C’era un uomo che piantò una vigna nel suo terreno, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio dell’uva e costruì una torretta di guardia: poi affidò la vigna ad alcuni contadini e andò lontano. Quando fu vicino il tempo della vendemmia, mandò dai contadini i suoi servi per ricevere la sua parte di raccolto. Ma quei contadini presero i suoi servi e, uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo colpirono con le pietre. Il padrone mandò ancora altri servi, più numerosi dei primi, ma quei contadini li trattarono allo stesso modo. Alla fine mandò suo il figlio pensando: “Avranno rispetto di mio figlio”. Ma i contadini, vedendo il figlio, dissero tra loro: “Ecco, costui sarà un giorno il padrone della vigna. Coraggio, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!”. Così lo presero, lo gettarono fuori della vigna e lo uccisero. A questo punto Gesù domandò: “Quando verrà il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?”. Risposero i presenti: “Ucciderà senza pietà quegli uomini malvagi e darà in affitto la vigna ad altri contadini che, alla stagione giusta, gli consegneranno i frutti.” Disse Gesù: “Non avete mai letto queste parole nella Bibbia? La pietra che i costruttori hanno rifiutato è diventata la pietra più importante. Il Signore ha fatto questo, ed è una meraviglia per i nostri occhi. Per questo vi assicuro che il regno di Dio sarà tolto a voi e sarà dato alla gente che farà crescere i suoi frutti.

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Gesù di Nazaret si confronta in modo serrato con i capi dei sacerdoti, con i maestri della legge, con gli anziani del popolo; attraverso il racconto di una parabola li mette di fronte alle loro infedeltà, al rifiuto dei profeti fino a quello che ora stanno attuando nei confronti della sua persona; all’abbandono del popolo al suo destino con il prevalere del loro atteggiamento di superiorità, di presunzione di guidare e gestire la vita della gente, con l’imposizione di leggi, divieti, norme che, come dice in un altro passaggio il Vangelo, loro, autorità, non sono disposti ad alzare neppure con un dito. E’ come se Gesù rivolgesse questa parabola oggi a noi, a tutti, ma prima e soprattutto alle gerarchie della Chiesa; ai responsabili delle istituzioni e della politica, dell’educazione, dei mezzi di informazione, in sintesi con queste considerazioni: “Che cosa ne avete fatto, che cosa ne fate del messaggio del mio Vangelo? Dichiarate spesso di ispirarvi ad esso, di riconoscerne i segni nella vostra società che considerate cristiana; certamente ne vedo, ma pochi, non certo quanti e come dovrebbero essere, dopo due mila anni di annuncio del Vangelo. Troppa presunzione di superiorità, troppa bramosia di possedere e accumulare; scandalosa la fabbricazione di armi e la partecipazione alle guerre; drammatiche le ingiustizie, le morti per fame, sete, mancanza di cure; troppo diffusi gli atteggiamenti di rifiuto verso i deboli, verso coloro che fanno più fatica; inaccettabili le tante discriminazioni e i crescenti razzismi; preoccupanti le menzogne e le incoerenze. Non continuate a chiamarvi cristiani senza testimoniarlo, a vivere di rendita di posizione, di proclami, su alcune questioni poi in particolare, non su tutte quelle ugualmente importanti: aborto, famiglia, ma insieme fame, armi, disvalori continuamente trasmessi dai mezzi di informazione, televisione in particolare, sull’avere e sull’apparire; e ancora esaltazione del presente da vivere senza criteri etici, senza considerare le conseguenze, come quelle causate dalla dipendenza dell’alcol e delle droghe sulle strade. E poi, attenzione nella Chiesa alla bramosia di successo, di apparenza, di titoli onorifici, di legami con il denaro e il potere, con coloro che nella società sono vincenti. E ancora alle ipocrisie che coprono verità che dovrebbero essere affrontate con sincerità, calma e pacatezza, come quella della vita dei preti e dei religiosi e religiose”. Questi possono essere il contenuto ed il senso attualizzati della parabola evangelica (Matteo 21,33-43) che racconta di un uomo che ha piantato una vigna con tutto il necessario, come il torchio dell’una e anche una torretta di guardia; l’ha poi affittata ad alcuni contadini prima di partire per un viaggio lontano. Al tempo della vendemmia ha mandato alcuni suoi servitori di fiducia per ritirare la sua parte di raccolto: ma i contadini li hanno bastonati, fino a ucciderne uno, un altro lo hanno colpito con le pietre. Il proprietario ha mandato un altro gruppo di suoi servitori che sono stati trattati allo stesso modo aggressivo e violento. Il padrone ha inviato allora suo figlio pensando che almeno per lui non sarebbe mancato il rispetto. Al contrario, la logica della prepotenza e la bramosia dell’accumulo hanno portato quei contadini ad uccidere il figlio pensando di impossessarsi dell’eredità della vigna. Gesù chiede ai suoi interlocutori una previsione sulle conseguenze di azioni così violente ed assurde; rispondono prevedendo reazioni severe e punitive e, nella logica della legge del taglione prevista allora e che il Vangelo chiamerà a superare nettamente, anche l’uccisione di quegli omicidi e l’affidamento della vigna ad altri contadini giusti e responsabili. E Gesù a commento: “La pietra che i costruttori hanno rifiutato è diventata la pietra più importante. Questa è opera del Signore ed è una meraviglia per i nostri occhi. Per questo vi assicuro che il regno di Dio sarà tolto a voi e sarà dato a gente che farà crescere i suoi frutti” Le autorità capiscono che Gesù si riferisce a loro, evidenzia le loro infedeltà. Sono loro e i loro predecessori che hanno rifiutato e ucciso i profeti che denunciavano le ingiustizie, i tradimenti, le corruzioni e sollecitavano a conversione e cambiamento; sono loro che ora rifiutano lui, Gesù, il Figlio. Siamo noi, sedicenti cristiani e i nostri predecessori troppe volte infedeli al Vangelo; noi abbiamo rifiutato e poi molto tempo dopo rivalutato i profeti salvo poi nuovamente dimenticarli: pensiamo, ad esempio, a don Mazzolari, a p. Turoldo, a p. Balducci, a don Tonino bello, a La Pira… Il compito dell’annuncio è dato alle persone e comunità coerenti e fedeli, piccole, marginali, magari criticate e osteggiate dall’istituzione religiosa e politica. Loro sono il fondamento e l’esempio per una umanità umana e una Chiesa del Vangelo. Le autorità di allora cercavano di arrestare Gesù per farlo tacere “ma avevano paura della folla perché tutti lo consideravano un profeta”. Oggi si cerca di tacitare la forza profetica del Vangelo riducendolo a vago riferimento teorico o diluendolo in una religione ingrediente di questa società e di questa politica.

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