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DOMENICA 7 DICEMBRE 2008 Vagelo di Marco 1, 1-8
Vangelo di Marco
07/12/2008
DOMENICA 7 DICEMBRE 2008
LA COERENZA PER ANNUNCIARE E TESTIMONIARE LA BUONA NOTIZIA DI UNA UMANITA’ UMANA Vangelo Marco 1, 1-8
Questo è l’inizio del vangelo, il lieto messaggio di Gesù, che è il Cristo e il Figlio di Dio. Nel libro del profeta Isaia, Dio dice: Io mando il mio messaggero davanti a te a preparare la tua strada. E’ la voce di uno che grida nel deserto: preparate la via per il Signore, spianate i suoi sentieri! Ed ecco, proprio come aveva scritto il Profeta, un giorno Giovanni il Battezzatore venne nel deserto e cominciò a dire: “Cambiate vita, fatevi battezzare e Dio perdonerà i vostri peccati!” La gente andava da lui: venivano in massa da Gerusalemme e da tutta la regione della Giudea, confessavano pubblicamente i loro peccati ed egli li battezzava nel fiume Giordano. Giovanni aveva un vestito fatto di peli di cammello e portava attorno i fianchi una cintura di cuoio; mangiava cavallette e miele selvatico. Alla folla annunciava: “Dopo di me sta per venire colui che è più potente di me; io non sono degno nemmeno di abbassarmi a slacciargli i sandali. Io vi battezzo soltanto con acqua, egli invece vi battezzerà con lo Spirito Santo”.
Nelle nostre vicende umane, nella storia delle nstre comunità, in quella di tutta l’umanità, in quella delle fedi religiose alcune persone, alcune esperienze sono ritenute riferimenti particolari, speciali, esemplari soprattutto a motivo della loro coerenza: perché in mezzo a fatiche, contrasti, persecuzioni, minacce hanno perseverato nell’affermazione di ideali, di progetti di giustizia e di pace, con disponibilità ad attuarli, fino, in diverse situazioni, a dare la loro vita, suggellando con il sangue versato la profondità delle loro convinzioni. Anche se non è fra i martiri nel senso concreto, come Martin Luther King di fronte a segni evidenti di razzismo anche in Italia, anche in Friuli, ci si può riferire a Nelson Mandela che per affermare la dignità e i diritti dei neri e liberarsi dall’apartheid, ha sperimentato la prigione per 25 anni! Nel momento storico in cui viviamo, caratterizzato da una particolare complessità a cui spesso si risponde – pensiamo all’immigrazione – con semplificazioni sconcertanti e grossolane, riemerge proprio, con evidenza particolare, l’esigenza di nutrire convinzioni profonde, di viverle nelle scelte quotidiane personali, culturali, istituzionali, politiche e religiose. In questo contesto può essere collocata con particolare attenzione una riflessione riguardo al Vangelo, alla sua profezia, al riferimento straordinario che ha costituito e costituisce per tante donne, uomini, comunità e per i tanti tradimenti che lo hanno svilito, mortificato, manomesso, quando è stato ed è ridotto a buon senso, a esortazione moralistica o quando, addirittura, è utilizzato per legittimare parole e decisioni contrarie al suo insegnamento. Ogniqualvolta il Vangelo è annunciato senza essere testimoniato lo si tradisce, proprio perché Vangelo significa “buona, lieta notizia” incarnata nella persona e nell’insegnamento di Gesù di Nazaret. Proprio così ci comunica il Vangelo di questa domenica (Marco1,1-8): “Questo è l’inizio del Vangelo, il lieto messaggio di Gesù, che è il Cristo e Figlio di Dio.” La notizia buona è che Dio è un Dio umano, presente, vicino: è il Dio degli umili, dei poveri, degli oppressi, di coloro che sono stati collocati ai margini, che cercano attenzione, che chiedono forza, che esprimono la speranza di un cambiamento. E’ quindi il Dio che ci coinvolge al cambiamento urgente di tutte le situazioni meno umane e disumane. Questa sua presenza è una notizia buona: sta con noi e non con la logica del capitalismo, del militarismo, del materialismo, del razzismo, dell’esclusione. E’ un Dio che ci comunica coraggio, speranza, forza per il cambiamento positivo dell’umanità. Si avverte costantemente l’esigenza di qualcuno che ne annunci la presenza, che prepari la strada dove poterlo incontrare, che provochi al cambiamento. “Io mando il mio messaggero davanti a te a preparare la tua strada. E’ la voce di uno che grida nel deserto: preparate la via per il Signore, spianate i suoi sentieri!” Giovanni il Battezzatore assume questo compito; chiama a conversione, al cambiamento di mentalità e di decisioni, dai limiti del deserto, luogo della solitudine, della verifica, del confine, della verità; la sua parola per questo è forte, limpida, non inquinata dal potere, dai compromessi, dalle prudenze. Anche la sobrietà nel vestire e nel mangiare (il suo vestito fatto di peli di cammello, attorno ai fianchi porta una cintura di cuoio; si ciba di cavallette e miele selvatico) esprime la verità e la coerenza della sua parola. Alla folla che accorre annuncia che sta per venire una persona speciale a cui lui non è degno nemmeno di fare il gesto degli schiavi di slacciargli i sandali. Il suo battesimo non avrà bisogno dell’acqua, perché coinvolgerà direttamente i cuori e le coscienze: di fronte a lui non si potrà rimanere neutrali; si dovrà scegliere. Più che mai siamo chiamati a favorire la formazione dei cuori, delle coscienze, di intelligenze aperte a rispondere con attenzione al bene di ogni persona, al bene comune con momenti di istruzione, di ascolto, di dialogo, con esperienze di convivenza fra le diversità significative.
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