La vita e la morte, il vivere e il morire sono intrecciati più di quanto e di come comunemente si pensi; la morte è la comune condizione di noi esseri umani; ugualmente ci riguarda tutti e nello stesso tempo appare evidente la differenza notevole fra i tempi e i modi del morire. Diverse volte, la morte pare provocata, causata da ingiustizie, violenze, guerre, incidenti sulla strada e sul lavoro; tante altre volte, da comportamenti che mettono in serio pericolo la salute, fino alle conseguenze estreme. Non è che la rimozione di queste cause introdurrebbe in una sorta di immortalità, ma il considerarle sollecita ad una maggiore responsabilità riguardo alla vita nostra, di chi vive con noi, di tutta l’umanità. Quindi, risulta arduo parlare di morte "naturale": o a motivo delle cause, o dei tempi e i modi. Spesso appare particolarmente ingiusta e lascia attoniti, sconvolti; provoca silenzi, suscita interrogativi che restano sospesi, senza risposta. Una di queste situazioni comprende la morte degli innocenti, dei giusti, di chi si impegna per la giustizia, la pace, i diritti umani, un'umanità più umana e per questo viene eliminato, ucciso dal potere, con più precisione dall'alleanza di poteri che decidono l'organizzazione della società; fra questi, rilevante nella sua posizione è quello religioso. Dopo il passaggio della morte fisica, misterioso e interrogativo nelle sue diversità che cosa avviene? Che ne è della nostra persona, della nostra vita, del suo significato? Che cosa resta, che cosa permane e per quanto e come?La nostra vita è decisa dalle relazioni e la morte entra in essa e la tronca; la loro maggiore profondità provoca lacerazione e dolore più acuti; le relazioni continuano, ma senza la presenza della persona che non è più vicina fisicamente; l'elaborazione di una presenza-assenza è, specialmente in determinate situazioni, dolorosa, faticosa, lunga... Gli interrogativi incalzano ancora: una persona sopravvive solo nella memoria amorevole di chi l'ha amata? E quando, eventualmente, il ricordo si attenua? E per le persone che in questo mondo sono state emarginate, isolate, sole, di cui pochi, in modo blando e breve si ricordano? E di nuovo: e per i profeti, i giusti, i martiri, le donne e gli uomini, le comunità intere che hanno dato la loro vita perché si affermi la vita e sono stati uccisi brutalmente dai poteri congiunti: economico, politico, militare, religioso; dalle organizzazioni mafiose e criminali?I Vangeli ci narrano l'evento più clamoroso cui si possa pensare: gli incontri con Gesù Risorto, vivente oltre la morte. Non ci sono documenti, non ci sono immagini. Il sepolcro vuoto (Vangelo di Giovanni 20,1-9) può essere un indizio, fra l'altro strumentalizzabile, dato che i capi dei sacerdoti e le autorità del popolo decidono di offrire molti soldi ai soldati di guardia al sepolcro perché diffondano la menzogna che sono venuti i discepoli di Gesù a rubare il suo corpo. Il sepolcro vuoto alle donne e agli uomini discepoli di Gesù ingenera piuttosto timore e perplessità. Gesù di Nazaret è stato crocifisso, ucciso sulla croce con terribile violenza, in luogo pubblico, come monito per tutti. Il confronto, il conflitto da lui aperto nei confronti del Dio del tempio, della religione, dei sacerdoti e della società da essi legittimata, di discriminazioni e umiliazioni si è concluso in questo modo tragico per i suoi discepoli e per le persone, come un gruppo di donne, che lo hanno amato e seguito fino alla fine. La nuova umanità da lui annunciata e iniziata in parole e gesti, soprattutto nelle relazioni di attenzione, accoglienza, premura, cura, ascolto, perdono, guarigione, salvezza sembra crocifissa e uccisa con lui. L'annuncio straordinario della buona notizia, delle beatitudini sembra davvero morto e sepolto. Pare veramente che il sogno di un'umanità nuova, vera, autentica si sia già spento. "Noi speravamo" dicono lungo la strada i due discepoli di Emmaus. E poi un evento impensabile, inimmaginabile. Storicamente si può constatare che le donne e gli uomini discepoli di Gesù, sono stati sconvolti, addolorati, colpiti dalla sua morte tragica. Sconfitti, delusi, privi di speranza. Da questa condizione sono usciti, hanno ripreso fiducia, coraggio, convinzione; sono stati coinvolti nuovamente da Gesù, dal suo sogno, dal suo insegnamento e ne hanno fatto un motivo fondamentale di vita. Questo cambiamento così clamoroso loro lo attribuiscono agli incontri con Gesù di Nazaret, il Crocifisso, Risorto, Vivente oltre la morte, oltre quella morte infamante. Proprio il Crocifisso è stato resuscitato da Dio, dal Padre che così ha confermato tutta la sua vita; ha attribuito significato permanente a tutte le sue parole e a tutti i suoi gesti, a tal punto che possono diventare riferimento decisivo per la vita dei discepoli e per la nostra vita. È importante e commovente rileggere i racconti degli incontri con Gesù risorto; i luoghi sono quelli della vita: la stanza dove avevano celebrato la cena; il cimitero; la strada; la riva del lago; i modi non sono clamorosi, ma esprimono sorpresa, incertezza, commozione, speranza che riprende a poco a poco.Così come nella nostra vita. Credere nella Resurrezione, nella vita oltre la morte è una fiducia, un affidamento, non irrazionale bensì ragionevole, ma senza controprova "scientifica", è affidamento a Dio della nostra vita e della nostra morte, nella fiducia di essere accolti, riconosciuti, purificati, valorizzati. Non sappiamo dire come, dove, quando. Sentiamo che è possibile. Questo però comporta un impegno per la vita qui e ora nella storia. Non si può affermare di credere nella vita oltre la morte e poi accettare le situazioni di morte: giustizia, fame, guerre, discriminazioni, uccisione delle specie viventi; bisogna invece vivere processi di liberazione e di vita. E le morti più ingiuste e dolorose? Chissà se collocare le domande per sempre sospese nel Mistero di Dio, può favorire una elaborazione così dolorosa. È una possibilità della confidenza e dell’affidamento.