4° Lettera di Natale

PER UNA CHIESA CON LE PORTE APERTE

a 40 anni dal Concilio Vaticano II

Care amiche e cari amici,avvertiamo il desiderio profondo di comunicare ancora una volta, questa è la quarta, a tutti voi, in occasione del Natale, alcuni nostri vissuti, partecipi delle tribolazioni e speranze, delle convinzionie prospettive, delle provocazioni e consolazioni presenti nelle nostre storie di uomini e preti e in quelle di tante persone che incontriamo.

Nelle lettere precedenti abbiamo cercato di evidenziare a livello locale e planetario le situazionistrutturali che uccidono, opprimono, discriminano, escludono; le responsabilità e le complicità dirette e camuffate con le omissioni e i silenzi che tutti ci riguardano.

È nostra intenzione comunicare con voi con le parole calde dell’amicizia e della reciprocità; con le parole chiare e ferme dell’esigenza della fedeltà per noi tutti, con le parole dell’attenzione e del dialogo che valorizzano il bene presente in ciascuna/o e le possibilità ancora inedite e inespresse…

Vorremmo parlarvi con tutta la profondità possibile, nel rispetto delle diverse ispirazioni e dei differenti percorsi, del fascino e dello straordinario Vangelo di Gesù di Nazaret liberato dalle sovrastrutture ideologiche, sacrali e di potere, buona notizia per le donne e per gli uomini in cammino nella storia, rispetto alle questioni più dirette e concrete della vicenda umana, agli interrogativi più profondi riguardanti il nostro vivere, amare, relazionarci, impegnarci, soffrire e morire; “buona notizia” che costantemente rapporta materialità e spiritualità, storia e trascendenza, liberazione storica e compimento del Mistero di Dio.

Vorremmo parlarvi della Chiesa, delle sue ombre e delle sue luci, della sua doppia anima, della sua importanza straordinaria e dei suoi legami con i poteri di questi mondo.

Questa dialettica necessaria fra chiesa profetica e chiesa istituzionale ci attraversa, è presente nella nostra vita e in quella di tante/i di voi, provocando appartenenze faticose e resistenti, collaborazioni e dedizioni consapevoli, serene e arricchenti; interrogativi, sconcerto, tristezza, lontananze…

Siamo a dirci dell’importanza della presenza della Chiesa del Vangelo che siamo chiamati a edificare quotidianamente, con le diverse responsabilità,ma con uguale intensità e dedizione.

La Chiesa del Vangelo è umile e coraggiosa, povera e ricca di spiritualità incarnato nella storia, accogliente, sì, soprattutto accogliente e misericordiosa: in ascolto attento e incoraggiante…

Avvertiamo anche per esperienza diretta, che la Chiesa che ubbidisce al Vangelo è coinvolta e vincolata a dire dei no: al vilipendio nei confronti della vita umana in tutte le sue forme e dimensioni, all’idolatria del denaro, del potere, dell’inimicizia; alla violenza, alle armi alla guerra; all’oppressione, alla discriminazione, al rifiuto, allo sfruttamento, all’umiliazione e all’esclusione delle persone; alla falsità e all’ipocrisia, ad una religione formale lontana dalla profondità del cuore e della coscienza.

Una chiesa nello stesso momento coinvolta e vincolata a dire dei sì: alla condivisione e al servizio; alla non violenza attiva e alla costruzione della apce; all’attenzione a chi fa più fatica a vivere, all’accoglienza, al sostegno e all’accompagnamento; alla sincerità e alla trasparenza; alla fede profetica intrecciata profondamente nella vita e nella storia; al rispetto e alla valorizzazione dell’ambiente e delle risorse naturali.

I no e i sì non vanno solo enunciati con le parole, bensì testimoniati nelle decisioni e nella prassi personale e comunitaria.

Ma soprattutto vorremmo soffermarci con voi a riflettere sulla chiesa che non chiude le porte a nessuna persona, che le accoglie tutte, non in una generica bontà, bensì con attenzione al volto, al nome, alla vicenda umana di ciascuna/o; una chiesa che, come il padre del Vangelo, è in attesa e comunica al figlio tornato a casa l’amore che sana e guarisce le ferite, umanizza, incoraggia, non la durezza che irrigidisce, colpisce e allontana.

Una chiesa che chiami a far festa, a condividere complessità, tribolazioni e speranze; a percepire e vivere incoraggiamento e sostegno…

Per questo non possiamo riconoscerci nelle parole e nei gesti di chi – anche rappresentante della chiesa - dichiara il no alle persone…: ci pare di percepire che la buona notizia del Vangelo inviti tutti ad entrare per poi comunicare, confrontarsi, dibattere.. il no preventivo impedisce l’incontro, la conoscenza, la ricerca, la condivisione…

A Natale facciamo memoria di Dio che si è fatto presente nella storia nell’umanità di un bambino nato per tutti, segno a tutti esposto: nessuno certo potrebbe osare vietarne la visita, la vicinanza, la contemplazione.

Ecco, avvertiamo profondamente nella storia di oggi l’importanza della chiesa dalle porte aperte; e questo, ci pare, può avvenire solo se il senso profondo della spiritualità e della profondità precede le parole; solo se la meditazione precede l’azione; solo se l’intuizione del rapporto stretto e inscindibile fra l’uomo e Dio si fa esperienza e riconoscimento del Signore nel fratello affamato, assetato, nudo, malato, forestiero, carcerato…

Vorremmo che la Chiesa fosse veramente un segno di speranza per chi la vive più direttamente, per chi la guarda da vicino o da lontano, per chi la rifiuta, per chi la cerca…; una Chiesa che prega, che celebra l’Eucarestia, che annuncia e testimonia il Vangelo, che tiene sempre le porte aperte a tutti…

don Pierluigi Di Piazza, Zugliano

don Franco Saccavini, San Domenico in Udine

don Federico Schiavon, Udine

don Andrea Bellavite, Gorizia

don Alberto De Nadai, Gorizia

don Luigi Fontanot, Fiumicello (UD)

don Piero Facchinetti, Pieris (GO)

don Giacomo Tolot, Vallenoncello (PN)

P. Alessandro Paradisi, Pordenone

don Piergiorgio Rigolo, Pordenone

don Mario Vatta, Trieste

don Alex Cogliati, Muggia (TS)

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